Capitolo diciassettesimo

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È stato difficile dormire questa notte.
Dato che le mie chiavi sono ancora nella camera di Caleb, ho dormito in quella di Luke. Il mio solito incubo è tornato a tormentarmi, solo che questa volta non c'era Luke ad abbracciarmi.
Piantala di fare la disperata, Ester!
Mi dico, mentre mi trascino verso la palestra, dove Caleb mi aspetta.
A quanto pare non faremo simulazioni questa volta, ma allenamento corpo a corpo.
Un brivido mi percorre la schiena: troppi ricordi scomodi.
Sbuffo e spingo la porta a doppio battente della palestra. A quest'ora della mattina non c è praticamente nessuno, meglio così. Mi dirigo verso il tatami e mi siedo.
- "alza le chiappe, novellina."
Mi giro, e vedo Caleb appoggiato allo stipite della porta.
Vestito tutto di bianco risalta il colore scuro della sua pelle e il marrone caldo dei suoi occhi.
Alzo un sopracciglio.
- "ci alleniamo sul ponte." Dice lui.
Salto in piedi.
-" sul ponte?!"
Non so se essere contenta o meno di questa cosa.
Caleb ride e si volta, uscendo dalla palestra.
- "aspetta!" Esclamo, affrettandomi dietro di lui. "In che senso sul ponte."
- "sul" Dice Caleb, continuando a guardare avanti. "Preposizione articolata maschile singolare."
Proposizione articolata?! Ma che cazzo..?
- "ponte." Prosegue Caleb, dirigendosi verso la scaletta a pioli che porta sul ponte. "Nome comune di cosa."
- "penso proprio che sia un nome comune di luogo." Sbuffo io.
- "dieci su dieci." Caleb si volta e mi fa l'occhiolino. "Dopo di te."
Roteo gli occhi e risalgo velocemente la scala a pioli, fino a raggiungere il ponte.
Il sole mattutino mi bacia la pelle, e la brezza marina mi scompiglia i capelli. Mi avvicino al cornicione della nave. Non posso evitare di sorridere. Vedo degli uccelli grigi volare nel cielo azzurro, sono...sì! Sono gabbiani.
Credo di avere gli occhi a cuore. Ho sentito spesso lo starnazzare dei gabbiani, ma raramente ne ho visti da così vicino.
Forse Caleb mi ha fatto un favore, per una volta.
- "il primo che sanguina perde." Dice lui.
Mi rimangio ciò che ho detto.
Mi volto verso di lui.
- "ti rendi conto di quanto è duro il suolo del ponte?"
- "pensi che in missione ti forniranno un materasso di piume per combattere i cattivoni?" Chiede Caleb, beffardo. Si avvicina a me. "No, non credo proprio." Sussurra.
Faccio un passo indietro, sbattendo la schiena contro il cornicione.
- "hey, tranquilla novellina. Non ho intenzione di saltarti addosso."
- "ho i miei dubbi."
Scivolo di lato e lo supero, staccandomi dal cornicione della barca. Sento la sua mano sfiorarmi il fianco e la tasca della felpa. Raggiungo il centro del ponte e mi volto verso di lui.
- "bhè? Non comb-" mi interrompo. Ha un pacchetto di sigarette in mano.
Le mie sigarette. Deve avermele sfilate dalla tasca prima.
- "ma che diavolo-" vado verso di lui.
- "ah-ah! Ferma novellina." Mi precede lui. "Tu riscaldati, poi te le ridarò." Abbassa la testa, aprendo il pacchetto.
- "non puoi prenderle, sono mie."
Caleb solleva lo sguardo, mantenendo la testa abbassata. Mi sento scottare la pelle, e non credo che sia per il sole.
- "considerando che non dovresti nemmeno averle." Dice, scuotendo il pacchetto e facendo muovere le sigarette all'interno. "Penso proprio di poterle tenere. Adesso riscaldati un po' ". Detto ciò si volta verso il mare e infila una sigaretta tra le labbra.
Stringo i pungni.
Lo odio. E odio il modo in cui è maledettamente attraente quando fuma.
L'irritazione mi sta crescendo nel petto. La canalizzo allenandomi. Presto inizio a sudare, lancio via la felpa e continuo.
Quando mi sento abbastanza sfinita lancio uno sguardo a caleb. Ha finito di fumare. Mi lancia un sorriso di sfida.
- " spero davvero che tu sia migliorata dall'ultima volta."
Non dico nulla, lo incenerisco con lo sguardo.
Lascia cadere la sua felpa a terra, rivelando una maglietta attillata che lascia vedere tutti i muscoli e una cintura contenente due coltelli.
Esibizionista.
Se ne toglie uno e lo posa a terra, per poi farlo scivolare verso di me. Si ferma ai miei piedi.
- "pensavo fosse corpo a corpo." Dico.
- "pensavi male." La sua espressione si indurisce un poco. "Questa volta non ammetto errori."
Mi sfugge una risata di scherno. Sai quanto me be frega.
Raccolgo il coltello.
- "va bene."
Quasi subito, Caleb attacca. Scanso il suo colpo e meno un calcio.
La mia intenzione è di disarmarlo, in questo modo, le possibilità che sia io a sanguinare sono davvero poche. Incasso un pugno in pancia, ma riesco a dargli un calcio dietro al ginocchio. Caleb crolla a terra, faccio come per puntargli il coltello alla gola, ma lui mi afferra le braccia e mi scaraventa davanti a lui.
Sbatto la schiena contro il pavimento duro del ponte e mi si mozza il fiato nel polmoni. Per un attimo vedo tutto nero, mentre un dolore acuto mi si irradia per la spina dorsale.
Cazzo.
Caleb cala il coltello verso di me e io intercetto la lama con la mia.
È pazzo.
Lui spinge il coltello verso di me, costringendomi a resistere con il mio.
Dopo circa mezzo minuto le braccia cominciano a tremarmi. Devo decisamente liberarmi di quell'arma. Piego le gambe e uso il piede destro per fare leva sulla lama, facendo schizzare via entrambi i coltelli. Cerco di alzarmi ma Caleb mi afferra le spalle e mi risbatte a terra, spingendomi un braccio sulla clavicola.
Immediatamente, mi si chiude la trachea. Il respiro passa nei polmoni sibilando, poi non passa affatto. Gli di dei colpi sul braccio, sbatto i piedi a terra.
È completamente fuori!!
Soffoco! Mimo con le labbra.
- "liberati." Sussurra lui, con il fiato corto.
Per lo meno gli è difficile tenermi ferma, devo solo sfinirlo ancora un po'... allungo le braccia e gli afferro i capelli, tirandogli la testa verso di me con tutta la forza che ho.
Finalmente mi lascia il collo e io rotolo via, tenendomi la gola con una mano, tossendo e sputando. Sono ancora a quattro zampe quando lo vedo alzarsi, pronto a tornare all'assalto.
Tendo un braccio avanti.
- "basta!" Sibilo. "Dio! Basta." La mia voce è tanto roca che a malapena la riconosco, mi sembra di essere appena uscita da una lavata di testa di Hannes. Mi appoggio con la schiena al cornicione della barca, cercando di prendere respiri profondi.
Guardo Caleb, ma non mi sembra particolarmente dispiaciuto.
- "domani tuo padre verrà ad assistere. Domani, Ester. E tu non sei nemmeno in grado di vincere un corpo a corpo a due contro di me!"
- " e tu pensi che soffocarmi mi aiuterà ad impressionarlo?!" La mia voce sta riacquistando la sua potenza normale. Finalmente.
- " se solo tu fossi un pò meno debole..."
Scatto in piedi.
- "io non sono debole." Sibilo.
- "invece è esattamente quello che sei." Ringhia Caleb. "Il tuo migliore amico se ne va per un mesetto in gita e tu non riesci nemmeno a cavartela un giorno senza-"
Carico un pugno senza pensare e gli colpisco la mascella, tanto forte da fargli girare la faccia. Non aspetto la sua reazione, carico un calcio e gli do una ginocchiata al basso ventre, continuando a calciarlo quando si piega in avanti, finché non mi afferra per le spalle e non mi butta a terra. Cerco di alzarmi subito ma mi inchioda al pavimento, sedendosi cavalcioni su di me. Gli afferro le spalle e lo tiro verso il basso, caricando una testata e sbattendo la mia fronte contro la sua.
La mia testa ricade sul pavimento con una pulsazione dolorosa, ma vedo dal modo in cui stringe gli occhi che il mio colpo era bel assestato.
All'improvviso, mi accorgo che a poca distanza da me c'è uno dei coltelli, ma è troppo distante perché io possa raggiungerlo con la mano.
Gli tiro un altro pugno alla testa e approfitto del breve momento di stordimento per sgusciare via e gattonare fino ad afferrare il coltello, Caleb mi raggiunge quasi subito, afferrandomi la caviglia e trandomi verso di lui.
Finisco sdraiata pancia sotto e stringo il coltello nella mano destra, facendo il possibile per nasconderlo quando lui mi si mette sopra, una mano ad inchiodarmi il polso destro a terra e l'altro a premermi la schiena a terra. Una gamba infilata tra le mie.
Lo sento respirare affannosamente.
Ho ancora il coltello, nascosto nella mano destra. Con un movimento rapido, lo faccio ruotare tra il pollice e l'indice e graffio la mano che Caleb tiene sulla mia. Una goccia di sangue mi cade sul polso, poi scivola a terra.
Segue un momento di silenzio, prima che Caleb si metta a ridere.
Che cazzo ride.
Si abbassa verso di me, causandomi un brivido per la vicinanza del suo corpo che mi preme a terra, e posa la bocca sul mio orecchio, tra i miei capelli.
- "complimenti, novellina" sussurra. "Ce l'hai fatta."

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora