Capitolo ventisettesimo, parte due

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POV di Ester.
Alzo la testa ed incrocio lo sguardo di Caleb.
- "sì, in effetti, stavo giusto andando in camera mia a farmi la doccia: ho fatto un allenamento intensissimo e sono molto sudata."
Questo è quello che avrei dovuto dire, ma invece dalla mia bocca esce:
- "cos'è, mi segui adesso? Mi stavo allenando."
Caleb sorride come se già avesse vinto una sfida che nemmeno sapevo di aver iniziato.
Si appoggia con una spalla al muro del corridoio e incrocia le braccia.
- "sai, Novellina, vorrei proprio poter credere che fosse vero."
- "lo è."
Si stacca dal muro e si avvicina a me. Mi costringo a restare immobile.
- "spero davvero tanto che tu non sia stata così stupida da accettare quella sfida del cazzo con Amber e che tu non ti sia buttata in mare per provare che hai non so cosa in più di lei." Continua ad avvicinarsi.
Faccio un passo indietro. Sento qualcuno arrivare dietro di me nel corridoio, Caleb mi mette una mano sul fianco e mi da una spinta, dirigendomi contro il muro del corridoio.
Chiunque lo stesse attraversando ci supera senza vedermi.
Roteo gli occhi, Caleb posa una mano vicino alla mia testa, senza staccare l'altra dal mio fianco.
- "allora?" Chiede.
- "le tue preghiere sono state esaudite!" Esclamo. "Non sono stupida e non ho accettato sfide idiote. Fine, posso andarmene adesso?" Lo spingo indietro e mi stacco dal muro.
- "non hai disubbidito agli ordini di tuo padre buttandoti in mare aperto, quindi?" Chiede.
Lo fisso negli occhi.
- "lo giuro."
Caleb ricambia l'occhiata per qualche secondo, poi, inavvertitamente, infila una mano tra i miei capelli ancora bagnati, sulla nuca, e la stringe a pugno, tirandomeli indietro.
- "sei sicura?"
Cazzo.
Distolgo lo sguardo, ma resto immobile.
- "li ho lavati." Mormoro.
Caleb resta in silenzio finché non torno a guardarlo, poi lascia andare i miei capelli e passa la mano sotto il collo del maglione, afferrando la maglietta bagnata sotto.
- "con tutti i vestiti?" Chiede, decisamente scazzato.
Faccio un passo indietro, cercando di liberarmi dalla sua presa, ma lui mi afferra un braccio e mi trattiene.
- "hai idea di quanto sia pericoloso per te, Ester? Te ne rendi almeno conto?"
- "non capisci! C'era una ragione-"
- "notte in cella." Dice caleb.
- "cosa?" Esclamo.
- "e una lavata di testa prima e dopo."
- "cosa? Perché?!"
- "perché? Perché? Sto cercando di aiutarti, c'è una magra possibilità che se ti punisco io non lo faccia-"
si blocca e guarda dietro di me. Mi volto a seguire il suo sguardo.
Due agenti vestiti di nero dalla testa ai piedi se ne stanno fermi dietro di me.
- "Ester Barbossa." Dice il primo con voce meccanica. "Sei stata convocata nell'ufficio di James Bond."
Cazzo.

Mi siedo davanti alla scrivania di mogano di papà. Finalmente i due A.S mi lasciano andare le braccia.
Di nuovo in questo studio di merda.
Certe cose non cambiano mai.
Vedo davanti a me solo lo schienale della sedia girevole bianco perla di mio padre, finalmente si decide a girarsi.
Fa un sorriso senza emozioni e appoggia i gomiti alla scrivania. Non è semplice capire se i suoi sorrisi sono sinceri, dato che la maggior parte delle volte tiene gli occhiali da sole a nascondergli gli occhi. Io però i suoi sorrisi, li conosco tutti.
Sorrido a mia volta.
- "ciao, papà."
Questa volta sul suo volto non compare nessun sorriso.
- "era tanto che non tornavi nel mio studio Ester, quasi un intero mese." Contempla il suo orrido arredamento per qualche secondo. "Ti è mancato?"
- "tutto il contrario."
- "allora è questo che non mi spiego, vedi." Fa una pausa. "Perché, mi ritrovo a doverti convocare?"
- "è più una cosa che io dovrei chiedere a te, non credi?" Chiedo, con il suo stesso tono di superiorità e privo di emozioni.
Bond ride e si toglie gli occhiali.
- "c'è poco da dire, siamo esattamente uguali."
Fisso nei suoi occhi azzurri, ci vedo un riflesso dei miei.
- "se ti fa piacere pensarlo." Accavallo le gambe.
Mio padre posa gli occhiali sul tavolo.
- "perché ti sei buttata in mare oggi?"
Resto in silenzio.
- "non mentirmi, Ester, ho i filmati." Aggiunge Bond.
È una minaccia, è sicuramente una minaccia.
- "mi era caduta una cosa fuori bordo."
Mio padre sbatte una mano sul tavolo e avvicina il viso al mio.
- "e ti aspetti che io ci creda?"
Faccio appello a tutta la mia forza di volontà per restare calma e non fare cose ridicole come...mettermi a piangere?
- "hai i filmati." Dico. "Non posso mentire."
Posso sentire la rabbia di mio padre accumularsi nella stanza.
Abbasso lo sguardo prima che mi chieda di farlo.
Mio padre resta in silenzio.
- "ho saputo che il tuo istruttore ti ha già conferito una punizione, sarà applicata." Dice, rilassato.
Torno a guardarlo.
Tutto qua?
Bond rimette gli occhiali.
- "comunque, ho perso il tuo ultimo esame, ho intenzione di restare sulla barca per le prossime settimane-"
Afferro i braccioli della sedia.
- "cosa?"
- "il che vuol dire che sarò io il tuo responsabile-"
Ti prego dillo ti prego dillo ti prego dillo...
- "e non Hannes."
Il mio cuore sta per esplodere.
Faccio un sorriso che va da un orecchio all'altro e balzo in piedi.
- "puoi andare." Mi congeda mio padre.
Mi volto per andarmene.
- "oh, e Ester?" Chiama mio padre.
Mi volto a guardarlo.
- "la prossima volta che qualcuno accenna a strangolarti non perdere tempo a cercare di resistergli, neutralizza il nervo al livello del gomito e scappa."
Con la mano mi copro istintivamente il segno che ho sul collo.
Avrei dovuto mettere del fondo tinta.
- "chiaramente abbiamo ancora tanto lavoro da fare." Mormora mio padre, prima che i suoi agenti mi spingano fuori dalla stanza.

All the lines she crosses 1- on my ownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora