- quarantatré -

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× Sbuffa davanti all'ennesimo tiro che non entra in porta e ringrazia il cielo di non star giocando una partita ufficiale, altrimenti avrebbe iniziato a prendere a testate i pali della porta.

"Oggi non è giornata, eh?" ride Alvaro.

"No, decisamente no." sospira, togliendosi la pettorina di dosso.

"Sarà un po' di agitazione, riposati e vedrai che passerà." gli da una pacca.

Accenna un sorriso in sua direzione ed annuisce, camminando poi verso lo spogliatoio dove lo aspetta una doccia fredda che spera lasci scivolare via anche i pensieri. Ma non ci riesce. Per quanto non abbia voglia di pensare a nulla, non può fare a meno di sentire rabbia e il motivo per cui la prova. Avrebbe preferito incontrare il demonio anziché lei, forse la figura più vicina ad esso ai suoi occhi. Non può sopportare l'idea di lei con Serena e con Mariam, più ci pensa e più vorrebbe prendere a pugni qualcosa. Ma non risolverebbe nulla e la sua frustrazione non serve a nessuna delle due. Sospira, grattando nervosamente una zona ben precisa del collo che gli prude tantissimo.

"Aspetta, fa' vedere." dice Leonardo. "Sei tutto rosso."

"Sarà l'etichetta dello scaldacollo, te lo dico io." parla Juan. "Ho una gran macchia rossa sul collo perché ho passato tutta la notte a grattarmi, non metterlo domani."

"Va bene." annuisce.

"E metti una pomata." lo avvisa.

Annuisce e poi sospira, andando verso il compagno e sistemandosi per tornare a casa. Ha passato la notte in bianco, intento ad osservare Mariam e Serena dormire accanto a lui e strette in un abbraccio. Ha visto la fidanzata un po' giù e si è dato la colpa per essere stato un po' duro e parecchio silenzioso nelle ore successive alla loro discussione. Non avevano litigato, ma è come se lo avessero fatto dato che non si sono più rivolti la parola. Non sa nemmeno lui dare un motivo a questa specie di decisione. Sospira ancora una volta quando arriva nel parcheggio e fruga nelle tasche della tuta per trovare le chiavi della macchina, trovando qualcuno che lo aspetta proprio lì vicino. Vorrebbe davvero esplodere in questo momento, ma sceglie l'indifferenza. Si avvicina come se niente fosse, poi fa per aprire lo sportello, sentendo la sua voce alle spalle.

"Non sei cambiato di una virgola, sei sempre stato il tipo da auto sportiva." ma lui non risponde mentre sistema il borsone sui sedili posteriori. "Che c'è? Adesso mi ignori?"

"Lasciami stare." risponde secco e duro, sentendo la presa della sua mano sul suo braccio.

Si volta per dirle di lasciarlo andare, ma immediatamente avverte una pressione sulla sua bocca. Lo sta baciando. La spinge dalle spalle ed aggrotta le sopracciglia mentre la rabbia gli annebbia il cervello.

"Ma che cazzo fai?!" urla.

"Quello che facevamo sempre." alza le spalle, smuovendo poi le ciocche bionde. "Non dirmi che ti sei dimenticato."

"Vattene via, stammi lontano." sospira mentre le sue iridi diventano inaspettatamente più scure.

"Perché? E dire che mi hai cercata tanto, adesso sono qui e tu non vuoi nemmeno che mi avvicini?" lo osserva attentamente.

"Tu sei fuori di testa." scuote il capo mentre fa per salire in auto, ma lei lo blocca ancora. "Non mi toccare, è l'ultima volta che te lo ripeto."

"Altrimenti che fai? Mi colpisci?" domanda, sa che non picchierebbe mai e poi mai una donna. "Voglio solo parlare ed è inutile che scappi perché arrivo anche sotto casa tua se non mi ascolti adesso."

No. Decisamente no, non vuole vederla in nessun modo, figuriamoci anche sotto casa sua adesso che ha trovato un po' di pace.

"Hai 2 minuti."

"Bastano ed avanzano." si avvicina di qualche passo, provocando un basso rumore a causa del ticchettio dei tacchi che ha ai piedi.

Poggia le mani dietro al suo collo, accarezzando la sua nuca e facendolo sbuffare mentre fa un passo indietro per togliersela di dosso.

"Che cosa vuoi?"

"Te." accenna un sorriso che lui non riesce a riconoscere. È quasi un sorriso falso, di convenienza.

"Me? Non esiste." risponde.

"E perché?"

"Perché non ti voglio nemmeno vedere in fotografia."

"Perché stai con Serena adesso?" sente i nervi a fior di pelle al sentire nominare il nome della fidanzata da lei. "O ci sono altri motivi?"

"Perché te ne sei andata dal nulla forse? Lasciando me ed una bambina che non c'entra nulla? O perché hai voltato le spalle anche a Serena forse?" parla sarcasticamente.

"Se dovessimo pensare solo al passato, allora non ci sarebbe più futuro per nessuno." mormora. "Io voglio te, Paulo." si avvicina ancora e lui la guarda attentamente, ma non prova nulla se non fastidio.

"Io no." si scrolla ancora una volta le sue mani di dosso. "Non voglio nemmeno sapere che esisti ancora."

"Almeno vuoi spiegarmi il perché?"

"Perché tutto quello che ho vissuto con te erano bugie su bugie. Mi hai mentito per tantissimo tempo e mi hai fatto credere che una famiglia sarebbe stato ciò che ci avrebbe unito per sempre, mi hai illuso con tante belle parole per poi pugnalarmi alle spalle."

"E quindi ti sei consolato con la mia migliore amica."

"In lei non ho ricercato la consolazione per i tuoi errori, sto con lei perché la amo, perché quel che dice è vero e vuole davvero passare la sua vita con me."

"Ma io adesso sono qui e voglio anche io passare la mia vita con te." sussurra, guardandolo con un sorriso furbo, attorcigliando le braccia intorno al suo collo. "Lascia tutto e vieni via con me, saremo solo io e te."

"E che mi dici dell'uomo con cui stai?"

"Io lo lascio se tu vuoi me." mormora.

"Lo lasceresti per me?" ripete per essere sicuro di quello che ha detto e lei annuisce con un sorriso più ampio.

Sorride anche lui, poi poggia una mano sulla sua spalle e la guarda dritta negli occhi, scuotendo la testa ed allontanandola per la terza volta mentre le da le spalle.

"Ma.."

"Avrei dovuto capire prima perché dicevano che non fai per me." ride nervosamente. "Sei sempre stata una bugiarda patentata e vuoi anche ritornare nella mia vita come se niente fosse? Ricominciando proprio da una bugia?" passa una mano tra i capelli. "Non sei stata convincente nemmeno un po'."

"Quindi hai capito che ti stavo prendendo in giro." incrocia le braccia al petto.

"Non ho capito il perché però."

"Per vedere se sei il solito allocco di anni fa." sospira. "Io non farò per te ma tu non fai per me, questo è certo. Sei monotono e noioso, la vita da genitore ti si addice parecchio." gli da anche lei le spalle. "Divertiti a crescere nostra figlia."

"Ti sbagli di grosso." afferma con tono duro e severo, voltandosi ed incontrando il suo sguardo dato che lei ha fatto lo stesso. "Mariam è mia figlia, non la tua."

Apre poi la portiera dell'auto e ci sale sopra, lasciando quel parcheggio per tornarsene a casa.

. . .

× × ×

BUON ANNO!✨️🥂

Uno di questi giorni / Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora