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<<Che il popolo di Kattegat voti chi vuole come suo re... o regina.>>

Le parole di Ivar continuano ad aleggiare nell'aria anche quando il loro eco si è ormai spento da tempo, e il silenzio governa nella sala del trono. Ecco, penso. Questo è uno di quegli attimi infiniti, così surreali che continuano ad albergare nella mente solo di chi li ha vissuti di persona. L'incredulità generale è tale che se le emozioni fossero liquide, ci affogheremmo dentro. 

Quasi quasi mi sento in colpa ad essere qua. E' un momento di famiglia, di storia. Io non c'entro niente. Ma allora perchè sono qui? Che senso ha tutto questo?

Ubbe e Hvitserk hanno gli occhi sgranati, Bjorn la fronte aggrottata. Solo Lagertha rimane composta, forse troppo sospettosa, o troppo acuta, per fidarsi di quello che dice Ivar.

È Bjorn a porre fine al silenzio, dimostrando di essere più confuso che contento della notizia. 

<<Pochi giorni fa, quando ne abbiamo parlato, non eri di questo avviso.>>

Ivar alza le spalle, rimanendo però serio. Il volto scolpito, lo sguardo impassibile, la voce ferma. Tutto di Ivar mi fa pensare a un sovrano, ogni sua parola appare come unica e sola verità. Che sia sincero?

<<Diciamo che ho avuto un viaggio... illuminante.>> 

I suoi occhi, d'improvviso dolci, raggiungono il mio volto e vi si soffermano con tenerezza, spingendo il resto dei presenti a fare lo stesso. Sento le mie gote prendere fuoco ma non distolgo lo sguardo, nè mi nascondo sotto al tavolo come vorrei tanto fare. Che cosa significa? Che io... gli ho fatto cambiare idea? 

Trattengo il fiato. No, non può essere così. Non abbiamo mai parlato di quello che avrebbe fatto a Kattegat... o a Lagertha. Non gli ho mai chiesto di fare questo. Ma allora...?

<<Lei è...?>> 

Un brivido mi corre lungo la schiena, come se lo sguardo di Lagertha fosse in grado di perforarmi la pelle, scrutarmi nell'anima. Trattengo il respiro, in attesa che Ivar spieghi che sono la sua schiava personale ma non lo fa. Anzi, nel silenzio sento la sua mano raggiungere la mia, stringendola delicatamente, come a darmi un segnale segreto. Vuole che sia io a rispondere.

Per una volta che davvero, davvero, volevo farmi i fatti miei....

<<I-Il mio nome è Alice.>> 

Balbetto intimorita dallo sguardo pressante dei presenti, tra il sorpreso e l'indignato, che probabilmente non si aspettavano avrei preso personalmente la parola. 

Non aggiungo altro, non voglio continuare a rendermi così visibile. Mi sento un groppo alla gola ogni qual volta che mi espongo così tanto. Più persone mi conoscono, più temo di risaltare come un pesce fuor d'acqua. Quando sono con Ivar, Hanna o persino Hvitserk è facile dimenticare chi sono veramente. Ma qui, ora, di fronte a tutti è impossibile ignorare la paura che mi pervade all'idea di venire allo scoperto.  Una parola sbagliata, un passo falso e potrei perdere tutto... qui non ho diritti. 

E proprio per ribadire il concetto i fratelli di Ivar spostano lo sguardo da me a lui, come a voler sottolineare il mio ruolo. Sono solo una proprietà di Ivar. Niente più.

<<Viene dall'Italia>>

Si limita ad aggiungere lui, continuando a tenere stretta la mia mano sotto al tavolo. E come se le sue parole fossero state scintille ecco riaccendersi di rinnovata curiosità i volti della famiglia reale. 

<<Italia?>>
<<Una penisola nel profondo sud, bagnata dal Mar Mediterraneo.>>

<<Il Mar Mediterraneo?>> 

𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora