Capitolo ventiquattresimo

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POV di Ester
Questa notte, è la notte in cui dormirò con il mio ragazzo, per la prima volta da quasi un mese che stiamo insieme.
Ero così contenta che mi sono persino permessa di fare come quelle ragazze senza cervello che ridacchiano e lanciano gridolini parlando di ragazzi, dato che quello è il loro unico argomento di conversazione. Ne ho parlato a cena con Brigitta e Tina e sono impazzite, ho persino accettato al tavolo i tre moschettieri, Jack, Taylor e Marti, e devo ammettere che è stato anche divertente...finché non si sono messi a darmi consigli sulle migliori posizioni da provare per un maggior successo, allora ho lasciato perdere.
Certo non potevo sapere che la serata avrebbe preso una piega ben diversa...
Saltello per i corridoi, inciampando quando le onde si fanno più alte e il pavimento si inclina di più. Barcollo e sbatto contro una parete.
Ridacchio.
Faccio pressione con le braccia per staccarmi dal muro e rimettermi al centro del corridoio, ma mi sento strattonare indietro.
Qualcuno mi afferra per il colletto della felpa e mi tira indietro con forza, facendomi perdere l'equilibrio.
Finisco a terra, cerco di capire chi sia il mio assalitore, ma ho i capelli rovesciati in faccia.
Cerco immediatamente di rialzarmi, ma incasso diversi calci in pancia.
Mi si mozza il fiato nei polmoni, ho un conato, poi tossisco.
Era troppo forte.
L'assalitore mi afferra i piedi e mi trascina via.
Cerco di rizzarmi a sedere ma ho gli addominali a pezzi, mi scosto i capelli dal viso e tutto quello che riesco a vedere è la schiena di un uomo adulto, coperta da un impermeabile bagnato.
Potrebbe essere una spia nemica o un agente impazzito, tuttavia i miei dubbi si placano non appena l'uomo apre una porta marrone e mi trascina dentro.
Comincio a scalciare con tutta la forza che ho.
Non posso andare lì dentro. Non devo andare li dentro.
Mi aggrappo al pavimento, lo artiglio, spaccandomi le unghie, mi aggrappo alla porta, tentando di restare fuori da quella stanza come un naufrago tenta di tenere la testa fuori dall'acqua.
- "smettila, Ester."
- "lasciami!" Piagnucolo.
- "non rendere le cose più complicate di quanto già non lo siano!"
Riesco a liberare un piede.
- "Ester!"
Lo riempio di calci finché finalmente non mi lascia andare, mi aggrappo alla porta per rialzarmi.
Non voltarti.
E invece lo faccio. Mi fermo, e mi volto.
E con mio sommo orrore, bagnato dalla testa ai piedi, con il viso gonfio e macchiato di sangue, vedo Hannes.
Ha un espressione feroce, frustrata, vacua, di quelle che gli ho visto indossare solo una volta.
E all'improvviso sono bloccata.
Hannes coglie l'occasione e carica un pugno che mi colpisce dritta in viso, con tanta forza che la mia testa colpisce l'asse della porta.
Mi scappa un grido. Hannes mi tira dentro e chiude la porta.
- "no." Singhiozzo.
Hannes fa un respiro tremante.
- "smettila di guardarmi così." Dice, chiudendo gli occhi e passandosi le mani tra i capelli bagnati. "Non sto facendo niente di male."
- "lasciami." Mormoro.
Ma Hannes si avvicina ancora a me, e io sono bloccata dal panico, so che ovunque cercherò di scappare, sarà inutile, perché lui riuscirà a riprendermi.
- "ho avuto una giornata di merda." Un pungo in pancia mi fa piegare in due. "Potrei aver perso il mio posto." Un calcio. Mi rialzo, non devo cadere. "E tu te ne stai qui, a fottere tutti con la tua scenata da ragazzina stupida ed innocente ed il tuo più grande problema è che pigiama indossare stasera!" Riesco a schivare il colpo seguente, scatto di lato e corro verso la porta, ma Hannes è uno dei migliori agenti e, sfortunatamente, conosce tutte le mie mosse.
Mi afferra per i capelli e mi spinge contro il muro.
Sbatto la schiena, mi esce un respiro sibilante,
- "mi stai pestando, ti sembra che io non abbia problemi?" Chiedo, impiegando ogni muscolo del mio corpo per restare in piedi.
Hannes allunga la mano e me la stringe introno al collo.
Immediatamente mi si mozza il fiato nei polmoni, gli afferro il braccio con entrambe le mani.
- "come osi?" Sibila Hannes. "Tu...tu..." stringe la presa, i miei piedi non toccano più il suolo adesso, si dimenano nel nulla. Cerco di gridare ma non ho aria, mi bruciano i polmoni, mi pulsa dolorosamente il collo.
- "Tu non sei...niente." Continua Hannes, la voce assente, gli occhi vitrei.
L'ultima volta che l ho visto in questo stato, me l'ero passata davvero male. Ma non ero sola. Anche se ero in compagnia di un essere spregevole come Amber, almeno non ero da sola, qualcuno in grado di fermarlo c'era.
Sono sola adesso.
Scalcio con tutte le mie forze, gli graffio la mano, il braccio, fino a farglieli sanguinare, ma quell'espressione assente non lo abbandona, così come lui non abbandona la presa.
Sto piangendo.
Comincio a vedere tutto appannato.
E che Dio mi perdoni, perché non credo che me la caverò questa volta.
Non passa più aria.
Che Dio mi perdoni.
Mi si oscura la vista.
Non me la caverò sta volta.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora