CAPITOLO 32 - Il risveglio che porta consiglio

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I

Il fuoco ardeva nel braciere, tenendo caldo l'ambiente della sala. Vicino a esso c'era una brandina fatta di legno e paglia, le sue coperte avvolgevano un giovane Gabriele, che aprì gli occhi e riconobbe il soffitto dell'infermeria militare. Sui muri erano appesi dei crocifissi e sotto erano disposte una schiera di altre brandine, che occupavano tutti i lati della vasta sala.

Il costato di Gabriele era avvolto da bende, e nonostante il dolore, cercò di alzarsi, ma non ce la fece. Il dolore era troppo forte e urlò. L'anziana suora che vegliava sui malati si avvicinò a lui, aveva uno sguardo severo e austero.

«Rimettiti subito sotto le coperte! Il dottore ha detto che non devi muoverti dal letto per nessuna ragione»

Suor Gervasia lo rimise a posto e Gabriele sbuffò.

«Ma devo tornare con il mio reggimento, hanno bisogno di me!»

L'anziana suora lo guardò divertita e scosse la testa.

«Ridotto così non andrai da nessuna parte. Starai qui fino a quando non ti rimetterai»

«Ma...»

«E non si discute... CHIARO RAGAZZO!?» urlò imperiosa la suora.

«Chiaro...»

«Bene!» si girò e mentre se ne andò, si rivolse al crocifisso in fondo alla stanza «Oh Gesù! Dammi la forza e la pazienza con questi giovani ottusi»

Gabriele sprofondò con la testa sul cuscino.

«Ehi tu!» disse una voce che proveniva dalla brandina a fianco.

Gabriele si girò e vide che a chiamarlo era stato un giovane come lui. Aveva una folta chioma, lunga e bionda, gli occhi azzurro mare, dei bei lineamenti e un viso a forma di cuore, che gli donavano sicurezza e una faccia da prendere a schiaffi, per quanto fosse impertinente.

«Non far caso a suor Gervasia... abbaia, ma non morde» disse il ragazzo.

«Sì, grazie. Da quanto tempo sono qui?»

«Vediamo...» il ragazzo si portò una mano al mento per pensare «A pranzo è stato servito ancora il minestrone... quindi è passata una settimana»

«Una settimana?»

«Già, hai fatto una bella dormita»

«Come ti chiami?»

«Il mio nome è Lorenzo De Angelis e il tuo?»

«Gabriele Frangipane»

I due si diedero la mano, ma Gabriele si sporse troppo e fece una smorfia di dolore. Stette in silenzio per un attimo e si guardò la fasciatura sul costato.

«Sei stato colpito in battaglia, quando sei arrivato qui i medici si sono dati un bel po' da fare» disse Lorenzo.

«E tu perché sei qui?»

«Anch'io sono stato ferito» alzò il lenzuolo e fece vedere la gamba destra tutta fasciata.

«Quanto ci vorrà per tornare in battaglia?»

«Non lo so, ma per il momento mi rilasso e mi godo il momento. Dovresti farlo anche tu, essere allettati ha i suoi vantaggi»

«Tipo?»

«Sta a guardare!»

Lorenzo chiamò una delle giovani suore nella sala e chiese qualcosa che potesse calmare il dolore alla gamba. La giovane suora gli portò un'erba medicinale che andava masticata per alleviare il dolore.

Appena la suora se ne andò, Lorenzo, anziché masticare, prese l'erba e la mise sotto il materasso di paglia.

«Ma che fai?» domandò Gabriele.

«Me la tengo per dopo...» disse mentre mostrava la pipa che aveva sotto il cuscino «Sei proprio ingenuo e ne hai di cose da imparare... ma non ti preoccupare, ci penserò io. Hai trovato un amico!»

II

Gabriele riaprì gli occhi e si ritrovò al casale, steso sulla sua scomoda branda. Il suo viso era illuminato dal sole caldo che entrava dalla finestra del casale. Era ancora malconcio e la testa gli rimbombava dall'interno.

«Ben svegliato» gli disse Tessa, che era seduta su una delle brande a gambe incrociate. In mano aveva un flacone con dentro uno strano liquido color porpora. Con disinvoltura lo aprì e versò dieci gocce all'interno di una tazza piena d'acqua.

«Bevi questa, l'ha preparata Zoe a posta per farti riprendere»

Gabriele storse il naso, odiava bere intrugli magici, avevano sempre un brutto sapore.

«Devo proprio?»

«Bevi!»

Prese la tazza titubante e fece un piccolo sorso, come previsto rimase disgustato dal sapore intenso e acre.

«Su, non fare il bambino» lo rimproverò Tessa.

Il cavaliere continuò a bere di mala voglia e la finì, dopo si passò la lingua più volte sotto al palato e ridiede la tazza a Tessa.

«Dov'è Zoe? Sta bene?»

«È uscita presto per andare dal monsignore... e sì, sembrava in forma»

«Che è andata a fare da Tolomei?»

«Ha detto che voleva vederci chiaro su alcune cose, di più non so»

Gabriele stette in silenzio per un attimo e guardò Tessa con occhi pieni di riconoscenza.

«Ieri notte ci sei stata davvero d'aiuto... ti ringrazio»

«Di nulla, anche tu non sei stato male... prima di svenire almeno. Ti succede spesso?»

«No, ho solo sbattuto la testa»

«In effetti sì, hai preso proprio una bella sbandata»

«Che vuoi dire?»

Gabriele fece finta di non capire, ma le allusioni della ladra erano molto esplicite e vennero confermate quando lei gli mostrò cosa aveva in mano.

«Dovresti stare più attento alle tue cose» gli consigliò Tessa, mentre mostrava il ciondolo in oro bianco, con lo zaffiro e l'incisione del nome della maga sul retro. Gabriele gli lanciò un'occhiataccia e Tessa sorrise divertita.

«Ehi calma, calma. Se fosse stata una volta, non ci avrei messo niente a rivenderla per racimolare qualche soldo, ma sono una che rispetta i sentimenti altrui»

Gli gettò il prezioso sul letto e lui lo afferrò, guardandolo per accertarsi che non si fosse rovinato.

«Quando pensi di darglielo?»

«Quando sarà il momento giusto»

«Il momento giusto eh? Mio padre era un cacciatore, e da quel poco che mi ha insegnato, la preda va seguita senza farla innervosire e al momento giusto... colpirla al cuore!»

«Mhh lo terrò presente, grazie!»

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora