Capitolo tredicesimo, parte tre

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POV di Ester
Esco dalla palestra di folata.
Come si permette quello stronzo?? Irrompere così nella palestra e cominciare a...infastidirmi.
Praticamente ho detto di sì a Parker solo per ripicca contro di lui.
Sono fidanzata adesso. Una ragazza presa. Impegnata.
Non ho ancora deciso come mi sento al riguardo.
Mi accorgo di aver camminato inconsciamente fino alla camera di Luke. Spero che lui sia all'interno e apro.
Guardo dentro e sgrano gli occhi.
- "Oh merda, LUKE!" Esclamo coprendomi gli occhi con una mano.
Chiudo la porta dietro di me con un calcio.
Ho appena visto il mio migliore amico in mutande inchiodare una ragazza, anche lei in mutande, al muro.
- "Ester!" Esclama lui, a corto di fiato. "Non sapevo stessi venendo qui." Si para davanti alla ragazza per nasconderla mentre si veste.
- "da quando devo annunciarmi prima di venire da te?!" Sbotto, la testa voltata per non mettere a disagio la ragazza. "Potevi chiudere a chiave la porta, che cazzo!"
In tutto ciò la ragazza ha finito di rivestirsi e corre verso la porta.
- "ci vediamo, Luke." Cinguetta. "E...amica di Luke." Dice a mia intesa. Apre la porta.
- "Mi chiamo Ester!" Le grido dietro.
Torno a posare lo sguardo su Luke.
- "ma chi cazzo è questa?"
Luke ride e scuote la testa. Poi mi guarda e allarga le braccia, come preparandosi a ricevere un abbraccio.
- "cara Ester, ho una missione!"

POV di Luke
La reazione di Ester è composta da una serie di espressioni contrastanti.
Abbiamo il tic-estremo-all'occhio-destro, il gridolino-di-gioia-stereotipato, il sorriso-da-ebetona e le urla-e-insulti-vari-perché-non-andiamo-insieme.
- "MI LASCI QUI?!" Strepita, per poi buttarmi le braccia al collo e gridare: "sono TROPPO felice per te, fratellone!"
Mi chiama così solo quando è molto felice...o molto incazzata.
- "devi raccontarmi tutto!" Esclama sedendosi sul letto, si rialza subito. "Non avete...amoreggiato qua sopra, vero?" Chiede.
Rido, scuotendo la testa.
Mi siedo di fronte a lei e le spiego in breve della riunione, della missione, e di Fatima ovvero la ragazza che è appena uscita dalla mia camera.
- "eh, tralaltro." Dice, sorridendo. "Mi sono fidanzata."
Sgrano gli occhi.
- "ti lascio da sola una giornata e succede questo?!" Esclamo. "Chi è il poraccio?"
Mi tira un pugno sul braccio.
- "un exchange student, si chiama Parker."
Annuisco.
- "anche Fatima è un exchange student, li ho incontrati tutti... com'è fatto il tuo Parker?"
- "occhi azzurri, capelli biondi.." fa spallucce.
Sgrano gli occhi.
- "oh no! È quello che sembra un putto?" Esclamo incredulo.
Ester ride e mi tira un altro pugno.
- "non è un putto! È carino."
Scuoto la testa, sorridendo.
- "Ester Barbossa fidanzata." Sospiro. "Ed io che credevo ti saresti limitata a limoni occasionali fino ad essere talmente vecchia da risvegliare il mio spirito eroico e prenderti in moglie pur di non lasciarti da sola."
Mi guadagno un altro pugno.
- "smettila!" Esclama stizzita.
Alzo le mani in segno di resa, ma c è qualcosa che davvero non mi convince in questa situazione.
Non so spiegarlo.
- "e sei... contenta?" Chiedo.
Ester non risponde subito.
- "Red?"
- "sì...credo."



CAPITOLO QUATTORDICESIMO
POV di Ester
Dopo aver passato l'intero pomeriggio con Luke, mi sto dirigendo da sola verso la mensa.
Già, perché quel cretino ha promesso alla sua Fatima una cenetta galante.
Già la odio.
Oggi ho deliberatamente deciso di saltare la sessione di allenamento con Caleb, ovviamente.
Finalmente raggiungo la mensa e mi metto in fila, riempiendo il mio vassoio di pagnotte di pane. Non mi prendo nemmeno la briga di mettermi sul vassoio il piatto di sbobba e fingere di mangiarlo, e decido di sedermi ad un tavolo.
Tina e Brigitta non si sono fatte vedere, ma alla fine non è che mi dispiaccia più di tanto stare da sola. Non vedo neanche Parker, ma se non ricordo male mi aveva detto di avere una festa con alcuni nuovi amici del suo corso stasera.
Stavo masticando energicamente un pezzo di pane quando una mano mi si posa sulla spalla.
È grande, spiacevolmente calda e callosa.
Prego mentalmente che sia chiunque, chiunque tranne chi penso che sia.
Chiunque.
E invece no.
Hannes mi si siede vicino con molta noncuranza.
- "Allora, Ester!" Esclama baldanzoso. "Mariniamo scuola eh?" Sta sempre tenendo una mano sulla mia spalla. Da fuori potrebbe sembrare un gesto protettivo, paterno. Ma in verità mi sta stringendo la spalla più forte di uno schiaccia sardine.
- "non-" mi acorgo che la mia voce non è salda e raddrizzo la schiena. "Non ho marinato, io e Caleb abbiamo deciso di prendere una pausa di comune accordo."
La mano si stringe più forte sulla mia spalla.
- "sai Ester, ho scoperto che hai fatto scoppiare recentemente una rissa in mensa, e che hai fallito molte delle tue simulazioni."
- "ho fallito solo le prime volte." Protesto.
- "e che mi dici di quella riguardante un certo Luke?"
Sbianco.
Hannes mi lascia la spalla, sono sicura che mi resterà il segno, e  prende a sistemarmi i capelli.
È semplicemente un pretesto per tirarmeli e farmi male.
- "specialmente dopo che ho tessuto le tue lodi davanti a tuo padre per un intera riunione." Continua Hannes, sempre concentrato sui miei capelli. "Insomma. Che figura ci farò quando noterà la tua incompetenza e penserà che io gli abbia detto solo balle??"
Mi da un forte strattone alla testa, facendomela piegare indietro. Sto cercando di non far trasparire niente ma sta diventando davvero difficile.
- "domani, il giorno dopo domani e quello dopo domani ancora, li passerai ad allenarti." Dice Hannes, spostando la mano che teneva aggrappata ai miei capelli con noncuranza. "E quando tuo padre assisterà, ti troverà perfetta." Mi posa una mano sul braccio con fare gentile. Incrocio il suo sguardo, finora avevo guardato dritto avanti.
- "chissà che non ti assegni una missione!" Esclama con lo stesso tono di voce che userebbe una fangirl ad un evento di Justin Bieber. "E io un aumento di posizione. Se giochi bene le tue carte potremmo non rivederci mai più."
Si alza.
- "oh, a proposito, non appena Luke tornerà dalla sua missione in sud America, lo farò trasferire."
Scatto in piedi.
- "non puoi."
Vedo un lampo di rabbia attraversargli lo sguardo e so che se non fossimo in un luogo publico mi avrebbe già schiaffeggiato.
- "posso, invece, eccome se posso, posso e lo faccio!" Sibila.
A volte mi chiedo se abbia qualche complesso di inferiorità rispetto a me, solo perché sono la figlia del capo e ho ancora tutti i capelli.
Prendo il coraggio a due mani e rizzo la schiena.
- "ma certo, fallo pure, e io farò in modo che mio padre veda quanto marci sono i frutti del tuo prezioso allenamento."
Hannes mi afferra un gomito e stringe, provocandomi una fortissima fitta al braccio.
- "stammi bene a sentire ragazzina. Mettiti contro di me, e ti renderò la vita un inferno."
- "poco male!" Esclamo. "Tanto lo è già!" Mi libero dalla sua presa. "Sei tu che non vuoi metterti contro di me. O potrei sempre lasciarmi scappare qualche parola di troppo sul tuo conto."
Mi volto ed esco dalla mensa a grandi passi, lasciando Hannes a ribollire di rabbia dietro di me.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora