Capitolo 9

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Kaylee

Cosa stavo dicendo?

Ah già, che non credo ai miei occhi. Hunter non sembra più lui e soprattutto non sembra nemmeno più umano.

Ringrazio chiunque lassù per avermi fatto appoggiare la mano al muro, altrimenti ora sarei al suolo con un bel trauma cranico.

Da dove posso iniziare?

Per esempio, dal fatto che indossa solo dei pantaloni grigi della tuta.

Niente felpe extra large che tentano di nasconderlo, nessun cappuccio, niente di niente, solo il suo corpo statuario da Dio greco.

Passo gli occhi sui suoi dorsali, guizzanti e pronunciati, sulle spalle larghe ma non troppo e, infine, sul culo sodo, perfettamente scolpito, che si intravede dalla tuta.

«Non mi piace quando la gente mi fissa» scandisce e io sposto gli occhi, colta con le mani nel sacco.
«Non ti stavo fissando» borbotto e improvvisamente la tv spenta acquista una grande importanza.

Che carattere di merda che si ritrova!

«Ah no?» percepisco il suo ghigno, anche se è ancora di spalle.

Un prurito fastidiosissimo mi sale sulle dita per poi diffondersi sulle braccia, tant'è che fremo dalla voglia di tirargli una sberla.

Esatto, quella avrei dovuto dargli quando mi ha dato della poco di buono.

«No.» grugnisco «Stavo solo, i-insomma, stavo- In ogni caso, non ti interessa.»

Hunter si volta e, per tutti gli dei, quanto vorrei che non l'avesse mai fatto.

I miei occhi, contro la mia volontà, scendono su ogni singola gobbetta dei suoi addominali pronunciati, fino ad arrivare alla sua v scolpita e al suo-.

Fanculo.

Sposto lo sguardo, irritata.

È solo un ragazzo, esattamente identico ad altri milioni. Tutte queste scene non sono necessarie.

Hunter appoggia i due piatti che teneva in mano sulla penisola, dove ha apparecchiato, così mi avvicino.

«Hai preparato la carbonara?»
Lo osservo con la coda dell'occhio mentre si dirige verso il frigorifero e, con mia grande sorpresa, noto che mi sta osservando di sottecchi.

Parte dalla maglietta che mi ha prestato per poi scendere sulle mie gambe, quasi totalmente scoperte. Poi, si lecca le labbra.

«Birra?» domanda allora e la sua voce non mi è mai sembrata più sexy di così. Istintivamente, stringo le gambe.
«No, non mi piace.»

Mi siedo alla penisola sotto il suo sguardo attento.
«Coca cola?»
«Perfetto, grazie.»

Osservo il piatto con una quantità spropositata di pasta alla carbonara, il cui profumo fa presupporre che sia semplicemente squisita.
Poi osservo l'orologio. 
«Hai fame a quest'ora?»

Inclina di poco di lato il capo con un fare da bimbo. Arriccia il nasino in un modo tenerissimo, per nulla adatto alla sua persona.
«Perché, tu no?»

Scuoto il capo e presso le labbra, solo perché il mio orgoglio mi impedisce si scoppiare in una risatina.
«Sono le due di notte perciò...non particolarmente.»

Cammina verso di me e scorgo, per la prima volta, un tatuaggio sul pettorale destro. Non è grande da sembrare esagerato, ma nemmeno così piccolo da poter essere ignorato.

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