- quarantanove -

1.5K 42 4
                                    

× "Pronto?" risponde solo dopo 4 squilli.

"Serena, grazia al cielo." sospira dal sollievo.

"Ti stavo richiamando, che cosa sono tutti quei messaggi e tutte quelle chiamate? Che cos'è successo?"

"Niente, solo che.." prende un respiro profondo. "Sono passate le cinque e non ti abbiamo vista tornare, non avevamo idea di dove fossi finita dato che non tardi quasi mai dal lavoro anche se è giovedì. Siamo venuti a casa tua ma non c'eri ed ho pensato di chiedere a tua madre e mi ha detto che sei andata a prendere un treno per non si sa dove." spiega brevemente.

"Per non si sa dove?" chiede. "Te lo avevo detto che sarei dovuta andare a Verona oggi."

"A Verona?" si acciglia. "Per fare cosa?"

"Per quei clienti che hanno voluto farsi fotografare nella loro città."

Ricorda solo in quel momento di averle sentito dire una cosa del genere, quella sera quando stava preparando una torta insieme a Mariam in cucina. Passa una mano sul viso e si chiede come diavolo abbia potuto dimenticare una cosa del genere e pensare che se ne sia andata per non vederlo mai più.

"Menomale." sospira dal sollievo.

"Che ti prende?"

"Avevo paura che fossi andata via per sempre." ammette, sentendo del silenzio dall'altra parte.

"Come no, continua a scambiarmi per qualche altra."

"Non volevo dire questo, io.." non ce la fa proprio a parlarle attraverso il telefono. "Dove sei adesso?"

"Alla stazione, tra poco passa il mio treno."

"Per che ora torni? Vuoi che ti venga a prendere?"

"No Paulo, non cambiano le cose. Non voglio vederti." sospira. "Domani vengo a prendere Mariam per farle fare una passeggiata se non ti dispiace."

"Vengo insieme a lei, le manchi e vuole tanto vederti."

"Arriverei per le dieci e quarantacinque e sarebbe tardi per lei. Dille che vengo domani io."

"Ti prego amore, ho bisogno di vederti."

"Non chiamarmi amore." lo ammonisce. "Adesso devo andare.".

Chiude la conversazione ma, nonostante le sue parole, non si da per vinto.

"Mari." chiama la figlia che la guarda un po' confuso. "Ti va di andare a giocare da Alice?"

"Nena?" domanda, non volendosi distrarre dal punto di vista principale.

"La vedo a prendere." le accarezza la guancia.

Annuisce, poi va da sola a prendere la sua giacca e sospira, non vedendo l'ora di rivedere la sua adorata nena e stare un po' con lei. Chiama Alvaro e gli spiega velocemente la situazione e ringrazia il cielo che sia un'anima buona che gli permette di portare lì Mariam, anche perché Alice che era accanto lui ed ha sentito tutto, ha iniziato un discorso motivazionale sul riprendersela e su quanto le piaccia Serena nella sua semplicità. Guida fino a casa loro, rassicura la bambina e le da un bacio mentre la vede annuire sconsolata, prendendo la mano di Alice subito dopo.

Guarda l'orologio ed è ancora presto ma comincia a guidare verso la stazione, tra un'ora Serena sarà lì e non ha idea di come fare per passare inosservato in mezzo alla folla. Si guarda intorno e trova una felpa che ha lasciato lì l'altro giorno, la indossa e prende tra le dita una mascherina mentre aspetta che si facciano le dieci meno cinque. A quel punto scende, entra nella stazione e osserva bene chiunque stia uscendo dalla stazione. Quando sente il telefono squillare, osserva accigliato chiunque possa essere a quest'ora e risponde.

"Pronto?"

"Buonasera." impreca nella sua testa al sentire quella voce. "Ho visto che sei in stazione."

"Adesso mi stalkeri anche?"

"No, passavo lì davanti per puro caso e ti ho visto mentre scendevi dall'auto." spiega. "Cos'è? Vuoi scappare?"

"Non sono affari tuoi."

"So che non lo stai facendo, avresti dietro quella bambina." lo becca. "Però se sei un motivo ci sarà e credo che quel motivo si chiami Serena."

"Che cosa vuoi Martina? Parla in modo diretto perché non ti sopporto più."

"Hai litigato con lei e vi siete lasciati?"

"Per colpa tua. Le hai mentito appositamente per far si che io passassi per un bugiardo quando ti ho detto chiaramente che io amo lei e non basterebbe tutto l'oro del mondo per cambiare ciò. Le hai detto che ci siamo baciati, le hai detto che mi hai addirittura fatto un succhiotto e che io ho cercato di sostituirti con lei."

"Qualunque sia stata la mia bugia, ha funzionato per farvi lasciare però." può vederla mentre sorride soddisfatta.

"E perché lo hai fatto? Hai detto che non ti importa niente di me e di mia figlia, che cosa vuoi allora?"

"Perché lei non è una vera amica." afferma con tono duro. "Se lo fosse stata, non si sarebbe messa con te."

"Hai detto che non ti importa niente di me."

"E non mi importa di te, nemmeno di lei. Odio il gesto che ha fatto."

"Tu non sei normale, hai qualche rotella fuori posto e capisco perché non stavi simpatica a nessuno. Hai mentito a me e a lei per tantissimo tempo, fingendo di essere una persona completamente diversa da quella che sei realmente."

"Poco me ne importa se sto antipatica alla gente." il suo tono è lamentoso, come quello di in bambino. "E poi ti sto solo mettendo in guardia su di lei. Serena non è migliore di me, ha tanti di quei difetti che faccio fatico a contarli e ha fatto la stessa cosa che ho fatto io. Se n'è andata anche lei."

"No, lei non è come te, lei non se n'è andata come hai fatto tu. Non mi importa di quello che dici, non mi importa delle tue bugie perché io so la verità e dovessi pregare tutti i santi del cielo, io tornerò con lei. Io amo Serena, con tutti i suoi pregi, i suoi difetti, amo tutto di lei. Ed ogni giorno mi sembra di guardarla come se fosse la prima volta perché so che non cambierà mai."

Alza lo sguardo e trova un signore anziano che lo fissa, non capendo assolutamente niente di tutto quello spagnolo che lo ha confuso. Ma fa cenno al ragazzo ragazzo voltarsi e, quando lo fa, si ritrova davanti un paio di occhi castani e stanchi che lo osservano nel tentativo di processare quel che ha detto.

. . .

Uno di questi giorni / Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora