31 - do you want to get back at him?

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"Qualcuno vuole condividere la sua storia?" chiese l'oratrice dei narcotici anonimi a noi poveri tossici seduti in cerchio.
Io me ne stavo seduta in silenzio col cappuccio della felpa tirato su e le braccia incrociate, detestavo stare lì ma lo avevo promesso a John B. Era parte delle condizioni per essere perdonata da lui. In più, ne avevo seriamente bisogno arrivati a quel punto.

"Juliet?" mi richiamò la signora Grace.
"Mh?" non stavo ovviamente ascoltando una parola.
"Non hai ancora detto una parola da quando vieni qui. Ti andrebbe di condividere qualcosa con noi?" chiese sorridente con il suo blocco appunti e la sua penna pronta.
Andare? No, non mi andava minimamente, ma tutti mi fissavano e si aspettavano una risposta da me.

"Versione breve: sono sopravvissuta ad un overdose e non mi è comunque passato il vizio, direi che a questo punto o non mi importa molto se vivo o muoio oppure sono estremamente stupida" dissi tranquillamente. In quella stanza tutti avevano storie tragiche alle spalle, sicuramente non mi avrebbero guardata male per la mia confessione, o come fossi un alieno, come facevano tutti. Di certo non mi avrebbero dato quello sguardo pieno di pietà che proprio non riuscivo a sopportare.

"E cosa ti ha spinta a ricominciare?"
"Oh, un paio di traumi irrisolti. Padre morto, ex ragazzo geloso, poi il ragazzo che mi piace è quasi morto e poi sono quasi morta io. Ah, e lui sta con un'altra" a quel punto sì che mi guardavano male.
Gli avevo praticamente sbattuto due mesi di informazioni in due frasi, comprensibile.

"Quasi morta?" chiese confusa.
"Ho avuto un incidente perché mi sono messa alla guida strafatta, vuole vedere la cicatrice?" chiesi divertita. Sapevo che avrei dovuto prenderla sul serio o non sarebbe servito a nulla, ma non ci riuscivo. Era più forte di me.

"Io sì" disse un ragazzo seduto poco più distante da me sulla destra. Emanava le mie stesse vibrazioni, seduto stravaccato e avvolto nella sua felpa. Mi sorrideva divertito, probabilmente anche lui era costretto a stare lì. Ricambiai il sorriso.
"Grazie, Evan, non è necessario" lo riprese la signora Grace.

Stavo firmando il foglio delle presenze che noi poveri tossici senza futuro eravamo obbligati a riempire per dimostrare che stessimo effettivamente prendendo parte alle sedute.
"Juliet Hale, ho presente chi sei" disse il ragazzo in fila dietro di me. Mi spostai per lasciarlo firmare, ma lo aspettai invece di uscire.
"Evan, giusto?" era il ragazzo di prima.

Biondino, capelli ricci, occhi scuri. Molto alto e anche un po' inquietante, aveva uno sguardo che ti entrava dritto nell'anima tanto che era scuro.
"Giusto"
"Sei a scuola con me?"
"Sì, ma al contrario tuo, io non vengo notato" rispose mentre ci incamminavamo all'esterno.
"Credimi, ti invidio" risposi sinceramente.

"Bella la tua storia. Mi piacciono le storie tristi"
"La mia storia è tragica, non è triste" risposi accendendomi una sigaretta.
"Credo davvero di essere un caso perso" aggiunsi. Di solito non mi aprivo con nessuno, ma quel ragazzo per qualche motivo mi ispirava fiducia.
"Tutti quelli qui dentro sono un caso perso ... o quasi" rispose appoggiandosi al muro dell'edificio.

"Qual è la tua storia?" chiesi.
"Due overdose. Sono impazzito quando è morto mio fratello gemello. I miei hanno divorziato, papà è diventato un alcolista e mamma cerca di tenere insieme i pezzi. Ma è distrutta" buttò fuori accendendosi una sigaretta a sua volta.
Cazzo, a lui forse era andata pure peggio.

"Cazzo, mi dispiace"
"E a me dispiace per te. Non sembra esserti andata tanto meglio" rispose espirando il fumo della sua sigaretta. Mi soffermai a fissarlo, era davvero bello.

"Da che parte dell'isola stai?" chiesi, non mi sembrava un Kook.
"Figure Eight ovviamente, dove troverei i soldi per farmi due overdose altrimenti?" chiese retoricamente sorridendo, aveva un bellissimo sorriso che mi contagiò.

The MadhatterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora