Capitolo primo, parte 2

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Mi siedo con estrema diffidenza. Davanti a me sono seduti mio padre, un uomo dai capelli più gialli di un pacchetto di patatine fritte del McDonald, e un vecchiaccio col monocolo, ovvero il primissimo segretario degli addestramenti Mr. Joe Challaway. Era questo che annunciava la scritta sulla porta che io non ho saputo riconoscere.
Caleb si piazza accanto a me con fare un po troppo baldanzoso. Bond gli lancia un mezzo sorriso.
ma certo! Perché non si trascinano da qualche parte a fare sesso, già che siamo qui!
Cerco di accavallare le gambe ma il ginocchio sbatte contro il tavolino di ferro.
merda.
- "Ester," esordisce Challaway. "Agente Caleb. Vi abbiamo convocati quest'oggi perché è stata confermata la misura di addestramento, che implica la riduzione e l'ottimizzazione degli allenatori della signorina Barbossa, in comunione con un rinnovo delle tecniche di addestrmento ed una duplicazione delle ore di esercizio."
Duplicazione? praticamente non faccio altro che allenarmi adesso, figuriamoci con una duplicazione.
- "scusatemi?" dico, posando una mano sul tavolo. "Com'è possibile che la diretta interessata non fosse al corrente di questo... sistema innovativo di addestramento o come diavolo lo chiamate?"
Il vecchio Challaway alza le sopracciglia, mio padre tiene gli occhi fissi sul suo orologio da polso, dubito che abbia ascoltato una sola parola della nostra conversazione, mentre il tizio coi capelli di Mcdonald sembra trovare la mia affermazione un po' troppo divertente.
- "Signorina Barbossa," dice il signor McDonald. "dovrebbe sapere che solo gli agenti promossi vengono messi al corrente degli annunci, si tratta di una misura di sicu-"
- "signora Barbossa". Lo correggo.
Mi guarda accigliato per un attimo, standosene zitto come se mi fossi alzata la maglietta o che so io.
- "beh, io non la vedo certo sposata." dice poi.
Ogni accenno di calore sparisce dalla mia faccia.
- "beh, Signor... chiunque lei sia, io non ho visto nessuna fede, sulla sua mano, dovrei chiamarlo signorino?"
McDonald strabuzza gli occhi e si sporge leggermente indietro, tutti i suoi segni corporei indicano che è sconcertato, se non a disagio.
Ho vinto.
- "Ester." Mi ammonisce mio padre. Ha gli occhi nascosti dagli occhiali ma so che non riesce a non essere fiero di me: ho pur sempre zittito la parlantina di McDonald. "Ciò  che il segretario del sindaco cercava di dirci è che da questo momento Caleb ti allenerà."
Sbianco.
- "in alternanza con Monica. Io assisterò ai tuoi allenamenti una volta al mese." Sentenzia mio padre.
Monica è il capo della gendarmeria.
Mio padre si sporge verso di me.
- "è proprio come volevi tu, no?"
Mi costringo a sorridere.
- "sappiamo entrambi che non riuscirai mai a venire ai miei allenamenti una volta al mese." Dico.
Mio padre si alza, ma io resto immobile. "Il tempo di Bond è troppo prezioso." Commento.
Supera il tavolo ed arriva alla porta.
- "comincerai domani". si volta. "E scordati la cena, per questa sera."
Lascia la sala.
è più forte di me. Vado sempre troppo lontano.

Dopo che mio padre ha lasciato la sala la riunione si è rapidamente sciolta: sono tornata in camera a tutta velocità e mi ci sono chiusa dentro, sbattendo la porta sta volta. Sto per tirare un altro pugno allo specchio, ma una voce mi interrompe.
- "ti ho portato da mangiare".
Mi volto di scatto. Nessuno.
- "alza gli occhi, Barbossa."
Alzo lo sguardo e vedo il mio migliore amico appeso alle tubature sul soffitto di camera mia.
Si lascia cadere e rotola a terra.
- "dove sarebbe questo cibo?" Chiedo con le mani sui fianchi in modo teatrale.
- "Mademoiselle." Dice lui, togliendosi dalla tasca un sacchetto di carta bianca.
Salgo in piedi sul letto e lo abbraccio di slancio.
- "ti amo , idiota." Gli dico con la guancia premuta contro la sua spalla.
- "Anche io."
Mi sciolgo dall abbraccio e tendo una mano.
- "il cibo adesso."
Mi lancia in faccia il sacchetto.
- "cosa c'è in programma oggi?" Chiede Luke sdraiandosi sul letto e raccogliendo il telecomando della tv appesa di fronte a lui.
Mi siedo al suo fianco e lui mi passa un braccio intorno alla spalla.
La maggior parte delle persone nella Barca pensa che abbiamo scopato almeno un paio di volte. Non è successo.
- "che ne pensi di: fuga dalla barca duepuntozero?" Dico addentando una fetta di pane.
Luke abbassa il telecomando e incrocia il mio sguardo.
-"no Ester. Non dopo quello che è successo l'ultima volta."
Roteo gli occhi, non mi piace quando mi chiama per nome.
- "l' ultima volta eravamo impreparati-"
- "L'ultima volta non si ripeterà, Red."
Sbuffo. La tv si è fermata su un programma di ballo. Due ballerini si stanno contorcendo in modo molto ambiguo sul palco. I giudici sembrano piuttosto sconcertati...o forse affascinati, non saprei dirlo. È ora di cambiare argomento.
- "sai, forse dovremmo davvero scopare." Dico, poggiando la busta del pane sul comodino.
- "Da dove discende cotanta saggezza?" Chiede Luke, continuando a cambiare i canali ad una velocità vertiginosa.
Io faccio spallucce.
- "Mi sono solo resa conto che non potrei MAI sopravvivere senza di te!" Esclamo abbracciandolo stretto come una bambina.
Luke ride e mi scompiglia i capelli.
- "che voleva Caleb?" Chiede dopo un po'.
- "Mi ha portata da monocolo Joe." Sospiro, lasciando vagare distrattamente lo sguardo per la stanza. La carta da parati azzurra che tappezza i muri, la porta del bagno a destra dalla televisione, la porta d'entrata, lo specchio macchiato di rosso.
Luke ride.
- "monocolo Joe? E perché?"
- "Per dirmi che mi hanno raddoppiato le ore di allenamento, che mio padre presiederà ai miei allenamenti una volta al mese...e che Caleb mi allenerà."
Luke distoglie lo sguardo dalla televisione per fissarlo su di me.
- "Stai scherzando?"
- "Magari."
- "E ... di Hannes hanno parlato?" Potevo sentire che Luke si era irrigidito.
- "No." Dico, distogliendo lo sguardo. "Penso che resterà il mio responsabile."
La mano che Luke tiene sulla mia spalla ha uno spasmo e me la stringe involontariamente.
- "Quel pezzo di- .
- "Luke..."
- "Quel vecchiaccio con binocolo sa! Perché non parla?!"
- "Lo sai perché."
Luke pare calmarsi un poco, ma continua a guardare il muro come se questo mi avesse toccato il culo senza il mio consenso.
Gli tiro giù il labbro inferiore, all'interno del quale compare la mia stessa scritta:
REEF
È l'anagramma di Free, liberi. Ma vuol dire anche fratelli. Era un legame usato dalle spie in passato ma recentemente abolito perché "l'unità così intima tra due persone le rende deboli".
"Non amare, non temere, segui gli ordini" queste sono le regole.
Se mio padre sapesse quanto vicini siamo io e Luke, ci farebbe senza dubbio separare.
" una spia non deve avere nessuna debolezza". Me lo aveva detto la prima volta quando avevo sei anni, in una palestra grigia e austera, al tempo in cui era ancora lui ad allenarmi.
"Qualcuno potrebbe metterti davanti alla tua più grande debolezza e dirti: rinuncia a salvare il mondo o io le sparo!" Aveva continuato. "Tu devi rispondere: sparagli."
Era una cosa orribile, eppure lui la faceva sembrare così ricca di coraggio... è così che era morta mia madre, o almeno, questo è quello che mi hanno detto: non ricordo molto di lei, né ho nulla sulla Barca che me la ricordi. Il cognome è l'unica cosa che ci accomuna, mi è stato assegnato il suo per proteggermi: la figlia di Bond sarebbe un ostaggio troppo prezioso.
Forse in fin dei conti è un bene che mi confinino qui dentro. Se qualcuno puntasse una pistola contro Luke, morirei, piuttosto che permettergli di sparare.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora