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Torno nella mia tenda quando ormai il sole è sorto da qualche ora e la vita è tornata nell'accampamento. Sento i vivaci schiamazzi dei bambini e le voci ormai familiari dei banditi mentre mi lascio andare sulla superficie del mio rudimentale letto, priva di energie.

Mi sento come se mi avessero dato un pugno dritto sullo stomaco, tanto forte da levarmi il fiato. Ma per quanto ci provi non riesco a liberarmi di questo peso al petto che mi rende difficile respirare a un ritmo regolare.

Le sue ossa si romperanno in modo irreparabile ...

Com'è possibile che non ne abbia mai sentito parlare prima d'ora?

Rifletto, nascondendo il volto sul cuscino dal tessuto reso ancora più ruvido dal mio cattivo umore.
Probabilmente non lo sa nessuno. O meglio, nessuno del popolo. Altrimenti ne avrei sicuramente sentito parlare dalle ragazze con cui vivevo a casa di Sami. E se loro, che partecipano a tutti i banchetti più importanti e vivono di pettegolezzi, non ne sono a conoscenza, allora deve essere un segreto che solo le persone vicine ad Ivar conoscono. Ecco perché Vardan lo sapeva...

Ma non gli sono anche io vicina? Perché non me ne ha parlato? Non si fida abbastanza?

Mi sdraio a pancia in su, cercando di moderare il ritmo dei miei respiri.

Per quanto mi senta quasi offesa, non riesco però ad essere del tutto stupita  che non me lo abbia detto. Dopotutto, Ivar non è certo tipo da aprirsi facilmente. Soprattutto se si tratta di qualcosa che lo rende così... vulnerabile.

Ma allora quanto dovevano essere legati lui e Vardan affinché gli rivelasse qualcosa di così intimo?

Rabbrividisco a disagio e mi avvolgo pigramente in una calda pelliccia, tentando di scacciare via il senso di paura e precarietà che si è diffuso sgradevolmente nel mio stomaco.

Non conosco Ivar da tanto, ma dal momento in cui è entrato nella mia vita ne è diventato il centro assoluto. Prima mi ha terrorizzato con le sue minacce. Temevo veramente mi avrebbe cercata in tutta Kattegat per uccidermi, poi però mi ha salvata, mi ha preso come sua schiava, e mi sono ritrovata costretta a dover seguire ovunque la persona che detestavo di più, a dover obbedire ad ogni suo ordine, stare zitta di fronte ai suoi capricci.

E passando tutto questo tempo al suo fianco ho capito che lui non è affatto come sembra, e mi sono accorta, piano piano, di tutte le cose che ha fatto per me.

Come farei se gli dovesse accadere qualcosa?
E se non riuscisse a tornare sano e salvo?
E se una volta tornato si sentisse male? Se dovesse... Non riesco a pensare chiaramente. La paura mi attanaglia la mente facendomi pulsare dolorosamente le tempie, il cuore a mille.
Come farei?

Per la millesima volta almeno da quando sono qui mi sento senza punti di riferimento, senza appigli a cui reggermi mentre scivolo nell'oscurità. E parte di me implora silenziosamente di rimandarmi a casa. Dalla mia famiglia. Ma so che non posso. E non sono neanche più sicura di volerlo.

Cosa farei?

Prima di accorgermene lacrime salate mi scivolano lentamente dal viso, inumidendo le guance che prendo a strofinare in un gesto nervoso.

Calma Alice, Calmati! Ragiona.

Ivar sta bene. Ivar starà bene. Presto tornerà.

Prendo un profondo respiro, e cerco di darmi una svegliata.
Da quanto è che conosco Ivar?
Due, tre mesi? E in tutto questo tempo mai, nemmeno una volta, l'ho visto stare male. E in quanto sua schiava, mi dico, lo avrei sicuramente saputo. Me ne sarei accorta, in qualche modo.

𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora