Capitolo 17

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"Non fidarti di quello che vedi, anche il sale sembra zucchero."

Lo seguo fino all'ascensore ed entro dopo di lui.

Dopo aver premuto il pulsante per il secondo piano si mette braccia conserte e mi fissa spudoratamente.

Fa percorrere lo sguardo su tutto il mio corpo soffermandosi sulla gamba ferita ma non fa domande.

Come se vorrebbe chiederlo ma non vuole ferire il suo orgoglio bastardo.

<<Finito di farmi i raggi x?>> Domando scorbutica.

Riporta gli occhi nei miei prima di rispondere.

<<Non mi sembra che tu ti sia trattenuta dal farlo a me. Quindi non vedo perché non possa farlo anche io.>> Alza un angolo della bocca divertito.

<<Sei una vera testa di cazzo, ce la metti proprio tutta a farmi incavolare.>> Sbraito.

<<Un camionista è meno volgare di te.>> Alza gli occhi al cielo.

<<Ho per caso chiesto un tuo parere? Non mi sembra, quindi chiudi quella cazzo di bocca.>> Gli ordino arrogante.

Guarda altrove e sussurra fra sé e sé. <<Te la farò pagare Alex.>>

Proprio in quel momento si aprono le porte dell'ascensore ed esce prima di me tagliandomi la strada.

Coglione.

Si dirige verso la sala di controllo.

Mi trattengo dal tirargli un destro, altrimenti riprenderemmo a discutere e mi ha già fatto venire il sangue al cervello.

Raggiunge il computer collegato al grande schermo che ricopre l'intera parete e smanetta sulla tastiera.

Ora che gli sto di spalle ne approfitto per osservarlo meglio.

Da dietro noto la parte inferiore della testa rasata, mentre il ciuffo sbarazzino è coperto da un berretto a visiera nero portato al contrario.

Da qui le sue spalle sono ancora più ampie di quanto mi aspettassi e noto un tatuaggio partire dal collo, coperto dalla maglietta nera Palm Angels.

La vita leggermente più stretta gli dà una forma armoniosa che finisce in bellezza con un sedere di marmo e delle gambe possenti fasciate da dei jeans neri strappati.

Chi non proverebbe attrazione per un figo del genere?
Peccato per la sua bocca arrogante.

Distolgo lo sguardo dal suo corpo quando proietta un video sul grande schermo, e mi avvicino.

La scena raffigura una delle nostre stanze per gli interrogatori, c'è un sospettato legato ad una sedia, con nessun altro oggetto nella stanza.

Le sue condizioni sono pietose, lo avranno stremato.

Improvvisamente inizia a tremare convulsamente, per poi perdere completamente segnali vitali.

Come se avesse preso una scossa elettrica.

Conosco bene la sensazione...

Dylan si volta verso di me braccia conserte.

<<Sono tutti morti così. Esaminando i corpi, i nostri dottori hanno trovato dei cip impiantati alla base del collo non rilevabili da macchinari, fortunatamente non segnano la posizione. Supponiamo siano stati impiantati a tutti i soldati di Ortega, in caso di cattura come questo.
Lui avrà il meccanismo per far partire la scossa letale che li ha uccisi, che funziona anche a chilometri di distanza.>>

<<Figlio di puttana.>> Dico fra me e me.

Mi incammino verso la porta. <<Voglio vedere i corpi.>>

<<Non sono più qui, tuo fratello li ha fatti bruciare per sicurezza.>>

<<Siamo certi che non sanno la nostra posizione?>>

Fa per rispondere ma ricevo una chiamata dal nonno.

Dopo la nostra litigata sono indecisa se rispondere ma alla fine accetto la chiamata.

<<Sayah aiutami.>> La sua voce arriva in un sussurro.

<<Cosa succede? Dove sei?>>
Mi allarmo.

<<A casa, un incendio.>> Sospira con difficoltà.

<<Sto arrivando tieni duro.>> Attacco e cammino più velocemente possibile.

<<Dovrebbero aver già ricevuto l'allarme, ma comunque va ad avvisare Alex che sta andando a fuoco casa nostra, sei più velocemente di me al momento.>>

Lui annuisce e corre verso le scale d'emergenza per fare prima.

Cerco di non badare al dolore acuto alla gamba e corro.

Chiamo il 115 dando subito le coordinate di casa sperando arrivino prima possibile.

Entro in auto e sto per partire quando mi raggiunge Dylan e salta in macchina seguito da mio fratello.

Non aspetto altro e metto in moto.

Corro per le strade di Los Angeles come non ho mai fatto.

Sorpasso le macchine a tutta velocità non badando alla possibilità di fare un incidente, ora la mia priorità è salvare nonno.

Sento il sangue sgorgare dalla mia ferita ma non me ne curo.

Delle jeep ci raggiungono, suppongo nostri soldati chiamati da Alex.

Arrivo parcheggiando malamente la macchina e mi fiondo dentro la casa in fiamme.

L'incendio è grave, c'è fuoco e fumo da ogni parte.

Spalanco la porta tirandomi la maglietta sul viso e corro alla ricerca di nonno.

Vengo seguita da tutti gli altri e affiancata da Dylan.

<<Dove potrebbe essere?>> Mi arriva la sua voce ovattata.

<<Proviamo nel suo ufficio.>>

A difficoltà ci spingiamo verso le fiamme, Dylan si mette davanti a me per proteggermi ed avanza cercando le vie meno pericolose, anche se non sono molte.

In quel momento sento le sirene dei vigili del fuoco e dell'ambulanza, ma per quando apro la porta del suo ufficio, è troppo tardi...

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Purtroppo i Morrison continuano ad assestare colpi, uno più duro dell'altro. Soprattutto dopo questo, perché nulla sarà più come prima.

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