Infiniti attimi

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Mirabel lo pregò - anzi, lo supplicò - di lasciarla andare; anche se non avrebbe mai voluto né dovuto farlo, perché lei aveva ragione e lui torto e lui l'aveva trattata troppo male e lei stava poco bene, ma non ce la faceva più a stare lì, inchiodata alla porta e ai suoi pregiudizi, con gli occhi gonfi di febbre e di tutte le lacrime che non aveva più versato negli ultimi tre anni.  

Ci aveva provato a trattenerle nelle palpebre, quelle lacrime, ma a lungo andare Shady era riuscito a fargliele versare lungo le guance e, dopo averla vista piangere, aveva continuato lo stesso a infierire su di lei, dandole della bugiarda, della finta santarellina, della bigotta piena di pregiudizi, della bambina viziata che viveva solo di fantasia e di malizia.

E ci aveva provato a capirlo, perché troppo alterato dall'alcol e arrabbiato per il compleanno; lui, però, non aveva provato a fare altrettanto con lei né a capire le sue ragioni e, anzi, dopo averla accusata di un tutto su cui niente era vero, era stato il primo a giudicarla senza darle possibilità di appellarsi alla verità. 

Shady aveva creduto a tutti fuorché a lei proprio come avevano fatto tutti gli altri prima di lui, a parte i suoi cari, e ogni parola che gli era uscita dalla bocca aveva ucciso la sua illusione che lui potesse essere diverso dalla gente del suo paese tanto che, adesso, Mirabel faticava a trovare la ragione per cui si era fatta quell'illusione. 

Non era mai stata una bugiarda, al limite poteva essere stata un'egoista. Aveva omesso di dirgli cose a cui non sarebbe voluta tornare nemmeno col pensiero e l'aveva fatto solo a fin di bene (in primis del suo stesso bene) non certo per uscirci bene con lui o per voler passare da quella che non era. Ed era stata sincera sul fatto che non avrebbe avuto motivo di raccontargli di Trevor, dal momento che lei e Shady non stavano insieme. 

Che poi, quello, era anche il motivo per cui, all'inizio del loro litigio - pur avendo avuto in testa il cruccio dopo il suo discorso con Celeste - Mirabel aveva escluso che Shady potesse essersela presa con lei per la storia di Trevor; sinceramente tutto avrebbe pensato lei, fuorché che lui se la sarebbe presa così tanto da pensare di essere stato stato preso in giro.  

Ma non aveva fatto i conti col suo orgoglio, perché Shady aveva un orgoglio espanso e, secondo lui, lei glielo aveva deliberatamente calpestato. Avrebbe dovuto giustificarlo per questo "difetto congenito"? Affatto. Affari suoi, se gli rodeva di averla difesa con Trevor per niente o se credeva di aver fatto la figura dello zerbino o se, da Zeus assiso sul trono, reputava di aver perso troppo tempo dietro la sua gonnella senza aver ottenuto niente indietro. 

Mirabel non lo reggeva più il peso dei suoi occhi bui, scuri, impietosi, resi ancora più nebulosi dai dubbi che nutriva nei suoi confronti. Aveva già conosciuto quegli occhi, in passato, ed era stanca di combattere con la gente che cercava di strapparle via il sorriso dal viso per illudersi di vivere meglio o di dover giustificare le cattiverie della gente per poter continuare a vivere sorridendo. Star là, imprigionata fra le sue braccia e annichilita dal suo sguardo ebbro e giudicante, in attesa della prossima cattiveria che gli sarebbe uscita dalla bocca sarebbe stato solo un controsenso. 

"Lasciami andare", ripeté, quindi, stavolta in un tono più determinato.

"Non posso."

"O non vuoi?"

"È lo stesso."

"E cosa vuoi da me, Shady?"

"Sapere se eri innamorata di lui."

"Ti prego, no...", lo implorò lei, di nuovo.

"Ti ho fatto solo una domanda."

"Perché? Tutt'a un tratto, ti interessa sapere la mia versione dei fatti?"

Come un'ombra col soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora