Capitolo 11

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Il diaframma si alzava ed abbassava, in un silenzio colmato solo dal suo respiro. I capelli rossi erano sparsi sul letto ancora fatto, e braccia e gambe erano completamente distese mentre tenendo gli occhi chiusi cercava inutilmente di addormentarsi. Eppure il sonno non gli veniva e non capiva perché, non aveva mai sofferto di insonnia, ma ansi la stanchezza era da sempre stata il suo tarlo, un fastidio perenne che adesso si prendeva gioco di lui. Quella giornata tanto particolare gli aveva fatto tornare alla mente tanti ricordi, tante immagini parevano passargli davanti, sotto le sue palpebre chiuse, senza permettergli di dormire.
Si era appena accorto di essersi aperto con Dazai, e la cosa lo infastidiva, si sarebbe strappato tutti i capelli dalla testa per colpa di quello schifoso manipolatore, eppure gli sembrava di sentirsi semplicemente più leggero. Odiava ammettere di voler accettare il suo aiuto, d'esser stato fragile, cosa che nella sua vita non era mai stato se non durante l'infanzia. Perfino le lacrime non scendevano più, anche quando gli occhi erano lucidi, perché erano solo uno scomodo fastidio. Aveva visto la madre piangere troppo, e lui era la figura dura e si sà che da una parte il pianto è contagioso, è difficile essere forte mentre qualcuno al tuo fianco piange, quindi per la madre perse il vizio anni fa.
Odiava poi dover pensare al passato, perché gli era sembrato di dimenticarsene, poi per via di un conte quasi sconosciuto era crollato tutto, e la rabbia lo folgorava dentro.
Gli era parso di non capire molto, o non capire assolutamente niente in quel momento nella quale aveva sentito il suo calore riscaldarlo, e aveva parlato, come l'avessero stordito per estorcere la verità, e questo per lui era come una maledizione.
Così, steso sul letto, gli sembrava di essere ripiombato in quella casa grigia, che una volta era colorata e calda, con il profumo di fiori che riempiva ogni dove, poiché la madre pensava che una casa senza fiori non era una casa. La ricordava perfettamente come fosse ancora lì, ed i suoi occhi la vedevano vividamente. Era ancora piccolo, ma quelli furono solo gli ultimi giorni della sua infanzia, che aveva passato nascosto dietro una porta, ad ascoltare attentamente, osservando dalla fessura della chiave tutto ciò che accadesse al di là di essa, e non era nulla di bello.
Li sentiva urlare, sentiva gli oggetti che venivano sbattuti con forza, su un muro, su un tavolo, pieni zeppi di rabbia. La madre che all'epoca era una donna forte e in salute, era stretta a suo figlio, facendo da barriera tra due fazioni, lui e suo marito.
Paul, suo fratello ed il figlio in questione, aveva uno sguardo impassibile, ma dalle sue parole usciva solo odio, che metteva a dura prova il padre già irascibile.
<<Dove diamine eri! Ci porterai sulla tomba!>>  Urlava suo padre mentre si strofinava le tempie. Ne aveva quasi dimenticato il volto, se non per i capelli biondi, e gli occhi castani, praticamente identico a Paul, come fosse il principe di qualche favola, con un po' di barba ispida. Il ragazzo però non rispondeva.
<<Paul rispondi quando ti parliamo...Tuo padre ed io siamo solo preoccupati per t->> cercò di dire la madre ma fu interrotta:
<<Non sono cose che vi riguardano.>> disse Paul con freddezza, senza nemmeno guardarli negli occhi, impegnato a riordinare qualcosa per terra, probabilmente qualcosa che il padre aveva distrutto. Questo però giocava ancora di più sulla pazienza dell'uomo, le quali vene sulle tempie erano ormai gonfissime. afferrò il ragazzo per i capelli alzandolo, poi lo scaraventò al muro bloccandolo per le spalle, ed il tonfo si sentì tanto forte che Chuuya si strinse accovacciato con la testa sulle ginocchia per la paura, ma poi prendendo coraggio continuò a guardare.
<<Come osi razza di ingrato! Non sono affari nostri...NON SONO AFFARI NOSTRI!!! Non pensi a quanto disonore ci stai portando! Cosa rimarrà della nostra famiglia solo per un viziato come te! SEI UNA BESTIA DEL DEMONIO ECCO CHE SEI!>> Gli urlò in faccia il padre, Paul però rimase come sempre di ghiaccio, girando la testa di lato infastidito dalle urla.
<<Kansuke smettila! Stai esagerando!>> Disse sua madre afferandolo per il braccio ma il padre la scaraventò via.
<<Io esagero...IO ESAGERO! È la nostra rovina non lo capisci! E SI PRENDE GIOCO DI ME!>>
<<Calmati tesoro...sei fuori di te!>> Urlò la donna, ma lui la ignorò girandosi verso Paul:
<<Sei fortunato che non vi ha visto nessuno...ma se ti vedo di nuovo con quel tuo collega Rimbaud io giuro...>>
<<Cosa stai insinuando>> lo fermò il figlio, scandendo le parole con rabbia.
<<Cosa stai dicendo kansuke...Stai impazzendo!>> Disse la madre tra le lacrime, ma questo voltandosi  adirato nella sua direzione le replicò:
<<Sono sanissimo invece...>> Poi si girò nuovamente verso il ragazzo:
<<Non scherzare con me Paul, si sincero...CHE DISGRAZIA, VI VORREI AMMAZARE TUTTI E DUE!!!>> Disse mangiandosi le mani, poi lo lasciò urlando e stringendosi i capelli, quasi a strapparli.
<<Cosa dici kansuke!>>
<<te lo dice lui che dico! Eh Paul!>>
Si girarono entrambi verso il ragazzo, ma questo non disse nulla.
<<Paul cosa sta dicendo...>> Chiese la madre alzandosi ed avvicinandosi a lui, accarezzandogli il viso, ed i morbidi capelli biondi, lunghi e preziosi come l'oro. Ma lui rimase impassibile:
<<Figlio mio...>> Le lacrime che gli scendevano sul viso bagnavano il collo del ragazzo, questo gli prese le mani stringendole alle sue ed allontanandosele dal viso.
<<Madre... Non avrai problemi, me ne andrò oggi stesso.>> La donna indietreggiò, come avesse visto un fantasma, e le labbra gli tremavano.
<<Cosa stai dicendo Paul...COSA DICI!>> urlò straziata, cadendo a terra sulle gambe, come se gli avessero strappato il cuore dal petto. Il padre si avvicinò al ragazzo, con le braccia aperte e tremanti, per poggiargliele sul volto:
<<Paul dimmi che mi sto sbagliando...DIMMI CHE->>
<<È VERO PADRE..AMO UN UOMO.>> lo fermò urlando stanco, e in quella stanza cadde il silenzio. Il padre tirò poi un pugno al muro, accompagnato da un urlo, e Chuuya sentì i suoi passi avvicinarsi alla porta gridando:
<<DOV'È QUEL MALEDETTO! DOV'È! IO LO UCCIDO..LO UCCIDO!>> Paul subito accorse afferrandolo per il braccio.
<<Padre fermo!!>>
<<NO IO LO AMMAZZO... PRIMA CHE DISTRUGGA LA MIA FAMIGLIA LO AMMAZZO!>>
<<NO!>> Urlò il ragazzo ponendosi davanti alla porta. L'uomo si accasciò a terra piangendo, unendosi alle braccia della moglie.
<<Figlio mio... figlio mio non andare... Risolveremo tutto, non è tardi, sei al sicuro finché gli altri non lo sapranno...>> Pianse mentre afferrava invano il piede del figlio.
<<No...non è così.>> Lo contraddí con una freddezza che Chuuya ancora oggi non riusciva a comprendere, sapeva che soffriva, ma il suo volto era come una statua di pietra.
Poi la porta si aprì, e Paul vide ai suoi piedi il piccolo Chuuya, con gli occhioni pieni di lacrime.
<<Chuuya...>> Il fratello si lasciò andare sulle gambe, e strinse il bambino in un abbraccio.
<<Io ti salverò te lo prometto...ti salverò.>> Gli disse con parole gentili mentre il bambino si lasciava andare ai singhiozzi. Ma salvato da cosa?
Lo prese per mano, strofinandogli i capelli sulla testa come faceva sempre.
<<Vuoi prendere un po' d'aria fresca Chuuya?>
Questo annuì, seguendolo ed uscendo con lui al di là di quella porta che pareva aprirsi su una luce vastissima, dopo un tunnel buio.

𝓑𝓵𝓸𝓸𝓭𝔂 𝓵𝓸𝓿𝓮 // 𝓼𝓸𝓾𝓴𝓸𝓴𝓾Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora