Rialzarsi

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Mirabel l'aveva sognato.
Era fermo su una porta rossa, vestito di scuro, con due ali piumate a spuntargli dalle spalle; o, forse, lui era vestito di bianco ed era la luce rossa dietro le sue spalle a farlo sembrare l'ombra oscura di un angelo ferma sulla porta di un al di là. La stava invitando a oltrepassare la soglia con una mano tesa verso di lei e sospesa nel vuoto che c'era fra loro. 

Mirabel fece un passo avanti ma, poi, tornò subito indietro al calore intenso che sentì bruciarle le membra. Stava sudando, sì. Ma di un sudore... freddo.

"Bell..."

Michael?
Mirabel si guardò intorno nella stanza buia, le braccia tese in una mosca cieca con se stessa, senza trovare nessuno al suo fianco. Era da sola, là dentro. E aveva paura.

"Papà?"

Silenzio.

"Scappa con me."

Shady.
Mirabel tornò si girò di nuovo verso la porta. La mano tesa nel vuoto, adesso, era pallida e le sue dita affilate come coltelli si stavano allungando verso il suo petto. Una fitta atroce. Uno strappo di carne. Un soffio che usciva le da dentro. E la mano di Shady che fuoriusciva da quel petto col suo cuore ancora sanguinante, e pulsante, fra le dita. 

"Mio."

Mirabel urlò a quell'immagine dell'orrore. Perché Shady le aveva strappato il cuore dal petto? E cosa ne avrebbe fatto, dopo averlo portato con sé? Mirabel si mise a correre dentro la stanza per trovare una via d'uscita, ma quella stanza le sembrò essere più buia, tonda, e infinita del mondo sconosciuto che aveva sempre temuto. 

"Dove vuoi andare senza cuore né anima, Mirabella? Seguimi. Tu non puoi vivere senza di me."

Mirabel si tappò le orecchie e continuò a correre in tondo senza fiato né meta. Avanti. Indietro. In lungo. In largo. Dentro un circo di rimbalzi e di echi attutiti dai gridi. Ovunque stesse cercando di andare, non sarebbe andata da nessuna parte senza di lui. Perché il suo ovunque era lui e lei se lo sarebbe portato ovunque. Nella luce. Nel buio. Nella veglia. Nel sonno. Nel sogno poco lucido che sarebbe diventato un incubo.

"Okay, ce ne andremo senza di te."

Un verbo al plurale.
Un'altra ombra accanto a quella di Shady sulla porta rossa, mano nella mano con lui, bianca e nera con tatuaggi di lava lungo le braccia. Mirabel la vide allungarsi su Shady per strappargli il suo cuore sanguinolento di mano e iniziare a divorarlo. Denti bianchi affondati sulla sua carne rossa e palpitante. Rivoli di sangue a scivolarle lungo il mento. Occhi affilati e ridenti su di lei.

"No!", gridò. "Ridatemi il mio cuore!" Mirabel si lanciò verso la porta rossa, ma non in fece in tempo a raggiungerli che loro l'avevano già varcata con passo sicuro per poi dissolversi nel fuoco. Qualcosa di viscido scivolò sotto i suoi piedi tremanti. Un avanzo di cuore. Solo un pezzo di carne morto. Tutto ciò che le restava della sua anima e del suo amore.

Poi la luce nella stanza si spense del tutto e il buio la inghiottì in un buco. Nessun rifugio. Nessun guscio. Nessun utero. Solo un tunnel infinito di rami spogli, e spinosi, che la spogliarono di tutto. Ci era caduta dentro come un Alice senza meraviglie. Una distrazione. Uno scivolone. L'impatto col fondo ghiacciato. Il sudore freddo. Mille aghi a bucarle il petto, la gola e il braccio. Il dolore, un dolore livido, che diventava sempre più forte. Le unghie che raschiavano il vuoto. Il segnale ormai quasi sedato.

Bip. Bip. Bip.

- - -

"Bell... non lasciarmi anche tu, ti prego."

- - -

Era stato suo padre a ritrovarla addormentata nel bosco, dopo quattro ore dalla sua fuga di casa e dalla sua corsa folle senza meta né destinazione. Ed erano state le sue suppliche accorate da principe indiscusso del suo cuore a riportarla indietro, nella realtà. 

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora