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Oh mio dio.

Rimango in piedi, immobilizzata dal suono della tromba, lugubre e solenne. Il pericolo incombe, e tutte impiegano meno di un secondo a capirlo. Voci che si sovrappongono, alcune spaventate, altre vive di determinazione. Mi sento sospingere da una parte all'altra, come una barca senza remi tra mille altre nella corsa per la meta a me ignota. Suoni metallici di asce sguaiate, scudi battuti e grida di guerra prima ancora che l'eco della tromba si sia estinto. Tutti capiscono subito, ma io no.
Strabuzzo gli occhi, trattenendo il respiro senza conoscerne il motivo. Mi guardo attorno, mentre la folla si disperde, e le donne di Vardan, valorose vichinghe, raggiungono il campo di battaglia che fino a poco fa chiamavano casa.

E dopo un'interminabile sequenza di attimi di spaventosa confusione capisco. E quando lo faccio rimango paralizzata dall'orrore, lancio gli occhi freneticamente attorno a me in cerca di qualcosa che mi dica che ho capito male. Ma vedo solo volti familiari allontanarsi con fierezza, le donne pronte a difendere il proprio territorio, e la sentenza è finale.
Siamo sotto attacco.
Con lo sguardo cerco istintivamente Ivar, ma poi ricordo che non è qui. È andato a caccia con Vardan. Un brivido di terrore mi attraversa la spina dorsale. Non ho mai avuto bisogno di imparare a combattere, perché Ivar mi ha sempre protetto. Ma adesso lui non è qui.
Almeno so che è al sicuro.
Cerco di consolarmi, di riflettere sul da farsi, ma è tutto inutile.

Mi tremano le ginocchia.
Fatico a respirare, a tenere gli occhi aperti.
Sento il fragore della violenza al di fuori della tenda, le urla di rabbia, i gemiti di dolore. I rumori, di un'intensità dolorosa,
asfissiante, mi opprimono. Mi entrano dentro, rimbombando nelle orecchie, al ritmo della testa pulsante, il cuore che batte a mille.
E non so che fare.
Io non sono una vichinga.

Oh mio dio.
Sto avendo un attacco di panico.
Stupida stupida stupida Alice. Calmati. Respira.
La vista si fa offuscata, i contorni della tenda svaniscono di fronte ai miei occhi, sudore freddo mi attraversa la fronte.
Per un attimo temo di stare per svenire, di perdere i sensi e cadere a terra, dove qualche vichingo della parte opposta mi troverà e farà fuori senza pietà.
Per un attimo sento incombere su di me tutte le mie più grandi paure, le sento cibarsi della mia aria, dei miei polmoni, della mia vista, della mia forza. E cado nel buio più totale.

Poi però una voce. Bassa, lontana. Ma familiare.
<<Alice.>>
Ho già sentito questa voce. È maschile, quasi ipnotica.
<<Alice.>> ripete.
E come a uno scoglio in un mare alla deriva mi appiglio con tutte le forze alla voce, al tono, al suono del mio nome. E poi i contorni tornano a fuoco, la luce si stabilizza, il respiro ricomincia a circolare nel mio corpo che è rimasto saldamente a terra su due piedi, nonostante avessi avuto, appena qualche istante fa, la netta sensazione di cadere nel vuoto.
Ma allora non sono svenuta?

<<Alice! Mi senti?>> La voce acuta e allarmata di Hanna richiama la mia attenzione, e io torno finalmente in me. La guardo confusa, ma non più spaventata come prima. Tutto quel terrore che sentivo fino a poco fa sembra essere scivolato miracolosamente via da me, lasciando spazio a una mente, se non proprio calma, perlomeno lucida. <<Ci stanno attaccando>> mormoro improvvisamente cosciente che quasi tutte le donne sono uscite dalla tenda.
Le urla e i clangori al di fuori sembrano farsi sempre più forti.
<<Ti senti bene? Sei pallidissima>> Hanna mi scruta preoccupata, e non posso biasimarla. Ma adesso non ho tempo di riflettere su quanto mi è accaduto, su quella voce...
No, adesso devo solo pensare a come uscire da questa situazione. Muovo un passo indeciso in direzione dell'uscita centrale della tenda, ma esito. Non so combattere. Non ho nemmeno un'arma. Guardo Hanna, che nonostante la debolezza dovuta alla sua recente malattia ha lo sguardo vivo di grinta. Leggo dai suoi occhi che vorrebbe dare una mano, buttarsi nella mischia. Ma neanche lei può combattere nelle sue condizioni.
<<Se usciamo da qui ci vedranno e ci attaccheranno.>> Ragiona lei ad alta voce, pragmatica. <<Ma non possiamo restarcene qui dentro, mentre le altre sono fuori a rischiare la vita!>>
Hanna mi guarda triste, combattuta anche lei.
Cosa facciamo adesso?

𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora