CAPITOLO 30 - Abbiamo bisogno d'aiuto

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I

Le palpebre di Gabriele si aprirono e si chiusero ripetutamente. Il bagliore fastidioso diminuì d'intensità e la visuale, finalmente, si mise a fuoco. Davanti a lui c'erano Nereo ed Elidoro, che lo guardavano con attenzione dall'alto.

«Ecco, si sta riprendendo» disse il bardo, sollevato nel vederlo prendere conoscenza. Nereo subito afferrò la testa del cavaliere e se la portò vicino. Gli aprì meglio le pupille e le analizzò con degli occhiali.

«Sta fermo! Stai bene, ma non dovresti muoverti»

«Dov'è Zoe?» furono queste le sue prime parole e Nereo chiuse gli occhi sbuffando.

«Se n'è andata nel bosco, non ricordi?»

«Caspita hai preso proprio una bella botta, possibile che non ricordi quello che avete fatto tu e quell'altro demente?»

Gabriele era frastornato e si manteneva la testa ancora dolorante. Fece un tentativo a rialzarsi, ma barcollò e gli altri lo sorressero in tempo con fatica.

«Stupido! Ti ho detto che dovresti restare fermo per il momento»

«No, dobbiamo andare a recuperarli, se dovesse succederle qualcosa non me lo perdonerò mai»

«Ma potrebbero essere ovunque nel bosco» presuppose Elidoro.

«Sembri ancora un po' disorientato, in tre sarebbe rischioso»

«Non ti preoccupare... saremo in quattro»

«Come?»

Nereo rimase interdetto e si girò verso Elidoro, che allargò le braccia e fece cenno di non saper nulla.

II

La torre del castello era poco illuminata e le feritoie sui muri lasciavano trasparire a stento la luce, in più gli scalini erano sconnessi e irregolari. Una fiamma si faceva largo nella torre e al suo passaggio i topi fuggivano via, rintanandosi nelle loro piccole tane. Gabriele sorreggeva la torcia e avanzava deciso, con dietro di lui un Nereo abbastanza titubante e scettico.

«Ehi, quel tonico che mi hai dato fa miracoli»

«Devi stare comunque attento a non sforzarti troppo, perché altrimenti l'effetto è inutile»

«Per questo stiamo qua, un altro membro fa a caso nostro»

«Non è un membro, è una prigioniera. Sei sicuro di quello che vuoi fare?» dopo il nobile mise male il piede e urtò uno scalino sconnesso, per poi inciampare e sorreggersi contro il muro. Il cavaliere si fermò e si girò verso di lui, notando la sua espressione irritata.

«Sì... senza dubbio. Abbiamo bisogno delle sue capacità, ci sarà di sicuro molto utile»

«E come supponi di poterti fidare di lei?»

«Semplice... dandole la mia fiducia» si girò e proseguì la salita. Il nobile alchimista non poté far altro che seguirlo.

Arrivarono alla porta della cella e Gabriele gli fece segno di aprire la porta. Nereo estrasse le chiavi con molta riluttanza e le inserì nella serratura.

III

La porta della cella si aprì e il suo cigolio svegliò la prigioniera rannicchiata sulla panca di legno. Una delle sue caviglie era bloccata tramite una lunga catena incatastata nel muro. Gabriele e Nereo illuminarono la stanza con la torcia e Tessa, abituata a quel buio, si coprì gli occhi, per poi riadattarsi a quella luce qualche istante dopo. La ladra sbadigliò, e vedendoli nel bel mezzo della notte, si indispettì per esser stata svegliata, ma allo stesso tempo rimase incuriosita. Non le capitava spesso di ricevere visite, da quando era stata imprigionata.

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora