CAPITOLO 14 - Chi è Gabriele Frangipane?

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I

Il cavaliere aspettava seduto al tavolo del salone, c'era silenzio e aveva lo sguardo rivolto alle scale. Stette lì ad aspettare, pensando a cosa avrebbe detto. Passò ancora qualche minuto, fino a quando si sentirono dei passi provenire dalle scale. Erano Elidoro, Nereo e Damiano, che scesero e si accomodarono al tavolo. C'era chi sbuffava come il mercenario, chi sbadigliava come l'artista e chi rimaneva impassibile, come il nobile alchimista.

Finalmente Zoe si apprestò a scendere le scale, aveva cambiato l'abito, ora era blu con una camicetta bianca. I capelli lunghi e biondi erano sciolti. La notarono tutti e la seguirono con lo sguardo fino al tavolo. Zoe faceva finta di nulla, o almeno ci provava, perché era palesemente a disagio e cercava di non incrociare gli sguardi. Gli occhi di Gabriele erano ipnotizzati da quella angelica figura. Solo il tossire di Nereo lo distolse.

«Siamo tutti qui, si può incominciare?» disse richiamandolo.

«Bene sì... vorrei cominciare presentandoci e provare a conoscerci meglio. In questo modo avremo una visione più chiara di cosa potremo fare come squadra»

Damiano alzò le pupille al cielo e sospirò piano.

«Comincerò io, il mio nome è Gabriele Frangipane vengo da Fonte Verde»

«Fonte Verde? Non è quel paese in cui si trova una fonte di acqua verde dai poteri curativi?» domandò Zoe.

«Vedo che sei informata! Esatto, l'acqua diventa verde per la presenza di alghe, è proprio lì che ho conosciuto il Re in persona»

II

A pochi passi dalle cascate del monte Rialto, c'era una sorgente d'acqua, il suo colore era di un verde menta, causato dalle alghe presenti sul fondo, che davano alla sorgente proprietà curative.

La maggior parte delle persone del posto andava lì a fare rifornimento d'acqua, ne giovavano loro e anche gli animali, che rendevano di più nei campi.

Un giorno di sole primaverile, un giovane ragazzo dal fisico mingherlino e dai capelli lunghi, stava riempendo due secchi con l'acqua della sorgente. Si faceva due km a piedi e lo faceva ogni mattina, per aiutare il padre al forno di famiglia. Grazie all'acqua di quella sorgente, facevano il pane più buono della nazione.

Il volto del ragazzo era terso di sudore e la stanchezza l'aveva sopraffatto. Lasciò i secchi per terra e si buttò dell'acqua in faccia per rinfrescarsi, subito dopo si sdraio sull'erba e chiuse gli occhi.

Era arrivato lì più presto rispetto al solito, aveva il tempo per riposarsi un po' e così fece, si godette il silenzio di quella terra e per un attimo si sentì tranquillo, ma non durò molto.

Da lontano si sentirono avvicinarsi gli zoccoli di alcuni cavalli. Ben presto il giovane fu costretto ad aprire gli occhi.

«Giovanotto spostati da qui!» disse una voce sgarbata.

Il giovane riaprì gli occhi e vide che sopra di lui c'era un uomo in armatura leggera, con sopra scolpita la testa di un leone. Dal simbolo che aveva sulla corazza, intuì che si doveva trattare di un soldato di Re Edoardo. Non aveva intenzione di alzarsi, non ora che si era acquietato a dovere.

«Perché?»

«Il Re ha sete e si deve rinfrescare, non vuole essere disturbato»

Il ragazzo si alzò e vide in lontananza il Re a cavallo. Il soldato, vedendolo imballato, lo spostò in malo modo.

«Allora non capisci? Vattene!»

«Va bene, vado...»

Il ragazzo spazientito prese la mazza e i secchi, se li mise sulle spalle e si allontanò. Il Re con calma arrivò alla fonte, era scortato da altri due soldati. Venne fatto scendere da cavallo e accompagnato alla fonte, non sapeva che nel frattempo era spiato da occhi indiscreti. All'improvviso, dall'erba alta partì una freccia che colpì il collo di uno dei soldati. Subito dopo l'altro, non ebbe nemmeno il tempo di sguainare la spada, che venne sgozzato da un individuo apparso nel fogliame alle sue spalle.

I cavalli si spaventarono e l'altro soldato venne fatto cadere e ucciso dagli altri due briganti.

Il ragazzo si era allontanato dalla fonte, ma da lontano udì le grida dei soldati trucidati.

III

Il giovane corse e raggiunse la fonte. Vide un soldato essere sgozzato e gli altri morti a terra, con delle frecce infilzate nella carne. Il Re era ferito gravemente alla gamba e quattro briganti lo circondavano. Il ragazzo, preso dall'istinto e dalla poca razionalità, impugnò la mazza e infilò un braccio nel secchio, usandolo come scudo.

«Fermi! Lasciatelo stare!» gridò.

I briganti lo guardarono e si misero a ridere. Davanti a loro c'era solo un giovincello gracile e armato di mazza e secchio, con i denti stretti per nascondere la paura che stava provando.

«Torna a casa cucciolo, ti farai male»

I briganti risero ancora, ma Il giovane prese una pietra da terra e la lanciò contro di loro. Uno dei delinquenti si arrabbiò e lo attaccò con la spada. Il ragazzo riuscì ad evitare il colpo, e mettendosi di lato, bloccò la spada con la mazza, per poi colpirlo subito con il secchio in pieno volto, facendolo cadere. Finalmente gli allenamenti massacranti con lo zio erano valsi a qualcosa.

«Bastardo! Ammazziamolo!» gridò arrabbiato il loro capo.

I tre briganti corsero verso il giovane, che cercò di sfuggire, ma venne circondato subito. Sembravano un branco di lupi attorno a una piccola lepre senza via di scampo. Il giovane non aveva altra scelta che attaccare e così fece, attaccò quello frontale con la mazza. Il colpo andò a segno sul petto, l'avversario resistette al tonfo e lo scaraventò a terra dopo averlo preso a gomitate e calci.

Il giovane cadde e rotolò sull'erba vicino al corpo svenuto del Re. Aprendo gli occhi dolorante, notò la spada del suo sovrano che emanava una luce blu ad intermittenza. Strisciò veloce verso l'arma, la sfilò dalle mani del Re e la impugnò.

La spada emanò una la luce blu, stavolta fissa e i briganti rimasero per un attimo perplessi. Il giovane, facendosi coraggio, caricò con impeto verso i tre delinquenti.

Dall'altro lato del bosco c'era un accampamento di soldati. Una guardia notò in lontananza un lampo di luce blu seguito da un tuono. Anche il capitano dell'accampamento rimase sbigottito, tanto che decise di prendere i cavalli e andare a controllare con alcuni suoi uomini.

IV

Nella tenda dell'accampamento, il Re era allettato con la gamba e la testa fasciate. Davanti a lui c'era un'altra branda, in cui c'era seduto il giovane. Se l'era cavata bene, con un braccio rotto e un occhio malconcio, ma era vivo e su due gambe.

«Giovane come ti chiami?» Domandò il Re con voce dolorante.

«Gabriele Frangipane»

«Hai dimostrato di essere molto valoroso, nemmeno il migliore dei miei cavalieri avrebbe fatto di meglio»

«Troppo buono mio signore»

«No, anzi prendi la mia spada»

Gabriele guardò la spada poggiata vicino alla sedia.

«Non ne sono degno mio signore»

«Sciocchezze... la spada ha individuato in te il suo degno possessore. Il suo potere appartiene a te ora. Abbine cura e porta onore al tuo nome, perché da oggi sarai Ser Gabriele Frangipane di Fonte Verde»

V

Gabriele finì il suo racconto, per un attimo sorrise, ricordando tutto quello che era successo e poi in maniera sbrigativa finì il suo discorso.

«Mi ordinò cavaliere e nel corso degli anni combattei numerose battaglie, per il regno e per la chiesa. Tolomei deve avermi richiamato per questo... bene, chi è il prossimo?»

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora