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Aprii gli occhi e il mal di testa si fece più forte.
Mugugnai.
Non ricordavo niente di quella sera che andasse oltre al gioco ricco di alcolici.
Indossavo ancora i vestiti della scorsa sera, così decisi di alzarmi e fare una doccia. Mi stiracchiai e toccai con il braccio qualcuno. Sobbalzai per lo spavento. Accanto a me c'era Eren. Un brutto pensiero invase la mia mente.
Si svegliò e mi lanciò un'occhiataccia.
«Scendi subito dal mio letto!» gli dissi.
«Cinque minuti...» si lamentò lui.
Lo spinsi giù dal letto. Come aveva fatto ad arrivare a casa e per giunta nel mio letto?
«Dimmi che io... tu... noi non-» iniziai a balbettare. Era impossibile, ero ancora vestita!
«Avrei anche potuto farlo, non c'era nessuno in casa, ma eri simile a un cadavere quindi ti ho lasciata stare. Sta' tranquilla.» disse «Non sono un tipo che va a letto con la prima che capita.» si alzò e si sedette sul letto con una smorfia.
«Come sei finito qui?» gli chiesi.
«Ieri siamo tornati troppo tardi e volevi un aiuto per salire in camera. E poi hai detto che se me ne fossi andato ti saresti messa ad urlare.» fece spallucce.
Arrossii all'istante, non potevo averlo fatto sul serio!
«Se qualcuno si accorge della tua presenza sono morta!» lui rise e raggiunse la porta.
«Me ne stavo giusto andando.» mi sorrise e aprì la porta.
Lo seguii timidamente fino all'ingresso.
Per fortuna non c'era nessuno, tranne Jean che mi guardò infuriato. Prima che potesse parlare, sbuffai e salii in camera.
Mi guardai allo specchio e arrossii: il mio aspetto non era dei migliori, i miei capelli sembravano quelli di una vecchia pazza e il trucco sbavato. In meno di due giorni avevo fatto troppe brutte figure davanti a Eren.
Non osavo pensare a cosa avevo la sera precedente.
Mi infilai in doccia cercando spazzare via quei pensieri, mentre sentivo la voce di Jean che imprecava contro il suo migliore amico.

Erano le quattro e l'aereo ritardava ad arrivare. Quel giorno sarebbe arrivato Falco, mio cugino di 12 anni. Per un periodo avrebbe abitato nella nostra casa, visto che mia zia stava affrontando una gravidanza difficile e nessuno poteva occuparsi di lei al 100%.

Tra la folla scorsi i bellissimi capelli biondo cenere, seguito dal suo accompagnatore; e dopo un po', un viso sorridente pieno di euforia, che veniva verso di me e mio padre.

«Sono arrivato finalmente!» strillò Falco. Gli sorrisi.
Dopo i saluti, andammo verso l'auto e Falco cominciò a parlare a raffica, raccontandomi di tutto e di più. Aveva già programmato la sua routine e la sua presentazione nella nuova classe.
Sprizzava felicità da tutti i pori.
Furono le due ore più lunghe della mia vita.

Non tornai a casa, ma andai a casa di Mikasa. Avevamo legato subito e ci tenevamo in contatto anche fuori da scuola.
Mi aprì la porta una signora alta con capelli neri raccolti in una coda e gli occhi marroni.
Somigliava a qualcuno di mia conoscenza, ma scacciai subito quel pensiero.
«Tu sei T/n, giusto?» mi chiese.
«Si sono io.»
«Io sono Carla.» mi porse la mano. Odiavo stringere la mano alle persone, non sapevo se stringere forte o piano.
Nonostante ciò ricambiai la sua stretta, leggera, ed entrai.
Mi sedetti sul divano e dopo alcuni minuti Mikasa sbucò in cima alle scale e mi disse di salire su da lei.
La sua camera sembrava una "rosa rossa". Le pareti erano rosse fuoco, il letto bordeaux e l'armadio del medesimo colore. Anche il resto dell'arredamento era prevalentemente rosso, a differenza di qualche mobile bianco.
«Dai così però mi farai odiare il rosso però!» le dissi.
Lei tirò fuori dal cassetto una matita rossa e la puntò contro di me.
«È per questo che ti adoro!»
«Allora... perchè sono qui? Dovevi dirmi qualcosa giusto?» lei annuì e posò la matita rossa.
«È arrivato tuo cugino?»
Come faceva a saperlo?
«Sì, ma come lo sai?»
«Tuo fratello...» abbassò lo sguardo.
Restammo in silenzio, un silenzio quasi imbarazzante.
Fu lei a romperlo.
«Ho una cotta per tuo fratello.»
«Davvero? Per quella faccia da cavallo?»
«Hey!» ritornò seria.
«Siamo sepre stati "vicini"...» disse mettendo tra virgolette l'ultima parola «ma ultimamente lo guardo con occhi diversi, ogni volta che penso ad un suo gesto dolce non posso fare a meno di sorridere. Ho paura di fraintendere tutto, di rovinare tutto... se solo lo venisse a sapere Annie-»
«Annie?»
«Lei lo ama con tutta se stessa T/n!»

[⚠️: seh Annie in questa storia è innamorata di Jean...]

«Che confusione!» Mi alzai e cominciai a camminare per tutta la stanza. «Cosa intendi fare?»
«Tenere tutto per me e dirlo solo a te?»
Scossi la testa. Mi piaceva l'idea di vederla con mio fratello.
«Ho un piano per capire se è interessato a te!»
Le mie stupide idee venicano in superficie.
Mi raggiunse.
«Spara!» iniziai a togliermi la maglietta.
«T/n, cosa stai-»
«Metti questa e io metto la tua. Quando vuoi vieni a casa mia a ridarmela e vediamo la reazione di mio fratello.» scoppiò a ridere e si butto sul letto.
«Che c'è!?»
«Ma che piano è? È l'idea più stupida che abbia mai sentito! Un babino saprebbe fare meglio!» rise più forte. Mikasa aveva la risata più strana di tutti, e anche la più contagiosa.
«Funzionerà, fidati!» le porsi la maglietta.
Qualcuno aprì la porta.
«Dai Mikasa devo studiare, chiudi quella bocca e-» Eren.
Mi vide e sgranò gli occhi.
La situazione poteva risultare molto equivoca: Mikasa sul letto, e io senza maglietta... E infine Eren scandalizzato. Ripresi la maglietta e me la rimisi subito.
«Non è come pensi!» dissi e lui incrociò le braccia divertito appoggiandosi allo stipite della porta.
«Vuole farsi un tatuaggio e mi ha fatto vedere la zona!» Mikasa era un'ottima bugiarda.
«Oh certo!»
«Non mi credi?» alzai gli occhi al cielo e lui sorrise.
«No.»
"Ok T/n, non arrabbiarti, stai tranquilla, è solo stupido..."
«Scusa Mikasa, ma io me ne vado.» Lei rise e la salutai.
«Ti accompagno.» disse lui.
«Oh no, scordatelo.»
«Andiamo T/n, fidati del gatto, ti indicherà la direzione giusta»
"Tu credi simpatico?" pensai sarcastica.
Mi "trascinò" letteralmente fuori e mi aprì anche la portiera della macchina. Era odioso.
«Almeno un grazie?» accese il motore e partì.
«Non ti ho chiesto il passaggio.» incrociai le braccia e lui accennò un sorriso. La fossetta che si era formata con quel sorriso.
"Oddio".
Guardai fuori.

Spense il motore, eravamo arrivati. Aprii la portiera e scesi.
«Grazie Eren.» lo guardai con aria di sfida.
«Domani alle sette passo a prenderti.»
«Cosa!? Stai scherzando spero!»
Perchè stavo iniziando ad urlare? Perchè?
«Ricordati che me lo hai promesso. A domani piccola T/n.» mi sorrise e partì prima che potessi lamentarmi. Ero stata appena invitata ad un appuntamento.
I pensieri felici invasero la mia mente.

[1142 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞]

𝗒𝗈𝗎 𝖼𝗈𝗆𝗉𝗅𝖾𝗍𝖾 𝗆𝖾 . 𝖾𝗋𝖾𝗇 𝗃.𝗑𝗋𝖾𝖺𝖽𝖾𝗋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora