CAPITOLO 40 - Post sbronza e tristi ricordi

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I

Erano le prime ore del mattino, l'aria era fresca e all'orizzonte si vedeva sorgere il sole. Dall'uscio della porta del casale comparve Tessa, aveva una faccia assonnata e si portava le mani sugli occhi per svegliarsi. Guardò l'alba e sbadigliò in maniera vistosa, per poi sorridere soddisfatta.

«Notte insonne?» chiese una voce vicina.

La donna si girò e notò che era Damiano. Stava appoggiato alla staccionata con in mano un boccale di vino.

«Sì, come mai sei già in piedi?»

Il mercenario aveva gli occhi spenti e si portò una mano sulla faccia.

«Qualsiasi cosa mi abbia dato il cervellone, non era buona» Nonostante tutto, continuava a sorseggiare il suo vino e Tessa glielo fece presente.

«Bevi ancora?»

Per tutta risposta Damiano alzò il boccale e le sorrise.

«Per farsi passare una sbronza, niente è meglio di un'altra sbronza»

«Se lo dici tu!?» disse lei con sarcasmo.

«La mia mente non ricorda nulla, mi sono reso ridicolo in qualche modo?»

Sul viso di Tessa tornò il sorriso e si avvicinò, poggiandosi alla staccionata vicino al compagno.

«Non più del solito»

«Oh, davvero rassicurante» disse lui, provocando le risate di entrambi. Dopo essersi ripreso proseguì a parlare «Non ti ho ancora ringraziata per averci aiutati a salvare quel marmocchio»

«Non serve, del resto mi è servito a tornare libera, anche se eri stato tu a beccarmi»

«Beh, per quello che vale... non ti avrei davvero uccisa, volevo solo spaventarti un po' e poi lasciarti andare, solo che poi è arrivato il senza palle ed ha cominciato a sparare sentenze»

«Bel modo di non uccidere la gente, sappi che ogni tanto ho ancora difficoltà a respirare»

«Libera di non credermi»

«Certo, certo...»

Tessa si allontanò dalla staccionata e proseguì spedita verso il casale, ma il suo volto era pensieroso e si fermò titubante, per poi voltarsi verso Damiano, che la guardò sorpreso.

«Cosa volevi dirmi?» gli chiese lei e lui non capì. Tessa assunse un'espressione seria e riformulò la domanda «Quando mi dicesti che ero più fortunata di quello che sembravo, cosa volevi dire?»

«Che Almeno tu hai una casa e persino dei genitori, cose che io non ho mai avuto»

«Sei sempre stato solo?»

Damiano chiuse gli occhi, chinò il capo e sospirò respirando nervosamente dal naso. I suoi occhi erano arrossati a causa dell'alcol e della nottata passata, ma in quell'istante iniziarono a diventare anche lucidi.

«In passato, quando ero un marmocchio avevo un fratello, ed entrambi vivevamo in un orfanotrofio»

«Un fratello?» chiese sorpresa.

«Sì...»

II

Due bambini dall'aria vispa giocavano correndo ad acchiapparsi nel giardino di un orfanotrofio. I due trovatelli urlavano a squarcia gola, facendosi sentire da tutto l'istituto, con le suore che non riuscivano a fermarli, perché correndo gli passavano per sotto le vesti facendole cadere. Mentre la maggior parte dei bambini stavano a sentire le suore, i fratelli Rota non facevano che trasgredire le regole. Giorgio era Il più grande e aveva dieci anni, mentre il più piccolo aveva compiuto da poco otto anni.

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora