Promesse

35 2 4
                                    

Il giorno dopo, al risveglio, Shady si era arreso al bisogno.
Di vederla.
Di toccarla.
Di pararle.
Di spiegarsi.
Di accertarsi che lei sarebbe stata ancora disposta ad ascoltarlo, dopo il disastro che aveva combinato.

Da ore cercava d'ignorare, d'ingoiare, il nodo che gli stringeva gola e stomaco. Dopo lo scontro con Mirabella sotto il portico, aveva osservato  V. buttarsi sulla tavola imbandita con la voracità di una che aveva troppa erba in corpo, troppi pochi soldi in tasca e una quantità di cibo in bocca di una qualità a cui non era mai stata abituata.

Non aveva affatto esagerato, V., su quella cosa di essere affamata cazzo. Il suo modo di sporcarsi la faccia e di leccarsi i baffi, intingendo le dita smaltate di nero nella salsa rosa, aveva lasciato la nonna senza parole. Aveva la faccia di una che si era tirata in casa per sbaglio una gatta randagia a cui aveva tirato sul muso una ciotola di latte.

A cose normali, Shady avrebbe riso del suo shock da attentato casalingo e avrebbe lasciato che il suo disprezzo per quel tormento da finto perbenismo fluisse liberamente all'esterno, simile a un torrente impossibile da arginare né da confinare entro i limiti di un sorriso storto e tortuoso. In quel momento dove niente era normale, però, era stato impossibile lasciarsi andare a una risata torrenziale.

Erano state ore infinite di fitte allo stomaco e di scintille alla testa, che gli avevano fatto provare il solo desiderio di fare il bandito col tavolo imbandito e di rovesciarlo addosso a tutti per essere finalmente bandito da tutto e da tutti - da quel posto del cazzo, dalla nonna del cazzo, perfino dalla V. di "vaffanculo".

Ci era mancato poco che Shady non ce l'avesse mandata sul serio, a fan culo, quando lei aveva iniziato a sferzarlo con le sue domande da presa per il culo sul motivo per cui stava lì, muto e inerme, con le spalle tese e la faccia di uno che sembrava sul punto di vomitare.

Era davvero stronza, V., quando ci si metteva. E più acuta di una spina, anche - specialmente quando decideva di usare la sua lingua biforcuta su di lui in un modo diverso che sul suo corpo. Voleva attirarlo, tirarlo, in una trappola da attentato al suo orgoglio, quella linguetta impertinente e sapiente che sapeva usare in tutti i sensi e su tutti i suoi sensi.

Stavolta, però, Shady non ci sarebbe cascato e anzi: ne avrebbe fatto un puntiglio e avrebbe continuato a impuntarsi nel suo silenzio ostinato. Non aveva appetito né voleva starsene lì, seduto a un tavolo dove si era sempre rifiutato di sedersi prima dell'arrivo di V. e del suo appetito drogato.

Soprattutto, era arci-stufo di essere analizzato in lungo e in largo, da tutto e tutti, minuto per minuto, come se fosse stato il groviera al centro del tavolo, così pieno di buchi, di spazi mancanti e mancati, che tutti gli affamati di cazzi suoi credevano di poterli riempire con le supposizioni o su cui pretendevano di avere delle spiegazioni.

Peccato che, se pure avesse voluto dargliele - cosa che, ovviamente, non era - non ce le avrebbe avute nemmeno lui quelle spiegazioni sui buchi bulimici che sentiva dentro lo stomaco e su cui perfino lui aveva dovuto fare delle supposizioni.

Ne aveva sempre avuta troppo poca di fantasia per inventare cose sui cazzi suoi da poter dire, rifilare, giustificare a chi si faceva i cazzi di tutti tranne che i suoi, anche se si fosse trattato di chi, come V., avrebbe potuto avere qualche diritto di farseli solo per aver fatto parte della sua vita con la "v".

C'era stato perfino un momento in cui, a furia di dover evitare sguardi diretti solo a lui, il suo sguardo si era diretto sul suo stesso viso riflesso su un vassoio d'argento e, dalla sua espressione ferrea, Shady aveva capito di essere incazzato con tutto e tutti per non dover ammettere di essere incazzato prima di tutto, e soprattutto, con se stesso.

L'aveva vista la confusione da delusione dipinta sul volto di Mirabella, quella sera. Gliel'aveva letta negli occhi lucidi, nel sorriso infranto, nel tremolio di voce celato sotto i colpi di tosse; anche se aveva finto di non vedere niente, Shady aveva visto tutto di lei - e tutta lei - in ogni tratto contratto del suo corpo, come se fosse stata ritratta su un carboncino, o ricalcata sulla carta carbone, da un artista del chiaro-scuro con una netta predilezione per lo scuro.

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora