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A scuola cercai di evitare tutti e ci riuscii benissimo. Scelsi gli ultimi banchi, durante l'intevallo mi nascosi in bagno e per la pausa pranzo restai in classe. Quel giorno non riuscivo a concentrarmi.
Avevo dei crampi allo stomaco e mi tormentavo chiedendomi se Eren sarebbe venuto o no. Mi odiavo ancora di più per questo. Non potevo pensare a lui. Anche se era carino, anzi bellissimo, era deficiente.
Il mio stomaco non voleva saper parlare di cibo.

Alla fine decisi: non sarebbe venuto.
Entrai nella macchina di Jean e feci un respiro profondo. "È tutto finito T/n, non pensarci più..." mi dissi.
«Dove sei stata oggi? Non ti ho vista da nessuna parte. Mikasa e Annie mi hanno detto che le hai evitate tutto il tempo.»
«Stavo poco bene.» mentii.
Jean mi guardò.
«Non sono affari miei vero?»
«Già.»
Amavo Jean quando si immischiava troppo nella mia vita. Non eravamo fratelli, ma migliori amici, c'era sempre per me anche quando facevo di tutto per stargli lontano.

Il pomeriggio trascorse troppo lentamente e nonostante feci dei compiti extra, il tempo passava lo stesso lentamente.
Guardai l'orologio: 5:30. Mi buttai a pancia in giù sul letto.
Cosa mi stava succedendo? Forse mi ero presa una cotta pure io?
NO. Non potevo e specialmente non doveva essere Eren.
Chiusi gli occhi per un attimo, dovevo distrarmi. Ci riuscii così bene che mi addormentai.

Qualcuno mi stava scuotendo il braccio. Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte mio fratello Jean.
«C'è Eren di sotto che ti aspetta.»
Il mio stomaco diventò di cemento.
Probabilmente era giù con un mazzo di rose e mi aspettava, mentre io ero in pigiama.
Cacciai Jean dalla mia camera e aprii l'armadio.
Cosa dovevo mettere? Come era vestito lui?
Se aveva un mazzo di rose era sicuramente elegante.
Scelsi un jeans bianco e un top nero. Meglio essere semplice che pazza fuori di testa in certe occasioni. Velocemente mi pettinai, misi un filo di trucco e scesi giù.
Non c'erano né fiori, né un ragazzo vestito elegante.
Stavano giocando alla play e non si accorsero di me.
Mi schiarii la voce.
«Oh, ecco la piccola.» disse Eren alzandosi.
Mio fratello lo imitò e ci guardò con aria sospettosa.
Eren era vestito semplice: jeans e maglietta bianca. E io che mi ero fatta i complessi!
«Andiamo?» mi chiese.
«Andiamo.»
«Eren io ti ammazzo, sappilo.» disse Jean. Io gli sorrisi e uscii. C'era un po' di vento. Dovevo sperare solo che non peggiorasse.
Salii in macchina e restammo in silenzio.
Non ce la facevo più.
«Dove andiamo?» gli chiesi.
«In un posto isolato.»
«Mh mh...!» risi.
Calò il silenzio e con esso arrivò la situazione di imbarazzo perenne.

«Arrivati!» esclamò.
Mi aiutò a scendere. Davanti a noi c'era solo la campagna e in fondo, legati ad un albero, c'erano due cavalli.

Mi aveva portata a cavalcare!

Il sole stava tramontando e rendeva il tutto magnificamente romantico. Eren fece una cosa inaspettata: mi prese per mano e mi guidò in mezzo all'erba. Il mio cuore stava scoppiando.

Sapevo andare a cavallo, per fortuna. Da piccola passavo le vacanze in fattoria dai nonni, i quali mi avevano insegnato a cavalcare.
Eren mi guardò stupito quando mi vide salire con disinvoltura.
«Allora, andiamo?» gli chiesi con un sorriso da ebete.

Era bellissimo.

Salì anche lui e iniziò la nostra passeggiata a cavallo.

«Perchè ti sei trasferita nella nostra scuola? Jean non ha voluto dirmelo.»
Fu come una pugnalata al cuore. Mi irrigidii. La paura si impossessò di me; dovevo trovare una scusa.
«Non mi trovavo bene...» Mentii.
«Meglio per noi; abbiamo fatto un'ottima conquista, anche se molto irritante.»
Alzai gli occhi al cielo.
«Sei tu quello che rompe.»
«Vedi? Stai iniziando di nuovo. Neanche si può scherzare!»
Eccoci ancora al punto di partenza... sempre e solo a litigare!
«Vorrei darti un pugno!»
«E io che ti amo!»
Non per quale motivo, ma quella frase, anche se era detta per scherzo, mi aveva fatto uno strano effetto. Il battito era aumentato e mi sentivo le guance rosse. Stavo impazzendo!

Improvvisamente Eren passò al galoppo e lo seguii. Cavalcavo dietro di lui, mentre il Sole era quasi scomparso e sembrava che noi lo stessimo inseguendo per non lasciarlo andare via.

All'improvviso si fermò e scese da cavallo. Lo imitai e dopo aver lasciato i cavalli accanto ad una staccionata si sdraiò a terra. Incrociò le braccia dietro la testa e mi guardò.
«Perchè mi hai portata qui?» chiesi.
«Non lo so, mi andava...»
Odiavo le risposte prive di significato.
Mi sdraiai accanto a lui.
«Perchè?» domandai ancora.
«Stai diventando stressante.» era irritato dalla mia testardaggine.
«E io invece credo che stia diventando imbarazzante. Questo silenzio che si crea è imbarazzante.»
Ecco. L'avevo detto.
«Invece dovresti apprezzarlo; il silenzio è la via di comunicazione migliore, puoi dire tutto o puoi dire niente. Invece le parole spesso sono inopportune e rompono il silenzio che è pura armonia. Dovresti imparare a parlare di meno T/n.» terminò la frase con dolcezza e pronunciò il mio nome scandendo bene ogni singola lettera. Non seppi rispondere, non me lo aspettavo. Rimasi sdraiata in silenzio, con un vuoto nello stomaco, e mi pentii subito di ciò che avevo fatto.

Eren si alzò, si pulì le mani nei suoi jeans, prese il suo cavallo e mi lasciò lì. Non avevo neanche il coraggio di seguirlo. Quelle parole dette da lui avevano un certo peso che mi aveva ferita.

Jean era profondamente irritato e quando seppe il motivo per cui Eren mi aveva lasciata lì, aveva accostato e chiamato Eren. Quella chiamata fu un'insieme di urla, imprecazioni e molto altro. Alla fine avevano litigato ed io mi sentivo ancora più in colpa, non solo per Jean, ma anche per Annie e Mikasa.

[962 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞]

𝗒𝗈𝗎 𝖼𝗈𝗆𝗉𝗅𝖾𝗍𝖾 𝗆𝖾 . 𝖾𝗋𝖾𝗇 𝗃.𝗑𝗋𝖾𝖺𝖽𝖾𝗋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora