Mai più

24 2 1
                                    

Shady c'era quasi riuscito a evitarla tutto il giorno. 

Quasi.
Perché, all'uscita da scuola, Mirabella l'aveva chiamato di nuovo in quel suo modo fastidioso da padrona di un cane riottoso, gli era corsa dietro lungo il vialetto d'ingresso e - fosse maledetto per sempre il giorno in cui era andato a vivere in un posto del cazzo con tre strati di ghiaccio sul cemento - stavolta era riuscita a raggiungerlo e a riacciuffarlo per lo zainetto. 

Una scena già vista che, a ruoli invertiti, avrebbe potuto anche dargli una certa soddisfazione, se solo non fosse stato che lui tutto avrebbe voluto fare quel giorno fuorché darle soddisfazione.

Così, quando si era sentito tirare indietro per le spalle, Shady aveva puntato i piedi sul cemento ghiacciato, aveva contato mentalmente fino a dieci e poi, senza agitarsi né scavarsi inutili buche sotto i piedi, si era girato lentamente a guardarla con una maschera di ghiaccio calata in faccia; se Mirabella avesse voluto parlare con lui, stavolta sarebbe stata lei quella a doversi calare una maschera di falsità dalla faccia o, in caso contrario, a doversi scavare un buco sotto i piedi per poi sotterrarcisi dentro. 

"È successo qualcosa, per caso?", gli aveva chiesto, invece. 

Gnè, gnè, gnè.

Eccola là, in quel "per caso", la solita maschera da regina indiscussa del melodramma. Vocina flebile, da flebo in vena, a cui Shady non era stato in vena di cedere. Sguardo basso, da pecorella smarrita, sotto un sipario tremolante di ciglia. Guance arrossate da bambina spiazzata, esitante. E piedi intenti a spazzare via la neve dalla strada nemmeno fossero stati una coda di paglia.

Convincente?
Sì, come sempre. Ma quel giorno non sarebbe riuscita comunque a convincerlo. Insomma, per chi cazzo l'aveva preso Mirabella? Per uno senza un briciolo di orgoglio e di amor proprio?

Per non parlare poi di quella mania che aveva di rigirargli sempre le domande, dell'arroganza supponente con cui era convinta di presupporre sempre i suoi pensieri e dell'egocentrismo prepotente con cui credeva di essere sempre al centro del suo cazzo di mondo.

C'era stato un momento, all'inizio del loro discorso, in cui avrebbe tanto voluto essere lui quello ad afferrarla per le spalle e a scrollarla tanto forte da farle sputare fuori la verità, come aveva fatto una volta a Las Vegas con una slot-machine inceppata che, invece di fare e dare i numeri giusti, faceva e dava i numeri sbagliati per evitare di sputare fuori i soldi delle vittorie. 

Ma era stato giusto un momento. Perché, a lungo andare, il suo atteggiamento irritante gli aveva fatto solo passare la voglia - che già non aveva - di parlarle. Era dovuto uscire dal suo stato di immobilità solo per rimetterla al suo posto nel mondo, cioè ai margini del suo mondo; quindi, per tutto il resto del loro inutile discorso, era rimasto fermo al suo posto, più rigido di un robot, a fissarla come un automa in attesa che lei si decidesse a dirgli qualcosa - qualsiasi cosa.

Shady, stranamente magnanimo, gliel'aveva anche data la possibilità di dargli in pasto la sua verità, prima di girarle definitivamente le spalle. Perché lui, al contrario di lei, non aveva niente da nascondere e non aveva mai giocato sporco né era mai stato falso, ipocrita o teatrale nel loro "rapporto"; anzi, era stato fin troppo schietto, crudo e spontaneo nel mettere nero su bianco le sue intenzioni e, forse, era stato proprio quello a fregarlo. 

Aveva sempre avuto poca dimestichezza e poco tempo da perdere, lui, con quelle stronzate da liceale; così che, pur avendo perso tutta la notte di giovedì e gran parte della giornata di venerdì a riflettere su quelle stronzate da liceale, ancora non era riuscito a comprendere in quale modo avrebbe dovuto affrontarle.

Il discorso di Bec-Bec l'aveva colpito come un fulmine a ciel sereno. 
Bang.
In un solo colpo Shady si era trasformato nel Cioppone tramortito di una storia dell'orrore.
Com'era quella di Mirabella?
Ah sì. 

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora