🍹Capitolo 6

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Noemi mi raggiunge alla scrivania dopo aver trascorso due ore con i colleghi del Dipartimento Grafico. Sedendosi sulla sedia mi dice, senza averle chiesto nulla, che una delle sue passioni è il disegno. Mi racconta che poco tempo dopo essere stata adottata, la sua predisposizione verso le materie artistiche si è subito notata. Adorava gli acquarelli quanto le tempere, ma non disdegnava nemmeno i pastelli a cera.

«Quando però compii dodici anni e mio fratello mi cedette il suo vecchio laptop nel quale erano installati gli stessi software di grafica che utilizzava a lavoro, mi sono piaciuti così tanto da accantonare fogli e matite. E ora eccomi qui».

«È lodevole che la tua famiglia ti abbia assecondata in questo» affermo.

Punto l'occhio sull'angolo a destra del monitor, dov'è indicata l'ora, e a gran voce la invito a fare un break. Le dico che farebbe meglio a "staccare la spina" prima di mettersi al fianco di Veronica per le prossime tre ore. La ragazza acconsente e raggiungiamo in fretta la saletta dove noi dipendenti siamo dediti trascorrere la pausa. Una stanza delimitata da pareti in vetro racchiudente un tavolo, delle credenze e una macchinetta per il caffè. Denominata "Sacra decem minuta" è il luogo preferito di Thomas e il più odiato da me per il profumo di caffè che ne ha, negli anni, impregnato ogni oggetto presente.

«Quindi il tuo nome è proprio Venere?».

Annuisco.

«Interessante» commenta dopo aver scelto il termine più adatto.

«Grazie per non aver detto "strano". Anche se non sarebbe la prima volta. Papà fiorentino, mamma senese. Da amanti delle belle arti non potevano certo chiamare la loro unica figlia con un nome che non fosse strettamente collegato. Se poi aggiungi che loro si chiamano Leonardo e Ginevra...»

«Non ci credo. Che figo!» esclama inserendo la cialda e pigiando il bottone per azionare la macchina del caffè.

«E non ti ho ancora detto la parte più divertente. Ho lavorato come guida nella Galleria degli Uffizi. Proprio dove è esposta la Venere del Botticelli. Non ti dico la valanga di domande quando leggevano il mio nome sul cartellino».

Noemi ha gli occhi spalancati mentre afferra il bicchierino in plastica. È una fortuna che la cialda sia di caffè al ginseng e non di arabica. Sarebbe stato difficile mettere all'angolo i malinconici pensieri rivolti a mio padre.

«Non ho mai sentito una storia così intrigante attorno a un nome».

«Felice di essere stata la tua prima volta». Le faccio l'occhiolino e dalle nostre bocche si solleva una fragorosa risata.

Amanda sopraggiunge dal corridoio. «Cos'è questo starnazzare di oche?» chiede scherzosamente, appoggiando la testa sulla mia spalla.

«Mi stava spiegando il suo nome».

«Fai pausa con noi?» le chiedo.

«No, grazie. Ho del lavoro urgente da finire altrimenti Riccardo mi mangia viva. Bye, ladies!».

La guardiamo andarsene.

«Toglimi una curiosità, Amanda non è italiana, vero?».

«No. Lei è nata qui, ma le piace spesso far uscire la sua metà americana. Specialmente per rimorchiare».

«Dici che voleva rimorchiarmi?».

Trattengo la violenta risata che mi è salita alla gola. «Sono abbastanza sicura del contrario. Il suo prototipo di amore ideale assomiglia più a un motociclista tatuato che a un'adolescente dai lineamenti orientali».

Noemi ride e quando lo fa, si copre la bocca con la mano per nascondere il canino destro sporgente.

«Posso farti una domanda?».

UNO SPRITZ CON VENEREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora