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Rientro in punta di piedi nell'edificio in legno scricchiolante, con il fiato corto e i pensieri confusi. Cosa è appena successo?
Ogni passo, ogni scricchiolio del corridoio fa da sottofondo alla conversazione appena avuta, che continua a riecheggiarmi nella mente, troppo intensa da metabolizzare. Ma che mi è preso? Come ho potuto essere così sfrontata con lei, la donna più potente che abbia mai incontrato?
Rabbrividisco, sperando che più tardi Ivar mi permetta di accendere il fuoco in camera sua. Ci mancava solo 'sto freddo, per completare il quadretto della mia fantastica esistenza.

Sperando di non incontrare nessuno, perchè la mia voglia di socializzare al momento è pari a zero, mi soffermo per qualche attimo di fronte alla porta socchiusa della mia stanza, dove prima ho lasciato Hanna a riposare. Quanto sarebbe bello potermi stendere un po', sola soletta, lontana da drammi e questioni che non capisco.
Cercando di non fare rumore mi accosto al piccolo spiraglio con l'orecchio, per vedere se è ancora dentro. Nulla, silenzio totale.
Allora, lentamente e con cautela, perchè non vorrei che, se lei è ancora dentro, la porta cigolante la svegli, cerco di allargare la mia visuale della stanza, stringendo gli occhi per scrutare nell'oscurità.

«Cercavi me?»
La voce di Ivar raggiunge le mie orecchie forte, giocosa. Cerco di nascondere l'accidente che mi ha fatto prendere e gli lancio un'occhiata obliqua, spingendolo delicatamente al lato, un po' più lontano dalla porta. Lui mi lascia fare, indisturbato.
«Lo sai che non sei al centro del mondo sì?» Sussurro indispettita.
Ghigna, pieno di sè.
«Difficile da credere, detto da te.»
Resisto l'istinto di tirargli uno scappellotto e gli faccio segno di stare in silenzio. Poi torno a sforzare la vista, allungando il collo e credendo, per un istante, di intravedere la mia amica stesa sul letto. Avverto gli occhi di Ivar sulla mia schiena, e lentamente sento il suo corpo avvicinarsi e annullare la distanza tra di noi.
«È venuto a prenderla Hvitserk poco fa, l'ha portata nella sua stanza.»
La sua voce si è abbassata notevolmente ora, e quando mi volto a guardarlo noto che ha un insolito luccichio negli occhi.
«Tu che ne sai?»
«Eravamo insieme, quando è successo.»
Annuisco, improvvisamente imbarazzata all'idea di essere da sola con lui. Ora che è buio, e siamo tornati a casa, dove nessuno oserebbe disturbarci, e con il peso di tutti i miei dubbi e le mie paure. Prima la dama nera, poi la missione segreta, quell'insopportabile Mona e il suo misterioso ruolo nel patto tra banditi, Lagherta e la sua sete di potere. Ma soprattutto lui, che non mi dice la verità, che fa sempre il contrario di quello che ci si aspetta, che non mi rende mai partecipe dei suoi piani o di quello che rappresento per lui, però mi bacia, mi accarezza e fa di tutto per proteggermi. Almeno così sembrerebbe. Ma se fosse veramente così, perchè spingermi a passare del tempo da sola con la sua nemica?
«Perchè mi guardi così?»
Esito, accorgendomi troppo tardi di aver lasciato trapelare come mi sento, un'altra volta. Un giorno o l'altro gli chiederò di insegnarmi a nascondere tutto, visto che lui lo fa così bene.
«Niente.»
Mi sforzo di fargli un sorriso, ma poi mi passa la voglia e lascio che i suoi occhi colgano la mia angoscia, e la mia diffidenza.
«Vieni.»
La sua mano grande e calda viaggia sulla mia schiena, fermandosi sul mio bacino, mentre mi sospinge dolcemente lungo il corridoio, in direzione della sua stanza.

Come speravo il caminetto è acceso. Almeno questo.
Mi fa cenno di sedermi sul letto, mentre lui chiude la porta alle sue spalle. Poi vi si appoggia con la schiena e resta a guardarmi per qualche istante in silenzio. Distolgo lo sguardo dal suo, troppo intenso per una giornata piena di emozioni come questa, e spero che il subbuglio nel mio stomaco dato dalla sua presenza, dai suoi occhi che non mi abbandonano per un istante, dal suono del suo respiro mi lasci in pace, prima o poi.
«Com'è andata la lezione?»
Ecco, l'ultima cosa che volevo ricordare in questo momento.
«Diciamo bene.» La voce mi si alza in maniera innaturale per un attimo, tradendo il mio imbarazzo.
«Diciamo?» Mi sorride, divertito.
Mi schiarisco la voce, cercando di sorridere a mia volta.
«Mi hai visto tirare d'arco no? Puoi immaginare quanto sia portata anche per la spada. Cioè, non che l'abbia brandita una spada stasera, e per fortuna direi, anche perchè Lagherta ha iniziato a lanciarmi il bastone.—mi guarda allibito, la mascella contratta—no, no! Non in quel senso. — ridacchio, nervosa—Lei me lo lanciava e io lo riprendevo al volo, poi glielo lanciavo a mia volta e così via. Capito?»
Annuisce ma non dice niente, aspettando che continui.
Aggrotto le sopracciglia. «Non è che si stava prendendo gioco di me?»
«Chi non avrebbe voglia di farlo? Sei adorabile quando sei in difficoltà.»
Alzo gli occhi al cielo.
«Certo, è per questo che non fai altro che darmi fastidio?»
«Mi hai scoperto, ahimè.»

Poi il suo volto si fa serio.
«Comunque no, non credo. —La sua voce prende un tono meccanico, intrisa di pragmatismo—E poi i riflessi sono una delle prime cose da sviluppare se si vuole sopravvivere in battaglia. Puoi essere il più forte e abile dei guerrieri, ma se non riesci a tenere d'occhio il mondo attorno a te cadrai prima ancora di sguainare la spada.»

Il suo volto, illuminato soltanto dalla fiamma del camino, calda e fioca, appare quasi scultoreo, gli occhi persi per qualche istante nel vuoto.
«Pensavo saresti venuto a vedermi oggi.»
Interrompo chiaramente il flusso dei suoi pensieri. Appare sorpreso.
«Che bisogno c'era?»
Mah, non lo so, accertarti che la tua nemica giurata da anni non mi uccidesse per farti un dispetto? Una rabbia inerte mi pulsa nel petto.
«Davvero ti fidi di lei?»
Ivar mi guarda per qualche istante, serio. Poi il suo sguardo si ammorbidisce, mentre si avvicina a me.
«Mi fido dei suoi sentimenti per te.»
Lo guardo storto, e lui si siede al mio fianco.
«Che tipo di sentimenti dovrebbe avere per me, scusa?»
Sorride, e mi accarezza la mano. Poi risponde, senza lasciarmi il tempo di decidere se rifiutare il suo tocco o meno.
«Lagherta ha sempre avuto un debole per le donne. Sapevo che avrebbe trovato del potenziale in te.»
«Potenziale per cosa?»
Non mi risponde, ma continua a giocherellare con le mie dita, lo sguardo scuro, indecifrabile.
«Se avessi pensato per un solo momento— mi stringe la mano — che avrebbe potuto farti del male non ti avrei lasciato sola insieme a lei.»
«Ma perchè lo hai fatto? Perchè hai cambiato idea improvvisamente su di lei, e sul regno? Cos'hai in mente?»
Lascio che i dubbi attorcigliati nella mia mente prendano voce, ma non mi aspetto una risposta.  E infatti non la ricevo.
«Non posso dirtelo.»

Lascio la stretta della sua mano, e fisso un punto indefinito in basso, tra il tappeto e il pavimento. Cosa mi aspettavo? Che si fidasse di me, all'improvviso? Sento gli occhi pizzicarmi, mentre una coltrina lucida si sovrappone alla mia vista. Perchè non mi parla?
La sua mano torna a cercarmi, mi carezza la schiena, le spalle, la guancia con delicata fermezza, senza muoversi di un centimetro di fronte alla mia freddezza.
«Credimi, se te lo dicessi ti metterei in pericolo.»
Stringo gli occhi mentre le sue dita, calde, dolci, catturano una mia lacrima.
«Guardami.» Mi implora.
Come resistere? I miei occhi annebbiati lo raggiungono.
«Devi fidarti di me, per favore. » La sua voce si riduce a un sussurro, la sua fronte si posa sulla mia. «Fidati.»
«Puoi almeno dirmi perchè lei? Se volevi che iniziassi a combattere, perchè non mi insegni tu?»
Dolcememte allontana il volto dal mio. Lascia ricadere invece la mano lungo i miei capelli, e si ferma a giocherellare con una ciocca.
«Lagherta è una grande guerriera, la più grande della sua generazione, e ha allenato centinaia di vichinghe rendendole shield maiden. Molte di loro erano contadine, alcune bambine, o schiave. —si schiarisce la voce— Gente che non aveva mai impugnato una lama in vita propria, se non per tagliare il pesce.»

La famigliare ondata di fastidio mi riscuote dallo sconforto, l'orgoglio ferito.
«Hey! Mi stai dando dell'incapace?!»
Alza le sopracciglia, visibilmente sollevato dal mio cambio d'umore.
«Cosa? No no, niente affatto.» Sorride, sornione. «Ti sto dando dell'inesperta.»
Lo guardo male e mi mordo la lingua. Glielo farò vedere io, quando imparo effettivamente qualcosa da queste lezioni. Qualcosa che non sia giocare a pallavolo con un bastone di legno, se non altro.
«In ogni caso,— conclude — sono sicuro che grazie al suo aiuto imparerai a combattere.»
«È veramente così necessario che anche io impari a scuoiare la gente come voi altri?»
Ivar alza gli occhi al cielo di fronte al mio tono sarcastico, ma poi il suo sguardo si fa ancora una volta scuro, il suo tocco più pesante.

«E se un giorno io non potessi proteggerti?»
Per un attimo mi sembra che la sua voce si sia incrinata, ma è difficile crederlo. Si tratta pur sempre di Ivar Senz'emozioni, no?
L'idea di non averlo al mio fianco, come è sempre stato da quando sono venuta a vivere qui, mi fa rabbrividire.
«Che vuoi dire? Dove hai intenzione di andare?»
La mia voce risuona più ansiosa di quanto vorrei. Ho bisogno di lui.
Mi guarda con tenerezza, il volto di nuovo rilassato.
«Da nessuna parte. Però voglio saperti al sicuro.»
Mi stringe a sè, e io glielo permetto, affondando il volto nel suo petto e lasciando che mi culli dolcemente nelle sue braccia, carezzandomi i capelli.
«Sempre.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 13, 2023 ⏰

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𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠'𝑠𝑙𝑎𝑣𝑒 // 𝐼𝑣𝑎𝑟 𝑇ℎ𝑒 𝐵𝑜𝑛𝑒𝑙𝑒𝑠𝑠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora