- undici -

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× Mariam se ne sta seduta in un recinto di sabbia a giocare con un altro bambino in un piccolo parco in cui sembrano esserci solo loro, Paulo, Serena e la nonna del piccolino che sta leggendo un libro.
Sono arrivati fin lì perché la bambina voleva vedere i fiori di un'aiuola e poi si è messa a giocare con qualcuno che ha, più o meno, la sua età, finendo nella sabbia a costruire castelli.

"La smetti di essere così accigliato?" domanda Serena, di ritorno dal suo piccolo giro. "Andiamo, che vuoi che sia?"

"Non può andare in giro ad insultare la gente."

"Guarda che non ha detto nulla di troppo grave, 'brutta' non è una cattiva parola anche se offensiva."

"Ma non si dice alla gente, tu vai in giro a dire alle persone che sono brutte?"

"Ha un anno, Paulo." gli ricorda. "E poi solo uno sciocco prenderebbe seriamente le parole di una bambina così piccola, se quella tizia si è offesa, sono fatti suoi. Io l'ho trovato divertente."

"Divertente?"

"Se lo merita dopo avermi guardato male, deve ringraziare che non sia stata io a dirle di peggio." cerca di buttarla sul ridere. "E poi si vedeva da lontano un chilometro che non avevi voglia di parlarle."

"Questo non c'entra."

"Si, invece." insiste. "Guarda che non crolla il mondo se per un giorno decidi di voler stare tranquillo e per i fatti tuoi."

"Ma in ogni cosa non c'entra con Mariam." sospira.

"Andiamo, lo ha fatto perché ti vuole bene e lei non è che ispiri simpatia." lo guarda negli occhi. "Ha visto che era insistente ed ha voluto 'proteggere' il suo papà, fine. Non sa ancora dire 'vorrei poter stare con mio padre da sola, perfavore' e quello è stato l'unico modo per mandarla via. Non dico che sia giusto, ma arrabbiarti con lei quando quell'altra ha mostrato maleducazione, non è corretto."

"Dici che è stata maleducata perché ti ha guardata male?"

"Oltre quello, anche perché è venuta a disturbarti nonostante Giorgio la richiamasse in continuazione." aggiunge.

"Dici che ho esagerato?"

"Non tanto nel rimprovero, alla fine è giusto che impari sin da piccola, ma è una bambina e essere così severi non aiuta." dice la sua. "E poi tra qualche anno sarai tu a fare queste cose a lei."

"Eh?" alza un sopracciglio.

"Perché sarai geloso di qualsiasi ragazzo che le si avvicini." ridacchia.

"E tu come lo sai?"

"Perché anche io sono una donna e anche io ho un padre che ha fatto lo stesso con me." risponde semplicemente. "E non provare a dire che non sarai così, perché non ci crede nessuno."

Al sentire quelle parole, Paulo ridacchia e lancia uno sguardo alla bambina che sta scavando una buca con una paletta.

"Quindi credi che sia una vendetta per me?"

"Sai anche tu che è intelligente, non mi stupirei se sapesse cosa accadrà quando sarà un'adolescente." ride anche lei.

"Adesso mi sento in colpa." la guarda da lontano.

"Figurati, le sarà già passata. Niente che un abbraccio non possa sistemare." sorride.

"Dici che funzionerà?"

"Altroché. Non so se te ne sei accorto, ma quella bambina è pazza di te, non potrebbe mai tenerti il muso per troppo e adesso è solo scossa perché si è sentita rimproverare dal suo papà. Passerà tutto non appena la terrai tra le braccia, fa sempre così, come quando inizia a piangere."

"La chiamo adesso o la faccio giocare?"

"Magari la chiami tra 5 minuti perché si sta facendo tardi, falle godere questa passeggiata un altro po'." la osserva mentre si pulisce le mani dai granelli di sabbia.

"Vorrei avere un po' di tempo per farle fare queste passeggiate più spesso." mormora. "È come se non ci fossi mai."

Chiude gli occhi quando Serena poggia pesantemente le mani sulle sue guance, schiaffeggiandole.

"Ti sei svegliato o dove colpirti più forte?"

Paulo la osserva, ha le sopracciglia aggrottate e lo sguardo severo, come se lo stesse rimproverando severamente.

"Perché?"

"Perché dici cazzate." afferma. "Da quando non ci sei mai per tua figlia? Spendi letteralmente il tuo tempo tra casa e allenamento, tra lei e il pallone. Torni a casa stanco morto ma giochi comunque con lei, la rendi partecipe di ogni singola cosa che fai e, quando hai il giorno libero, la porti con te in qualunque posto a fare qualunque cosa lei ti chieda per farla contenta." elenca. "Non so tu, ma io questo non lo definisco 'non esserci mai', io lo vedo come un uomo che sta crescendo sua figlia nel migliore di modi e che ci sta anche riuscendo." butta fuori un sospiro. "Alle volte sai essere parecchio perspicace, altre volte invece sei davvero così tanto stupido da farmi credere che ti abbiano dato una licenza o roba simile."

Mette le mani in tasca, dopo qualche istante incrocia le braccia al petto, andando a chiamare Mariam dato che si sta facendo parecchio tardi. Paulo la osserva da lontano, mentre le fa salutare l'amichetto e la pulisce dalla sabbia, sistemando meglio la giacca sulle sue piccole spalle. Le sue parole riecheggiano nella sua testa e lo convincono sempre più di non avere davanti una donna normale, ma un angelo che cerca sempre di guarire ogni suo dubbio e di ascoltare le sue lamentele per poi consolarlo. Una volta con un abbraccio e la prossima con uno schiaffo. Torna con i piedi per terra quando le vede avvicinarsi e, proprio come si aspettava, la bambina non lo guarda nemmeno negli occhi e si nasconde dietro la gamba di Serena.

"Dove vai? Papà deve chiederti una cosa." le accarezza la testolina.

Si alza in piedi e la prende in braccio, baciandole amorevolmente la guancia mentre la guarda come fa sempre. Innamorato della sua bambina.

"Facciamo pace, amore?" domanda, accarezzandole la guancia, leggermente fredda, con la punta del naso.

Lei annuisce e stringe le braccia intorno al collo del suo genitore, accarezzando poi la sua guancia e facendolo sorridere.

"Ti amo." mormora, prolungando un po' la 'o' e facendo sentire di più la 'm'.

"Anche io amore mio, ti amo con tutto il mio cuore."

. . .

Uno di questi giorni / Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora