🍹Capitolo 1

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Da quando mio padre è venuto a mancare, provo una repulsione esagerata per il caffè.

Lo definivano un architetto dal temperamento cupo e abitudinario il cui pendolo emotivo oscillava verso due uniche direzioni: annoiato e arrabbiato. Le rare volte in cui il pendolo toccava, forse sbadatamente, l'emozione "gioia", era doveroso festeggiare. La mia famiglia si vestiva infatti di tutto punto per recarsi alla caffetteria preferita di mio padre. Erano momenti idilliaci che avevano però una durata assai breve. Mia madre era solita deliziarsi con un cornetto alla crema che adorava inzuppare in un bicchierone di latte macchiato mentre mio padre beveva due caffè lunghi uno dietro l'altro. L'ho sempre trovato bizzarro, ma sapevo che al termine della colazione, ci sarebbe stato per me un regalo. Solitamente si trattava di giri in carrozza sul tipico pavé delle vie fiorentine, e io fingevo di essere un'esponente della dinastia dei Medici. Ricordo che il cocchiere, amico di famiglia, conduceva una Break de Chasse trainata dalle sue bellissime puledre.

Accadeva oggi, dieci anni fa.

Fu l'ultima volta che vidi mio padre bere quei due caffè. L'ultima volta che salii con lui sulla carrozza. L'ultima volta che il pendolo toccò quella precisa emozione. La sera del ventidue giugno mia madre lo trovò morto nella vasca da bagno. Si era reciso verticalmente le vene con il cutter che aveva preso dal mio astuccio di scuola.

I mesi subito a seguire furono caratterizzati da giornate impregnate di malinconia e caos. Un periodo particolarmente duro per una diciassettenne dal carattere introverso. Mia madre decise di prendere il comando dello studio di papà, facendo socio il cugino geometra, e il clima si riassestò progressivamente negli anni successivi tra psicologi e conforto. Conforto che ricevetti da Carlotta Martini, la mia migliore amica.

Al conseguimento del diploma di maturità, decisi di laurearmi in Storia dell'arte per diventare una guida autorizzata nella Galleria degli Uffizi mentre Lotti si trasferì a Milano per investire anima e corpo nel suo sogno: aprire uno studio di tatuaggi ed essere una truccatrice professionista. Raggiungemmo entrambe quei traguardi e ora che l'aroma tostato di caffè proveniente dalla cucina a casa di Carlotta mi solletica le narici, sono costretta a svegliarmi.

L'associazione caffè-padre è pressoché automatica e mi provoca dei brividi sottopelle. Mentre mi scosto il lenzuolo di dosso, espiro rumorosamente. L'unico modo che ho scoperto essere efficace per espellere i pensieri negativi rivolti a mio padre.

Mi alzo dal letto e mi sgranchisco i muscoli prima di raggiungere la mia amica in cucina.

I lunghi dreadlock biondi sono acconciati in un voluminoso chignon. Il completo giacca pantalone color tortora le conferisce un'eleganza capace di esaltarne la figura slanciata.

Carlotta si sta versando del caffè tiepido nella tazza quando si accorge del mio arrivo. «Veve, sono le sette e mezzo del mattino. Cosa ci fai sveglia a quest'ora di sabato?».

Indico la tazzina a pois. «Indovina?».

«Oh, il caffè. Scusami. Prometto che da domani non lo berrò più».

«Sono sei mesi che mi ospiti e ogni mattina ti vedo fare colazione con caffè e biscotti integrali. Non ti costringerò a cambiare abitudini solo per le mie associazioni mentali» la rassicuro, dirigendomi verso la credenza.

«E di questo te ne sono immensamente grata». Carlotta butta giù il caffè, posa poi la tazza vuota nel lavandino e mi informa che rimarrà fuori casa tutto il giorno. «Matrimonio in Villa ReNoir» precisa, afferrando lo zainetto nero borchiato che aveva posato in precedenza sulla poltrona in velluto rosso del salotto. «Oltre alla sposa avrò otto damigelle arrapate e quattro milf da restaurare».

Faccio una smorfia divertita mentre verso in un bicchiere di vetro del succo alla pera. «Non ti invidio affatto». Prendo dal cesto della frutta una banana e comincio a sbucciarla. «Stasera ceniamo insieme?».

UNO SPRITZ CON VENEREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora