Capitolo trentatreesimo

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POV di Ester
Non posso sparare.
Lo sappiamo entrambi.
Caleb si tiene la pistola incollata alla fronte. Non ho vie d'uscita.
Stringo la mascella, ci fissiamo negli occhi per un lungo attimo, aspettando di vedere chi avrebbe ceduto per primo.
Lascio cadere la pistola.
Rimbalza a terra con un tonfo.
Un singhiozzo mi sfugge dal petto, e al'improvviso sono a terra, in lacrime, stretta tra le braccia di Caleb.
Non parla. Mi tiene solo stretta.
"Non ti lascerò andare"
E piango ancora più forte.

Apro gli occhi.
Dopo aver pianto per un tempo indefinito, Caleb mi ha presa in braccio e trasportata fino alla sua camera, dove non ha smesso di stringermi nemmeno un attimo, anche quando mi sono addormentata.
Ma ora sono sveglia.
È notte, la stanza è immersa nel buio pesto...tranne per uno spiraglio di luce che filtra dalla porta.
Faccio per rimettermi a dormire, ma poi sento delle voci provenire dal corridoio.
- "non adesso." Sta dicendo Caleb.
Non riesco a sentire la risposta del suo interlocutore.
Scivolo via dal letto e mi avvicino furtivamente alla porta socchiusa.
-   "Comunque non capisco perché ti importi tanto." Dice una voce maschile. Sarà un uomo poco piu grande di Caleb.
- "questi sono affari miei." Posso quasi sentire Caleb serrare la mascella. "Ora vattene, Gio."
C'è un momento di silenzio. Mi sporgo verso la porta e sbircio. L'interlocutore di Caleb gli ha afferrato il braccio.
È effettivamente più grande di Caleb, 23 anni almeno.
- "se non ti conoscessi dieei che mi nascondi qualcosa." Dice.
I due si guardano negli occhi per un tempo infinito. Poi Gio lascia il braccio di Caleb con sconcerto e lancia uno sguardo inorridito verso la porta. Mi ritraggo prima che possa vedermi.
- "è lì con te?!" Esclama.
- "vattene." Scandisce Caleb. Suona molto come una minaccia.
Mi arrischio a sbirciare di nuovo.
Caleb fa per voltarsi così da rientrare in stanza ma l'altro lo ferma, afferrandogli il braccio brutalmente.
- "non ci ho creduto quando mi hanno detto che te la facevi con lei."
Caleb si divincola dalla sua presa.
- "non è così-"
- "è come un fratello per me, Gli dicevo, non mi farebbe mai questo." Fa una pausa. "Invece sei un bastardo come gli altri."
Scanziono rapidamente il pavimenro alla ricerca di una pistola mente i due continuano a litigare. Grazie a Dio ne trovo una sotto al letto.
Mi acquatto vicino alla porta.
Gio è più vecchio e più grosso si Caleb, che, oltre ad essere disarmato, non sembra intenzionato a combattere.
- "sei un illuso." Sta dicendo Gio. "Sei in illuso e un bastardo se pensi che metterti con la tua protetta ti aiuterà ad ottenere un'altra carica. È una troia-"
Caleb lo colpisce in pieno viso, tanto forte che l'altro si ritrova a fare diversi passi indietro.
- "vattene." Ringhia Caleb.
Quando Gio alza lo sguardo ha gli occhi pieni d'odio.
- "va bene, me ne vado. Ma mi dispiace per lei." Si avvicina a Caleb di qualche passo. "Deve essere brutto sapere che le stai intorno solo perché sei obligato." Afferra il braccio di Caleb e lo alza, scoprendo l'interno del braccio, dove sono tatuate le mie iniziali.
Un brivido mi percorre la schiena, e sono sicura che Gio stia guardando dritto verso di me quando dice:
- "buon lavoro, paladino. Hai ben protetto il cliente assegnato."
La pistola mi sfugge dalle mani e cade a terra.

Non sento nemmeno il rumore.
"Protetta"
"Paladino".
Guardia del corpo.
Caleb è una guardia del corpo. La mia guardia del corpo. Stringermi, parlarmi e fottermi gli semplificava solo il lavoro.
E il suo lavoro comprendeva anche spifferare tutto quel che sapeva su di me a mio padre.
Mi rimetto subito sul letto e fingo di dormire. Poco dopo entra Caleb e impiego tutta me stessa per non tirargli un calcio quando si stende accanto a me e mi abbraccia.
Conto 3600 secondi. Sessanta minuti. Un ora.
Li passo a perfezionare il mio piano. A renderlo giusto, infallibile. Poi sguscio via dal letto e mi metto all'opera.
Recupero i fascicoli ancora nascosti nel materasso in camera di Luke e ritrovo il borsone con le armi che Caleb aveva portato nel suo bagno, questa volta, lo nascondo in camera mia, nell'armadietto del bagno, dietro gli assorbenti.
È così stupido che, mi auguro, a nessuno verrebbe in mente di guardare lì.
Passo poi un ora e mezza circa a strappare i miei vestiti neri e ricucirli in un unico abito da abbinare con una maschera nera di pizzo. L'unica che ho.
Lancio un ochiata all'orologio.
03:45, lunedì 31 ottobre.
Questa sera c'è la festa di Halloween, il mio biglietto di addio per questo posto.

POV di Caleb
Quando mi sono svegliato questa mattina, Ester era già in piedi.
Camminava completamente nuda per la mia camera
In totale tranquillità, spazzolandosi i capelli bagnati e canticchiando un motivetto.
- "sei stonata." Esclamo, mettendomi le mani dietro la testa a godermi la vista.
Ester pare accorgersi di me solo in quel momento.
- "buongiorno anche a te!" Risponde. Si infila in bagno. "Dormito bene, fiorellino?"
Nascondo istintivamente la mano destra sotto le lenzuola: il motivo delle mie nocche gonfie deve restarle ignoto.
- "una favola, angioletto." Rispondo, alzandomi e raggiungendola in bagno. Con mio grande disappunto, indossa una maglietta e delle culottes.
Allungo una mano e le accarezzo i capelli bagnati, mentre lei è intenta a lavarsi i denti.
- "stai bene?" Chiedo.
Ester annuisce.
- "ormai è andata, giusto?"
Aggrotto le sopracciglia. Non parliamo mica di uj compito in classe...
Si china in avanti e sputa nel lavandino, poi si asciuga la bocca con il dorso della mano e si gira verso di me con un sorriso malizioso.
- "ho sentito dire che c è una festa questa sera..."
La mia mano comincia a risalirle sul braccio in un gesto quasi automatico.
- "oh, intendi la festa di cui tutti parlano da più di un mese?" Chiedo, con tono altrettanto provocatorio.
Ester si morde il labbro.
- "ci vai?"
- "se vai tu sì."
- "è una festa in maschera, da che ti travesti?" Chiede, cercando di mettermi in difficoltà.
Dico la prima cosa che mi passa per la mente.
- "ghost face."
Ester alza appena un sopracciglio.
Non faccio nemmeno in tempo a gioire della mia piccola vittora, che lei ribatte.
- "anche io sarò travestita, non riuscirai a trovarmi."
Faccio un sorriso, poi la prendo per la vita e la sollevo, posandola sul lavandino e posizionandomi tra le sue gambe aperte, il mio viso a un centimetro dal suo.
- "non puoi scappare novellia, ti troverò e ti porterò via, non preoccuparti." E premo le labbra sulle sue.

POV di Ester
Caleb si sbaglia. Posso scappare e non mi troverà. Perché ho intenzione di scappare questa notte.
Lancio uno sguardo all'orologio: 20:30.
Alle 21 precise una squadra di agenti premiati avrà la possibilità di lasciare la barca e raggiungere la costa più vicina a New York per festeggiare lì.
Se riesco ad evitare Caleb, potrò sostituirmi facilmente ad un invitato ubriaco.
Infilo dei leggins e una maglietta attillata, infilo il borsone a tracolla e sopra metto il vestito nero che ho cucito ieri sera.
È brutto, ma grazie alla rosa, che tanto rosa non sembra, che ho cucito sul lato, la tracolla è perfettamenre nascosta.
Mi copro la faccia di trucco sopra il quale decido comunque di posare la maschera nera.
Fisso una pistola alla mia coscia, sotto il vestito. Poi prendo il coltello a serra manico e faccio scattare la lama.
Sospiro.
Con molta calma, dirigo la lama tra l'anulare e il mignolo, làddove ho tatuati i numeri della localizzazione, e scavo la pelle, finché non spunta un piccolo chip meccanico.
Lo tiro via dalla mia carne con una smorfia.
È arrivato il momento di lasciarmi la Barca alle spalle.
Per sempre.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora