Capitolo ottavo

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Il rumore della sveglia mi strappa al mio placido sonno.
- "ma che cazzo...?" Mormoro. Ho la voce rauca e un fortissimo mal di testa. È come se un gigantesco cuore vi pulsasse all'interno. Sono stesa a pancia sotto sul letto, ho le lenzuola attorcigliate alle gambe e i capelli arruffati in faccia.
Mi metto a sedere per spegnere la sveglia.
Non l'avevo rotta qualche giorno fa?
Ora che ci penso mi viene anche da vomitare. E puzzo di erba.
Fanculo la colazione, devo lavarmi. Mi ficco sotto la doccia e cerco con tutte le mie forze di ricordare cosa sia successo ieri sera, ma nella mia testa c è il vuoto più totale.
Ricordo solo di essere andata sul tetto con Luke, e poi di essere andata ad una festa, credo.
Mi asciugo rapidamente e mi metto dei vestiti a caso. Devo trovare Luke e devo farmi dire cosa è successo ieri. Lancio uno sguardo alla sveglia per vedere l'ora.
Merda.
Penso proprio che non sarà possibile. Nelle prime due ore di oggi ho allenamento con Monica e sono già in ritardo.
Odio il giovedì.
Esco dalla mia cabina e mi affretto in palestra. Lì trovo la classe già intenta a riscaldarsi. Raggiungo Tina e Brigitta pregando che Monica non si accorga del mio ritardo.
- "è incredibile, sei sopravvissuta" esclama Tina, intenta a riscaldare le spalle.
- "che intendi con questo scusa?" Chiedo, imitando i suoi movimenti.
- "eri piuttosto fatta alla festa di ieri." Mi informa Brigitta. "E girano voci che ti sei attaccata ad una bottiglia di vino non appena sei entrata."
- "oh merda."
- "tranquilla, non hai fatto troppe stronzate." Mi rassicura Tina. "Certo, se non consideriamo che limonare Liam davanti a tutti sia una stronzata." Aggiunge sghignazzando.
- "bene giovani scansafatiche scapestrati." Grida Monica all'intesa della classe. "Questa è la nostra prima sessione di allenamento del semestre. Alla fine, sarete messi sotto esame. Se non passate l'esame non sarete promossi A.S. Il che vuol dire che dovrete avere lezione con me per un altro anno. Se avete lezione con me per un altro anno siete morti!" Sì gira verso di me. "Sì Ester, sto pensando proprio a te."
- "ma come Monica, proprio ora che cominciavi a piacermi!"
- "dillo ancora e sei morta"
La classe scoppia in una risata generale, rapidamente dissippata da Monica. Gli allenamenti con Monica sono tosti, ma utili. Ci addestra su tutti i fronti: con armi, senza armi, con le braccia legate, bendati...
- "per aprire bene la stagione" Sta dicendo Monica. "Una gara di tiro!" Un coro generale acclama la sua proposta e presto usciamo dalla palestra per radunarci sul ponte e metterci in fila davanti al bersaglio. Alcuni decidono di usare le protezioni per le orecchie e gli occhi, nel caso qualcosa andasse storto, ma io vado senza: l'unica prova di esame che ho sempre passato è quella di tiro. La mia mira è perfetta. Bhe, al novanta per cento.
Finalmente tocca a me. Prendo la pistola, soppesandola.
Devo colpire un primo bersaglio a cento metri, una volta colpito questo cade e lascia lo spazio ad uno a trecento metri che ne rivela poi uno a cinquecento...mobile.
Traggo un respiro profondo, cercando di ignorare il dolore pulsante alla testa mentre miro il primo bersaglio, poi espiro e sparo due colpi, alla giusta distanza uno dall'altro: non mi serve mirare per sapere che se la tempistica è giusta, centrerò anche il secondo bersaglio. Per il terzo passo circa cinque secondi a studiarne la traiettoria.
Tre, quattro, cinque...espira, spara.
Il proiettile fende l'aria e infine trafigge il bersaglio con una precisione millimetrica. Mi giro verso Monica e le offro un inchino. Lei fa un cenno di assenso e aggiunge dei punti sulla tabella.
È inutile che vi sprecate a provarci. A questo giro vinco io.

Dopo la lezione con Monica ho avuto un'altra ora buca, nella quale ho deciso di fare visita a Luke. Questo mi ha assicurato che non ho fatto nulla di oltremodo imbarazzante alla festa.
- "pranziamo insieme?" Chiedo, seduta a cavalcioni su una panchina nella sala di allenamento degli agenti promossi, di fronte a Luke. È tutto più nuovo qui.
- "penso che oggi dovrò saltare: sono in turno di ronda." Mi accarezza una guancia. "Scusa. Ci vediamo in camera mia per cena?"
- "ti hanno finalmente trasferito alla stanza da agente promosso?" Domando incredula.
Luke annuisce, visibilmente contento.
- "è grande almeno quanto quella di Liam." Assicura.
- "non ricordo assolutamente come fosse fatta, ma a giudicare dal numero di invitati, immagino fosse enorme." Dico ridendo. "Comunque, penso mi convenga comunque andare a mangiare adesso, prima della lezione con Caleb."
Luke sposta lo sguardo dietro di me.
- "oh merda, ti conviene andare."
- "che? perché?" Faccio per girarmi ma Luke mi blocca per le spalle.
- "Liam in arrivo."
Ridacchio prima di alzarmi e dileguarmi.
Adesso però ho davvero intenzione di mangiare: senza colazione sto morendo di fame.
Ho appena il tempo di mandare giù qualche pizzetta che si fa l'ora dell'allenamento con Caleb.
Quando entro in palestra lo trovo appoggiato ad una macchina per il potenziamento delle gambe.
Mi saluta con un cenno della testa.
- "caspita!" Esclama quando mi avvicino. "Non credevo ti saresti presentata dopo a ieri sera!"
Una sensazione di panico mi attacca lo stomaco.
- "c'eri ieri sera?"
- "c'era più o meno mezza barca."
- "non...non mi pare di averti visto."
Caleb fa spallucce.
- "indossavo una maschera. Tu invece eri molto semplice da individuare."
- "chiudi la bocca e cominciamo con questo allenamento."
Caleb ride ed indica la macchina alla quale è appoggiato.
- "credevo dovessimo fare simulazioni." Dico.
- "le faremo. Ma prima voglio vedere la tua resistenza, capire fino a che punto ti posso spingere-"
- "prima di rompermi?" Completo.
- "prima di arrenderti." Mi corregge lui.
Merda, e va bene.
Mi straio sul lettino della leg press e posiziono i piedi sotto il peso, allacciandomi un cinturone di stoffa alla vita. Serve a proteggere i muscoli degli addominali e riscaldarli.
- "cinque serie da trenta." Dice Caleb, inserendo queste coorninate nello schermo sulla testa del lettino.
Maledetta tecnologia innovativa.
Il meccanismo si bloccherà automaticamente tra cinque serie da trenta. Non prima, non dopo.
- "cinque?!" Esclamo.
Caleb mi ignora e da il via all'esercizio.
- "sono dieci chili." Mi avverte.
Vorrei insultarlo, ma sono troppo occupata ad eseguire l'esercizio. Arrivata a metà della quinta serie non ne posso più. Tendo le gambe per allontanare il peso e scivolo via dal lettino, stendendomi a terra.
Caleb mi afferra per il cinturone sulla pancia e mi rimette sopra, sollevandomi come una bambola di pezza.
- "che diavolo fai?" Ansimo
- "continua."
- "volevi vedere a che punto mi arrendo? Bene. Mi sono arresa!"
- "continua". Insiste lui. "Puoi andare ancora".
- "che ne sai tu?"
- "fidati del tuo insegnante." Dice, prendendomi una caviglia e mettendola sul peso. "Manca poco."
Stringo i denti.
Per gli ultimi quindici esercizzi mi sento le gambe tremare.
Poi finalmente è fatta. Il meccanismo si blocca e posso scendere.
Scendo dal lettino e mi sdraio a terra.
- "ti odio." Mormoro.
- "no." Risponde Caleb. "Mi ringrazierai. Ti do quindici minuti per riprenderti, ci vediamo in sala simulazioni." Dice uscendo dalla palestra.
- "TI ODIO!" Gli grido dietro.
- "NON È VERO" risponde lui.
Uno dei due sta mentendo, resta solo da capire chi.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora