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Spalanco gli occhi e sobbalzo alla vista di Sigrid che mi fissa attentamente con i suoi occhi azzurro ghiaccio.
<<Buongiorno>> mormoro giá di mal umore. <<Buongiorno>> risponde lei, con gaiezza. <<Lena ti ha fatto preparare qualcosa da mangiare. Tieni>> Mi porge una ciotola in legno con qualche frutto di bosco e un pezzo di pane. Ringrazio e inizio a mangiare. Ieri sera non ho neanche cenato.
Passa qualche attimo di silenzio che, con mio scontento, viene subito interrotto. <<Come sono rossi quei lamponi! Certo che l'estate è davvero la stagione migliore per il cibo. Anche l'autunno non è niente male. Le castagne sono ottime, non trovi? In inverno invece solo zuppe e carne, zuppe e carne. Non mi lamento per le zuppe di funghi, perchè quelle sono deliziose. Ne hai mai assaggiata una?- non mi da neanche il tempo di rispondere che riprende con il suo monologo- Comunque la padrona a me non ha mai fatto portare niente da mangiare. È un grandissimo onore, sai? Ma dopotutto io non sono la schiava diel signorino Ivar. Ah quasi dimenticavo, è passato di qui ieri sera!>>
Smetto di mangiare e fisso la ragazza, felice di aver finalmente catturato la mia attenzione.
Mi pareva di avere sentito qualcosa, ieri sera, ma pensavo si trattasse solo di un sogno. Ricordo il senso di sicurezza e calore al pensiero di Ivar nella stanza e arrossisco, cercando di non farlo notare a Sigrid. Per fortuna lei non mi guarda.
<<Cos'è che mi ha detto? Aspetta che non ricordo.....Ah sì! Vuole che tu vada da lui non appena ti svegli>>
Annuisco e continuo a mangiare più lentamente, in apparenza tranquilla. In verità mi sento stranamente agitata all'idea di rivederlo. Ieri sera non ci siamo neanche rivolti la parola. E poi lui era sempre appiccicato a Lena... Ma che ti importa? Niente. Assolutamente niente.
Scrollo la testa per allontanare quei pensieri e mi preparo. Sigrid, si offre di accompagnarmi e io accetto, dal momento che non ho idea di come orientarmi in questo posto. Così la seguo tra i corridoi, cercando di tenere a bada l'agitazione crescente.

Arriviamo di fronte alla porta e prima che io abbia il tempo di protestare Sigrid ha già bussato e si sta allontanando lungo il corridoio. La maledico mentalmente quando sento la voce di Ivar dalla stanza. <<Avanti>>
Okay Alice, ce la puoi fare. Apro la porta e timidamente mi faccio avanti, guardandomi intorno. La stanza è illuminata solo per metà. Non appena distinguo la figura di Ivar nella penombra, seduto sul letto ad armeggiare con un coltello, incrocio il suo sguardo. Sembra di buon umore oggi.
<<Ce ne hai messo di tempo a venire>> Chiudo la porta alle mie spalle prendendo coraggio <<Ormai mi è difficile svegliarmi senza le tue urla, padrone>> marco l'ultima parola con sarcasmo e Ivar ridacchia. Poi il suo sguardo, fisso nel mio, si fa serio <<Come stai?>>
Da quando gli interessa come sto? Cerco di nascondere la sorpresa e sento una capriola nello stomaco. <<Bene.>> Mi scruta ancora attentamente, in un modo che mi fa arrossire. <<Sei sicura?>> Negli occhi c'è una luce strana, che non riesco a capire. <<Sì>> Ma che succede? Perchè è così gentile? Lui mi sorride, e il mio stomaco è tutto in subbuglio mentre lo guardo diffidente. Non capisco davvero che mi prenda.

Distolgo lo sguardo e lui riprende a parlare, stavolta con un tono di scherno. <<Bene. Allora non ti dispiacerá riprendere a lavorare oggi. Hai davvero tanto lavoro in arretrato...>> Qualcosa nel suo tono mi irrita profondamente e capisco: mi stava prendendo in giro. Non gli interessava affatto sapere come sto. Stupida Alice.
Sento il fastidio crescere mentre lui osserva le mie reazioni, divertito. <<C'è un po' di polvere in giro, e voglio i miei vestiti lavati per domani. -Gli lancio un'occhiataccia che lui non nota, facendomi cenno di avvicinarmi per aiutarlo a stringere i lacci degli aggeggi alle gambe. - Torniamo a Kattegat>> Alzo lo sguardo, colta da sentimenti contrastanti. In parte sono sollevata, ma non del tutto anche se non so perchè . Ci penserò più tardi.

Impacciatamente lo aiuto, o meglio, faccio tutto io mentre lui, sdraiato, fissa il soffitto. <<Ieri per colpa tua ho dovuto farlo da solo. Le schiave di queste parti sono ancora più incapaci di te>> sento l'irritazione crescere e lo guardo malissimo, cosa che lo fa scoppiare a ridere. Indispettita, stringo ancora più forte i lacci. <<Ei!>> con uno scatto si tira a sedere, irritato.
I nostri volti ora sono a qualche centimetro di distanza e il cuore inizia a battermi all'impazzata.
I suoi occhi, fissi nei miei, hanno perso la scintilla di irritazione, e ne hanno assunta una nuova che non so interpretare. Mi scrutano attentamente, curiosi e avidi, e io lo fisso rapita, colta da un sentimento sconosciuto. Rimaniamo immobili per qualche attimo, così vicini che i nostri respiri si confondono, così vicini che ho paura che si accorga di quanto la sua presenza mi rende nervosa. Che cosa mi succede?
Apro la bocca per parlare, senza neanche sapere cosa dire, quando vengo salvata da qualcuno che bussa alla porta. In un attimo colgo l'occasione per sottrarmi finalmente allo sguardo penetrante di Ivar, e corro ad aprire la porta.

𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora