Mai dire mai

22 2 2
                                    

"Che succede, Bell?"

Oddio... perché tutti, e sopra tutti suo padre, continuavano a farle quella domanda? Mirabel si girò a guardarlo dal sedile del passeggero con un sorriso teso. "Niente... perché?" 

"Ti vedo di nuovo spenta. Ecco, perché."

Spenta.
Nessun aggettivo avrebbe potuto descrivere meglio il suo stato emotivo.
Spenta.
Tanto quanto Shady era stato spento con lei poco prima, durante il loro discorso sul vialetto.
O tanto quanto il sorriso che lui aveva deciso di spegnerle senza motivo sul viso.
O tanto quando un'ombra sarebbe riuscita a spegnere il sole.
Spenta.
Dalla delusione.
Dalla tristezza.
E dalla confusione.

"Sono solo stanca...", rispose, però. "Questa settimana è stata pesante."

Suo padre le lanciò un'occhiata di traverso. "Sicura che sia solo stanchezza? Sei molto pallida." 

No, certo che non era solo stanchezza; ma, più che sentirsi pallida e fredda, Mirabel avrebbe detto che il suo corpo stesse prendendo fuoco. Michael staccò una mano dal volante per farla planare sulla sua fronte e, vista la sua espressione accigliata, Mirabel capì di aver avuto ragione sulla sua sensazione. "Sarà meglio tornare subito a casa e chiamare il medico."

"Papà...", lo tranquillizzò lei, una mano posata sulla sua gamba. "Non servirà chiamare il medico per curare qualche linea di febbre."

"Qualche linea?! Tu scotti, Bell!" 

Al solito, suo padre aveva ragione su tutta la... linea.
Mirabel si era beccata la febbre a trentanove e sapeva anche da chi se l'era beccata, quella febbre; al centro di tutti i suoi mali c'era sempre lui - Shady "non so chi sono né cosa voglio" Wells - e il petting selvaggio che ci aveva fatto, quand'era stato lui quello a letto con la febbre.  

Dopo una settimana d'incubazione con un finale da incubo, era riuscito a passarle la sua febbre e a rovinarle un altro week-end da passare interamente a letto. Era lui il suo virus. Un virus letale e così potente da indurla a confondere i sintomi dell'influenza virale con i sintomi psicofisici dell'influenza che lui aveva sempre avuto su di lei. 

Calore da eccesso di rabbia o di passione. Mal di testa o giramenti di testa da pressione troppo alta o troppo bassa. Fiacchezza da tristezza. Pallore da delusione. On/Off. Accesa e/o spenta per eccesso e/o difetto di sentimento. Era sempre lui, Shady, ad avere in mano l'interruttore del suo stato d'animo. E quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di spiacevoli sorprese.

Sabato, all'ora di pranzo, Michael entrò in camera sua con un piatto di minestra in una mano e un telefono nell'altra. "È Mercy", le disse. "Vuole sapere come stai. Ce la fai a parlare?"

Mirabel annuì; stavolta, almeno, non avrebbe dovuto raccontarle una bugia sulla sua malattia solo per evitare di dover frequentare la sua casa e il virus letale che ci si nascondeva dentro. 

"Mercy."

"Bell... come stai, tesoro? Hai una voce orribile. Hai controllato di non avere le placche in gola? E le tonsille? Avete già chiamato il Dottor Peterson? Quando Shady è stato male, ci ha detto che in giro c'è..."

"Tranquilla", la interruppe Mirabel allo sguardo stranito di suo padre. "È solo febbre."

"Mmm", sospirò lei. "Mi dispiace che questa maledetta influenza sia toccata anche a te, Bell. E proprio oggi, poi..."

"Perché? Cosa succede oggi?" 

Seguì un attimo di silenzio che Mercy cercò di riempire a colpi di tosse. "Lui non te l'ha detto?" 

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora