Capitolo trentunesimo, parte due

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POV di Ester
Corro per i corridoi della barca, una meta fissa in mente.
Come hanno potuto farmi questo.
Il ricordo dello scontro appena avuto con Parker continua a profilarsi davanti ai miei occhi. Ancora e ancora e ancora:
"mi dispiace, Ester," aveva detto. "Una ragazza ferita gravemente, appartenente al gruppo di Luke è sbarcata qui quasi un mese fa."
Mi fischiano le orecchie.
"Luke e tutti gli altri agenti che lo accompagnavano sono dispersi, in seguito ad un attacco a mano armata di agenti ignoti."
Non credevo si potesse sentire il rumore del proprio cuore che va in mille pezzi. Eppure quando Parker mi ha detto queste parole il mio si è spezzato con un sordo crack.
Svolto il corridoio.
Continuo a ripetere nella mente i momenti seguenti.
"Hai detto di amarmi!" Urlavo, intenta a tirargli pugni poco convinti. "una persona che ti ama non ti farebbe questo! Non te lo nasconderebbe!"
Solo allora Parker si era deciso a difendersi.
"Sarei io il problema adesso?!"
Le parole che ci eravamo scambiate dopo, tra un pugno e l'altro, non le ricordo, perché l'ultima frase che ricordo vividamente è stata la peggiore:
"La verità? Vuoi sapere la verità? Se non fossi stata figlia di James Bond non ti abrei neanche notata! Poi ci siamo messi insieme e ho cominciato a pensare che fossi fantastica, ma la realtà è che non hai fatto che mentirmi dall'inizio! Sei solo una-"
Non so cosa avrebbe detto.
L'ho interrotto.
Con una coltellata al braccio.
Rabbrividisco.
Il coltello a serramanico si fa sempre più pesante nella mia tasca. Sempre più sporco.
Finalmente raggiungo lo studio di mio padre. Apro la porta con un calcio.
Non può essere vero. Parker se lo sarà inventato. Era ferito.
Faccio irruzione nello studio.
- "dov'è?!" Grido contro mio padre. "Dov'è?!"
Bond si alza con aria annoiata, lo sguardo celato dagli occhiali da sole.
- "dov'è cosa, Ester? Continui a dimenticare i soggetti."
Mi avvicino a grandi passi verso di lui.
- "dov'è Luke?" Sibilo.
Mio padre si toglie gli occhiali e mi fissa negli occhi. Mi affretto a cancellare qualsiasi espressione dal mio viso. Sembra quasi di guardare in uno specchio.
- "disperso." Scandisce.
Il mio cuore comincia a battere troppo veloce, il mio campo visivo si restringe, la respirazione accellera.
scuoto la testa.
- "Avevi detto che era una missione sicura."
- " mi dispiace, Ester. Non c'è più traccia del tuo amico."  Mio padre si appoggia indolente al muro.
Non sento niente al di fuori del mio stesso urlo, che però suona lontano. Sento di star caricando il braccio, e riesco a deviare la traiettoria del pungo appena in tempo. Si infrange contro il vetro della finestra vicino al volto di mio padre. Sento il vetro tagliarmi le nocche, infiltrarsi nella pelle.
Tiro indietro il braccio con una smorfia.
- "avevi detto che era sicura." ripeto, cercando di controllare la voce.
- "non lo sono mai completamente." Bond si alza.
Mi appoggio contro il muro per non crollare a terra. Il dolore che sento alla mano è l'unica cosa che mi tiene ancora ancorata alla realtà, e ancora arrabbiata, non rotta.
- "devi cercarlo." Ordino
- "io non devo proprio niente"
Incrocio il suo sguardo.
Nessuna esmozione.
Nessuna emozione.
Non devio il pugno sta volta, lo colpisco in pieno viso e poi lo spingo indietro.
- "non dovrei sacrificare la missione per nessuno, giusto?" Un altro pugno, non so se mio padre stia evitando di difendersi o se l'ho preso di sorpresa. "ebbene, non ci penserei nemmeno un attimo prima di sacrificare te!" Esclamo. Finalmente Bond reagisce e blocca il mio pugno, spingendomi indietro.
Cado a terra, sbattendo la mano ferita, che mi strappa un grido di dolore.
- "TI ODIO!" urlo. "TI DETESTO!" Raccolgo tutta la mia forza per non scoppiare a piangere. " perché hai fatto questo a me? Perché?! Cosa ti ho mai fatto? Cosa?!"
Bond non risponde, si limita a tornare a sedersi al suo tavolo di mogano e rimettere gli occhiali.
Mi alzo.
- "che domanda stupida." mormoro, aprendo la porta. " tu non hai nulla contro di me. Semplicemente non te ne frega niente."
Esco dalla stanza, e corro, corro fino alla cabina del mio unico amico, dove finalmente posso piangere, ma e lacrime non vogliono saperne di uscire, e così mi limito a singhiozzare, a urlare, a strappare i cuscini e prendere a pungi le pareti.
"disperso."
"dobbiamo cercarlo."
"io non devo proprio niente."
Già. Io sì però.

POV di Caleb
Quando sono tornato e non ho trovato Ester in nessuno dei luoghi comuni ho saputo subito dove si stava nascondendo.
Dovevo solo sperare di non essere arrivato troppo tardi.
Mi sanguinano le nocche della mano destra per il recente confronto che ho avuto con uno dei gendarmi personali di Bond. Ho dovuto picchiarlo parecchio forte per ottenere risposte, ma ora so cosa ha sconvolto tanto la Novellina.
Non posso credere che questo le sia successo davvero.
Arrivo davanti alla camera di Luke e sbatto il pugno contro la porta.
- "Novellina! So che sei lì dentro, aprimi!" Nessuna risposta."Ester, conto fino a tre!"
Ho appena mentito.
Ho contato solo fino a due.
Spalanco la porta con un calcio ed entro.
La prima cosa che vedo è una stanza mezza distrutta, solo dopo noto una ragazza con i capelli ricci arruffati a coprirle il viso, seduta per terra, che sta chiudendo un borsone.
Sta scappando.
- "Ester."
Solo allora lei sembra accorgersi della mia presenza e alza la testa.
Ha le nocche insanguinate, come se avesse preso a pungo un muro...no, qualcosa di più tagiente, un vetro.
- "levati di mezzo." Ringhia, alzandosi.
Noto una pistola infilata nella cintura dei pantaloni, sotto la giacca di pelle.
- "dove vuoi andare?" Chiedo.
- "a cercare Luke."
- "non puoi."
- "posso eccome!"
Mi supera con una spallata, ma la afferro per le spalle e la tiro indietro prima che possa allontanarsi.
- "Ester dov'è Parker?" La scuoto, il viso pericolosamente vicino al suo,
- "non sono affari tuoi."
- "forse lui può farti ragionare."
Vedo uno spiraglio di emozione simile alla delusione filtrare nella sua maschera di rabbia.
- "ci siamo lasciati"
Resto in silenzio.
Lasciati?
Ci guardiamo negli occhi spalancati per un tempo che mi sembra infinito. Poi le nostre labbra si scontrano.
Ester lascia andare il borsone e mi spinge contro il muro, le sue mani trovano il mio corpo e le mie il suo.
Sa di disperazione. Sa di cuore spezzato.
Poi Ester interrompe brutalmente in bacio. Torna sui suoi passi e raccoglie il borsone, in silenzio.
Devo fermarla.
Le afferro il braccio e la tiro indietro con forza, torcendole il polso. Solo che lei non si fa prendere di sopresa sta volta.
Si rimette subito in piedi e mi spinge indietro. Mi paro davanti all'uscita. Capisco che ha tirato fuori la pistola solo quando sento la sicura scattare.
- "levati di mezzo o giuro che ti ammazzo." Ringhia Ester.
La guardo negli occhi.
Afferro le sue mani  che stringono la pistola e me la porto alla fronte.
- "fallo. Non ti lascerò andare."

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora