Cattivo

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Cattivo.

Mirabel aveva pensato a lungo all'aggettivo con cui avrebbe potuto definire "Shady sono tutto io" Wells. Celeste, ad esempio, che dal loro "incontro" in mensa era uscita più furiosa di lei, aveva ribadito che definirlo "stronzo" sarebbe stato riduttivo e che ce ne sarebbero voluti più d'uno, di aggettivi – ancor meglio se detti tutti di fila - per rendergli giustizia: borioso, bullo, arrogante, presuntuoso e coglione (ma grande) erano stati fra quelli.

Mirabel si era limitata ad annuire in silenzio, evitando di commentare: "Te l'avevo detto io". Le era sempre suonata supponente e inutile quella frase da "senno del poi" tesa a sottolineare in ritardo un errore già fatto; troppo semplice dare pareri, consigli, giudizi o fare previsioni su come sarebbero andate a finire le cose, quando non vi si era coinvolti direttamente o non se ne conoscevano bene gli attori.

Stavolta, però, quella frase ci sarebbe (e le sarebbe) stata bene, perché gliel'aveva detto lei, in tempo non sospetto, che sarebbe stato impossibile tenere i nervi saldi e mantenere salda in faccia la loro maschera di allegra indifferenza con un tipo come Shady Wells. Te la tirava fuori da dentro, lui, la rabbia che non sapevi nemmeno di avere o che ti eri illusa di aver sconfitto nel tempo. Sembrava che ci godesse a immergere gli altri nella sua oscurità per far emergere il loro lato più oscuro e sentirsi, così, meno solo.

Il fuori, d'altronde, era sempre un riflesso del dentro. E se dentro c'erano solo ombre, prima o poi quelle ombre si sarebbero riflesse anche nel fuori. Così, finalmente, anche Celeste aveva potuto aprire gli occhi ben oltre le apparenze e provare sulla sua stessa pelle quanto potesse essere frustrante avere a che fare con un soggetto del genere; adesso, avrebbe potuto comprendere fino in fondo il motivo per cui Mirabel si era sempre sentita così insicura e impotente di fronte alla sua arroganza – anche se Mirabel stessa non avrebbe mai potuto prevedere con quale esisto.

Il primo giorno di scuola, lei e la sua amica si erano ripromesse di essere sempre la versione migliore di se stesse. E lei, volente o nolente, era sempre stata gentile con Shady fino a quel momento; non solo perché era il figlio adottivo dei Wells, ma anche per quella sua inclinazione naturale alla cortesia e alla positività che l'aveva portata a sperare che il suo arrivo sarebbe stato per tutti un nuovo inizio.

Nei giorni successivi al loro "scambio" in mensa, però, lui si era dimostrato talmente instancabile nel darle il tormento che lei si era ritrovata con le mani legate, impossibilitata a reagire alla sua sgarbataggine proprio per la sua stessa inclinazione naturale e perché lui era il figlio adottivo dei Wells. Presto si era dovuta arrendere al fatto che, qualsiasi cosa avesse detto o fatto, lui l'avrebbe letta comunque nel modo sbagliato.

Sorridere. Fare l'indifferente. Evitarlo il più possibile. Niente sarebbe valso a cambiare le cose fra loro. Anzi. Più lei cercava di andargli incontro per recuperare un rapporto - o, al contrario, di lasciarlo perdere perché irrecuperabile - più lui andava a cercarla per darle contro. Ogni suo gesto, ogni sua parola - anche se mossi dalle migliori intenzioni – venivano letti come provocazioni, solo altre occasioni per offenderla, quasi che fosse stata la sua esistenza, o il fatto che respirassero la stessa aria, a offenderlo e a provocargli certe reazioni, o che per lui fosse diventato un passatempo o un divertimento darle il tormento.

Sulla base del nulla, poi, secondo il tipico atteggiamento da "bulletto" che preferiva sfogare la sua rabbia sul mondo esterno per non doversi guardare dentro - onde poi accusare lei di essere una "bigotta" piena di "pregiudizi". Era convinto di sapere tutto, lui; ma la verità era che non voleva sapere niente nemmeno di, e su, se stesso.

Altro che "Shady sono tutto io Wells": avrebbe dovuto chiamarlo Shady "non so chi sono" Wells - cosa che, in effetti, fece fra le pagine del suo nuovo, vecchio, diario; l'aveva ritrovato per caso durante uno dei suoi sfoghi da svuotamento dei cassetti serali nell'illusione che, mettendosi a svuotare e a riordinare i cassetti della sua camera, sarebbe riuscita a svuotare e a riordinare anche i suoi cassetti mentali, laddove si erano annidati i suoi pensieri contorti e confusionari.

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora