Capitolo nono

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Pov di Ester
- "Luke! Sei qui?" Sbatto tre volte il pugno sulla porta della cabina del mio migliore amico.
Dopo la giornata stressante alla quale sono stata sottoposta, mi merito decisamente di vedere questa "suite da agente promosso".
Non arriva risposta. Dopo circa venti secondi mi scoccio e decido di aprire la porta con un calcio. Fortunatamente per me e la mia tibia, non era chiusa a chiave.
- "Luuuuke?" Grido, camminando nella stanza. È davvero enorme, la porta sbuca su una specie di salottino, che a sua volta lascia spazio alla camera da letto, al lato del quale si trova un'altra porta, probabilmente il bagno. Saranno tutt'al più venti metri quadri, ma essendo io abituata a vivere in meno di dieci, sembra enorme. "Ti stai nascondendo da me, brutto maia-"
Mi blocco.
Ho trovato Luke.

Aprendo la porta del bagno, l'ho trovato a terra sul pavimento di marmo, senza maglietta, intento a cercare di estrarre delle schegge di vetro dalla sua schiena. Ha delle manate stampate sulla faccia gonfia.
Mi butto vicino a lui.
- "Dio, Luke!" Esclamo, prendendogli il viso. "Che cazzo ti è successo?!" I suoi occhi incrociano i miei e noto che sono lucidi. Non mi servono spiegazioni. Annuisco appena.
- "vieni fuori di qui, dai." Mormoro. "Ti aiuto io a togliere le schegge."
Lo faccio sedere sul letto e mi metto dietro di lui.
Non ha nessuna lesione grave, solo qualche piccola goccia di sangue secco, caduta dalle scheggie di vetro sulla schiena. Alcune sono molto grosse, altre meno.
Comincio a toglierle con molta attenzione.
Aspetto in silenzio che Luke decida se dirmi o meno cosa è successo. Pian piano, comincia ad aprirsi e raccontarmi la vicenda.
Finalmente riesco a togliere anche l'ultima scheggia, dovrò disinfettare adesso...
- "e poi ha-" Luke interrompe il suo racconto.
- "Luke." Non mi risponde. "Luke!" Esclamo, costringendolo a voltarsi.
Sta piangendo.
- "oh, Luke." Lo stringo forte tra le braccia, lui posa la testa sul mio petto e continua a piangere, in silenzio. Lo so che non è la violenza del padre a fargli male. È il fatto che ogni volta che suo padre lo maltratta non fa altro che ricordargli  che sua madre è morta. Il che lo fa sentire in colpa per non esserlo anche lui.
- "stai bene." Mormoro, accarezzandogli i capelli. "Ora stai bene"
- "mi dispiace." Dice con voce rotta. "Potrebbe anche andare contro di te, se non miglioro..."
- "Luke." Lo interrompo, prendendogli il viso tra le mani, incrociando il suo sguardo.
- "non è importante. io non ho paura." Dico. "Non delle conseguenza, non di Hannes, non di mio padre. e nemmeno del tuo. Io non ho paura, ma voglio restare con te. Voglio restare per sempre con te, il giorno in cui ti avrò perso, lì avrò paura."
Luke sorride, il viso rigato dalle lacrime, e mi da un bacio sulla fronte.
- "grazie, piccola."


POV di Caleb
Non sono geloso. Non sono geloso. Non sono geloso. Non sono geloso.
Continuo a ripetermelo mentre seguo il sedere perfetto di Ester per i corridoi della barca.
Il fatto che io la stia seguendo va di per sé contro il mio proposito, ma cercherò di ignorare questa cosa.
L'ho vista uscire dalla camera di Luke con una maglietta in mano, chiaramente una maglietta maschile e chiaramente di Luke, vista la taglia. La mia mente è subito volata alle conclusioni, così ho deciso di seguirla, senza pensarci troppo.
Si sta addentrando nella barca, prendendo corridoi sempre più stretti e sempre più bui.
Dove ti stai cacciando, novellina?
Finalmente si ferma.
È davanti ad una porta di metallo, si direbbe la...lavanderia?
Mi appiattisco contro una parete, sperando che il buio sia sufficiente per non farmi notare.
Ester apre la porta, spingendola con tutto il peso.
Entra ed accende la luce.
Mi avvicino alla porta.
Apre una lavatrice e ci lancia dentro la maglietta di Luke. Che a guardare bene presenta delle piccole macchioline rosse.
Avvia la lavatrice, poi si siede a terra, posando la schiena contro la lavatrice, e si accende una sigaretta.
Lancio un rapido sguardo al soffitto. Eccolo là, un rilevatore di fumo.
Quella piccola sconsiderata farà scattare l'allarme. E allora che sarà nei guai
Senza pensare balzo avanti e le prendo la sigaretta di mano, schiacciandola a terra.
Quando alzo lo sguardo, Ester è sempre seduta a terra, ma mi da le spalle.
- "cosa ci fai qui, Novellina?" Chiedo, più bruscamente di quanto volessi. "C'è un rilevatore di fumo lì sopra! Si può essere tanto-"
- "va' via!" Mi interrompe Ester.
Ha la voce ovattata.
Sto per ribattere ma mi fermo.
Non ovattata. Rotta.
Mi accovaccio vicino a lei e le prendo il mento con una mano, portando il suo viso verso di me.
Due lacrime le scorrono sotto gli occhi, rigandole il volto.
Resto a guardarla un secondo, la mia mascella si contrae.
Traggo un respiro profondo.
- "chi devo menare?"
Per qualche motivo, questo le strappa un sorriso.
- "ok, Ercole! Frena il testosterone, non devi menare nessuno." Scansa la mia mano e si alza in piedi, asciugandosi le lacrime col dorso della mano come se niente fosse.
- "chi ti ha ridotto così?" Chiedo, ignorandola.
- "nessuno, sto bene." Continua imperterrita lei, voltandosi verso la lavatrice e dandomi le spalle.
- "perché lavi le magliette di Luke?"
Ester si volta.
- "non sono cazzi tuoi!" Sbotta. "Ora vattene, puoi tornare a torturarmi domani!"
Mi scappa una risata amara.
- "che cazzo ci trovi da ridere?" Chiede Ester.
- "oh nulla, trovo solo strano che tu confonda il mio addestramento con una tortura"
- "io non confondo niente, constato e basta."
- "continui a comportarti da novellina." Ribatto, facendo un passo avanti.
- "e questo che cosa c'entra?" Chiede esasperata.
Bene, si sta allontanando dalla tristezza.
- "un agente vero non ha problemi con il duro lavoro." Dico, facendo un altro passo avanti. "Tu invece lo chiami addirittura tortura?"
- "non ho paura di niente." Ringhia lei, avvicinandosi a sua volta.
Continua a distrarla.
Vedo una ciocca di ricci ricaderle sul volto e gliela sposto dietro l'orecchio.
- "ma certo." Dico piano. "Lo vedo."
Ester sembra realizzare solo adesso che siamo ad un  passo di distanza.
- "quindi non ti dispiacerà ripetere l'esperimento del leg press domani...o no?"
Ester incrocia le braccia, ostentando sicurezza.
- "te l'ho detto." Risponde. "Niente mi spaventa."
Copro la distanza tra noi con un passo e lei fa istintivamente un passo indietro.
Sorrido trionfante quando Ester sbatte la schiena contro la lavatrice.
- "merda." Sussurra.
- "sei tenera." Parlo senza pensare.
- "scusami?"
- "è fin troppo divertente farti perdere le staffe, novellina." Dico, cambiando argomento.
Mi chino verso di lei.
- "ci vediamo domani." Le sussurro nell'orecchio.
Le sfioro impercettibilmente il collo con una mano.
Sbaglio o ha la pelle d'oca?
Non posso nascondere un sorriso quando esco dalla lavanderia.
Ha smesso di piangere.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora