Capitolo ventinovesimo

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POV di Ester
Mi guardo intorno con circospezione.
Sono pronta ad entrare nella stanza tre e rubare quei fascicoli.
Sono le otto di sera.
La maggior parte degli A.S è a cena, il restante occupato a fare altro. Questo orario è troppo banale per essere sospetto.
Sono solo a tre porte di distanza dalla cabina tre adesso.
Due,
Uno...
- "Ester?"
Sobbalzo.
Cazzo.
Mi giro con tutta la disinvoltura del mondo.
Ho davanti una ragazza, capelli mogano, un brillante al naso e con un paio di occhi verdi, tali e quali a quelli di un gatto.
È Marti, l'amica di Jack e Taylor, l'incognita.
Che strano, non l'avevo quasi mai sentita parlare prima. Non immaginavo avesse una voce così grave.
- "ciao, Marti." Dico. "Che ci fai qui?"
Lei mi guarda dall'alto in basso, poco convinta.
- "io sono in turno di pulizia" incrocia le braccia. "E tu?"
Solo allora noto il carrello con scopa e prodotti igienici alle sue spalle.
Come ho fatto a non sentirla camminare dietro di me con quella zavorra?
Scrollo le spalle.
- "facevo un giro."
- "qui?" Chiede scettica.
- "non posso uscire dalla barca, direi che qualcosina per ammazzare il tempo me la devo pure inventare."
- "e perché non sei a cena?"
- "sono a dieta."
- "ma sei già magra."
- "infatti voglio mettere massa." Mi accorgo che la scusa non regge, quindi aggiungo. "Già, è una dieta molto personalizzata, mangio tante proteine e carboidrati a colazione e pranzo ma salto la cena... e comunque che cos'è? Un interrogatorio?"
Il suo viso muta improvvisamente in un sorriso ampio.
- "certo che no, tesoro! Volevo solo essere sicura che stavi occhei, c'è nel senso, mi sembri troppo plagiata ultimamente, sei tutta un disagio."
La droga fa male. Questa tipa ne è la prova.
-" ok! Allora...vado." Mormoro.
Marti mi supera, trascinandosi davanti il carrello sculettando.
- "ciao tesoro!" Esclama.
- "ciao." Mormoro, prendendo la direzione opposta.
Ho perso la mia occasione per colpa di un idiota. Risalgo i corridoi, fino in mensa, dove prendo circa cinque rosette di pane da portarmi in camera.
Allungo la mano per scegliere l'ultima, tenendo le altre tra le braccia con un equilibrio trovato chissà dove.
- "hey! Ma sei la ragazza della lavata di testa." Dice qualcuno.
Alzo lo sguardo.
Davanti a me vedo lo stesso ragazzo che era addetto alle punizioni alla mia lavata di testa. Splendidi occhi verdi, capelli marroni e un orecchino con la croce.
Lascio perdere la quinta rosetta.
- "hey, ciao!" Esclamo. "Buffo incontrarti qui."
Lui ride.
- "siamo in mensa."
- "in effetti."
Avrei sinceramente voluto continuare la conversazione imbarazzante che stavo avendo con questo tipo, ma Parker si intromette nella conversazione per prendermi il viso e darmi un bacio.
Quando riapro gli occhi il ragazzo dagli occhi verdi non c'è più.

- "chi ti ha sorvegliato dopo di me?" Chiede Parker, le dita intrecciate alle mie, mentre me ne sto seduta sulle sue gambe.
- "una ragazza più grande." Mento.
Faccio un sorriso.
- "sono contento che abbiamo preso questa decisione." Dice parker. "È la cosa migliore."
Annuisco e faccio per mentire di nuovo, dicendogli che è senzadubbio un idea fantastica, ma noto dei capelli neri su un corpo muscoloso fendere la folla della menza.
Caleb.
- "devo andare, amore, ma passo da te dopo." Mormoro, alzandomi dalle gambe di Parker.
Non sento quel che mi risponde lui, qualcosa sul vederci domani e sulla colazione, ma mi alzo e seguo Caleb attraverso la massa di persone che occupano la mensa, restando silenziosa ed osservando i suoi spostamenti per i corridoi.
Mi torna in mente la scena vissuta questa mattina, dopo che il ragazzino se ne era andato.
Caleb era entrato nel cordidoio di celle, più incazzato che mai.
- "sei davvero un'irresponsabile." Aveva borbottato.
- "sì, sì, brutta e cattiva Ester!" Avevo detto, lanciandomi nella mia migliore imitazione di una vecchia incazzata. "Ora mi lasci uscire per piacere?"
- "no!" Aveva esclamato lui. "Ora sarai costretta ad ascoltarmi da dietro quelle sbarre finché non avrai capito."
- "non trattarmi come una bambina." L'ho avvertito.
- "ci sto provando."
Si era messo le mani tra i capelli, camminando avanti e indietro.
- "perché ti sei buttata in mare?" Ha chiesto lui.
- "Amber mi ha spinto."
- "so che non è vero."
- "si, invece."
Caleb ha sbattuto la mano contro le sbarre.
- "perché?!" Ha urlato.
- "ho perso una cosa fuori bordo!"
- "che cosa?"
- "non deve interessarti-"
- "sentimi bene, novellina." Mi ha ammonita Caleb con tono feroce. "Adesso basta con i giochi." Ha infilato una mano tra le sbarre e mi ha afferrato il viso. "Guardami negli occhi, e dimmi cosa stavi cercando di recuperare!"
- "ho perso una chiave." Ho risposto piano. "Una chiave che mi serviva."
Non è una bugia. È successo. Solo, non oggi.
Caleb mi ha lasciato andare la faccia e ha appoggiato la fronte alle sbarre, come sollevato.
- "spero davvero tanto che tu sappia quello che fai, novellina."
Adesso, Caleb sta camminando per i corridoi, mangiando una mela con fare disinteressato.
Butta la mela in un cestini che incontra per strada. Poi si ferma davanti ad una porta e fa per infilare le chiavi nella serratura.
Io approfitto di quel momento per preparare un entrata a effetto: mi appoggio allos stipite della porta di fronte alla sua e metto su un sorriso sornione.
Apro la bocca per produrre una battuta inteligente ma vengo preceduta.
- "lo so che sei dietro di me." Caleb si gira e si appoggia con la schiena alla sua porta, incrociando le braccia. "Puoi dirmi cosa vuoi senza seguirmi, la prossima volta."
Cazzo perché a lui esce così naturale?
Sorrido.
- "poi non sarebbe così divertente."
Caleb mi restituisce un sorriso vittorioso, quasi famelico.
Fa diversi passi avanti, fino a fermarsi davanti a me.
Siamo separati da pochi centimetri di distanza, ha la testa abbassata per guardarmi negli occhi e il suo corpo mi getta addosso un ombra.
- "vuoi dirmi perché mi stavi seguendo o devo tirare ad indovinare?" Chiede piano.
Fingo di pensarci su.
- "la seconda opzione sarebbe più divertente."
- "ti serve un favore, dico bene?"
Faccio un sorriso.
- "esatto."
Lui alza le sopracciglia, in attesa di una mia risposta.
- "vorrei spostare la lezione di domani mattina un ora più tardi." mormoro.
- "e perché mai?"
- "non sono affari tuoi."
- "allora no."
Allunga una mano e me la poggia sul fianco prima che possa rispondere, poi si avvicina.
Lo guardo negli occhi, improvvisamente non ricordo quello che stavo per dirgli.
Si sporge verso di me, chiudo gli occhi...
Sento lo scatto di una serratura vicino a me.
- "scusa." Sussurra Caleb contro il mio orecchio. "Sei sopra la mia porta."
Bastardo.
Sapeva di essere seguito ma non era sicuro fossi io, per questo ha finto di fermarsi davanti ad una porta che non era la sua.
Apro gli occhi ed alzo la testa a guardare il numero di metallo fissato sopra la sua porta: 401.
- "sei proprio una merda." sussurro.
- "vuoi entrare?"
Lo guardo confusa.
- "cosa c'entra questo?"
Caleb fa risalire la mano dal mio fianco fino al mio collo.
- "niente, solo che voglio che tu entri nella mia stanza, dorma nel letto con me e ti svegli domani per stare ancora con me ad allenarti, ma un allenamento diverso da quello che voglio fare con te adesso."
Deglutisco.
- "e perché voglio assicurarmi che tu sia completamente guarita. Ovviamente."
Sorride di nuovo in quel modo vittorioso e sicuro di sé.
- "quindi te lo chiedo di nuovo: vuoi entrare?" Chiede.
- "si." Rispondo.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora