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Dopo un altro tentativo con l'arco, leggermente meno umiliante del primo essendo riuscita, se non proprio a centrare, almeno a sfiorare il tronco dell'albero-bersaglio, decido infine di rinunciare.
<<Quindi? Hai deciso di saltare la cena?>> Mi domanda Ivar, arrogantemente divertito, e io aggrotto la fronte, offesa. Anche se dovesse cacciare qualcosa, ha detto che non me ne darà neanche un pezzo a meno che non ci riesca da sola. Altro che gentiluomo...

<<Esattamente. Tanto comunque non ho fame.>> Il ragazzo davanti a me alza le spalle, un insopportabile sorriso stampato sulle labbra. <<Peggio per te.>>
Ho mentito. A dire il vero muoio già di fame. Però oggi non riesco proprio a concentrarmi, ho la testa da un'altra parte, annebbiata. Il mio sguardo continua a cadere involontariamente su Ivar, sulle sue ampie spalle, i suoi gesti netti e sicuri, lo sguardo acuto e penetrante, le labbra carnose piegate leggermente all'insù in una smorfia di concentrazione. E i capelli, che gli ricadono sulle spalle come una cascata color ebano, così invitante che mi domando come sarebbe affondarci le mani... Ma perché continuo ad avere questi pensieri? Riprenditi Alice.
Mi siedo a terra, poggiando la schiena contro il tronco di un ampio albero, e chiudo gli occhi, decifrando attorno a me i movimenti di Ivar attraverso i suoni. Prende una freccia, la sistema sull'arco, la corda si tende e per un istante lunghissimo rimane immobile, in bilico. Trattengo il respiro e mi ordino di tenere gli occhi chiusi. Non voglio vedere.
Che sciocca. Penso tra me e me. Sono più di quattro mesi che sono qui e ancora non sopporto la vista del sangue, o della sofferenza. E sussulto, quando il colpo viene sferzato, e il bersaglio cade a terra. Mi basta un'occhiata per capire che si tratta di un animale leggermente più grande di una lepre, ma non indago oltre.
Con una maestria che non mi sorprende affatto Ivar cattura abilmente altre due prede, stavolta piú piccole, nel giro di appena un paio di ore che giriamo per i boschi. Per tutto il tempo sono stata in silenzio, cercando di dare un ordine all'ammasso caotico dei miei pensieri, cercando di respingerne alcuni, tentando di affogare le emozioni che mi provocano. Lo stesso Ivar, dopotutto, è rimasto in un serrato silenzio di concentrazione, il volto teso, i sensi all'erta. È un abile cacciatore, non ci sono dubbi. Ma infondo tutti i vichinghi lo sono, essendo questo l'unico modo, oltre all'agricoltura, di procacciarsi cibo. Come mi mancano i cari vecchi supermercati, il cibo in scatola, le patatine...

Un gruppo di voci in lontananza mi ridesta dai miei pensieri e lancio uno sguardo allarmato ad Ivar, che si limita ad alzare gli occhi, infastidito. E poi veniamo circondati da risate e possenti voci divertite: gli uomini di Vardan. E arriva anche lui, sulla spalla il peso di un'intera cacciagione, sufficiente a sfamare più della metà dei suoi uomini che, a loro volta, nè portano altra appresso. Il bottino di Ivar, in confronto, appare davvero poca roba. E Vardan stesso se ne accorge, ammiccando con sarcasmo alle sue prede.
Poi con un'enigmatica luce negli occhi, si inchina con eleganza al mio cospetto, un sorriso provocatorio sulle labbra:
<<Mia cara Nessuno, che piacere rincontrarti!>> <<Vardan.>> Lo saluto a mia volta, leggermente imbarazzata.
Sento Ivar irrigidirsi al mio fianco e mi volto verso di lui per studiarne l'espressione, ma lui si gira impedendomelo. Una tacita speranza prende vita in me. È forse....geloso? Impossibile. Si comporta così solo perché Vardan non gli va a genio. E il sentimento è chiaramente reciproco. Il capo dei banditi si prende gioco di lui, ostile nella sua ironia, e lui diventa freddo e scostante, negli occhi la più gelida indifferenza.

È solo dopo qualche minuto che riusciamo a separarci dai banditi, e torniamo dove avevamo lasciato i nostri cavalli, immersi in un silenzio diverso dal solito, teso, denso di parole non dette.
Ivar cavalca veloce, senza mai voltarsi indietro come è solito fare, neanche per controllare se lo seguo. Se non fossi ormai una cavallerizza provetta probabilmente lo avrei già perso di vista. Ho notato che quando è di cattivo umore non vuole nè parlare nè vedere nessuno, e questo ormai capita ogni volta che incontra Vardan. Non posso fare a meno di domandarmi ancora una volta cosa sia successo tra di loro in passato. Ma so anche che Ivar non è il tipo da aprirsi e non voglio insistere. Perciò lascio che corra, che mi lasci indietro, che si sfoghi, e lo osservo in lontananza, la sua figura sempre più piccola e distante. Questo ragazzo è un enigma. Sospiro. Riuscirò mai a risolverlo?

𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora