"Giorno di lutto, terribile disgrazia"
Gli scenari terrificanti continuano a non abbandonare la Romania!
Ultimo tra questi, Sono stati rinvenuti resti umani nei pressi delle rive del fiume Olt.
Si tratta di un corpo privo di testa seguito da ciò che rimane di un cappello ushanka ed una pelliccia grondante di sangue.
Dalle indagini delle autorità locali e grazie al riconoscimento dei familiari e abitanti del villaggio circostante, é stata riconosciuta nel corpo martirizzato la figura del conte "Osamu Dazai", soggetto noto nel villaggio, la quale morte ha portato grande dolore tra parenti e abitanti.
Rimane ancora sconosciuto il padrone delle vesti trovate, secondo le autorità, appartenenti all'assassino."Il cielo non era mai stato tanto sereno, limpido, l'aria era fresca e frizzantina, il sole baciava la terra con i suoi raggi, eppure non c'era pioggia maggiore abbattuta su quel villaggio.
La bara di frassino camminava dinanzi ad una grossa folla, totalmente inaspettata, in lutto.
Chuuya era lì a seguire il cammino, pronto all'ultimo addio ad un passo dalla spoglia.
Il suo volto era come quello di una statua, non traspariva emozione, ma i suoi occhi erano rosso fuoco, segno di tutte le lacrime che aveva versato per poter arrivare a quel giorno. Teneva per la mano Nae, stretto con forza, entrambi sotto al sole cocente che Chuuya aveva pensato di non vedere mai più.
Era strano, come quel funerale tanto triste, dovesse avvenire in un momento tanto bello, di pieno giorno.
Atsushi e Akutagawa sorreggevano a fatica la grossa bara, solo loro, perché così avevano desiderato, come fosse un ultimo saluto ad il loro mentore, il loro maestro.
Ad ogni passo si guardavano negli occhi, Atsushi era in un mare di lacrime, Akutagawa ne aveva una sul viso che gli rigava la guancia, il peso sulle spalle era atroce, ma quello sul cuore era indescrivibile.
Prima di quel giorno ogni cosa aveva seguito il suo corso, come voluto nelle volontà di Dazai, ognuno aveva preso la cura, diventando umani.
Ed ora era ancora più strano che una folla di umani seguisse quell'ultima preghiera.
Il conte aveva passato le veci a Mori, il quale ora era a capo della comunità, pronto per indirizzarla verso il processo di integrazione premeditato da Dazai.
Tutti temevano ancora il russo e si affidavano ciecamente alla nuova guida per ogni nuovo comando.
Era strano, così tanto strano, tutto scorreva così liscio, ma allo stesso momento il tempo non passava affatto.
La bara, nera come il carbone, rifletteva nel lucido occhio di Chuuya, il passo dei maggiordomi sembrava andargli sopra al cuore e metterlo alla prova. Sentiva l'affanno, come lo stesse portando sulla collina tra le braccia. Sentiva quella sofferenza del cammino, come fosse Cristo sul Calvario, il suo respiro copriva ogni suono: i piagnistei delle donne dietro di loro, i pentimenti di tutti gli abitanti del villaggio, le lacrime di nae.
Non esistevano, c'erano solo il suo respiro e quei passi mortali, che portavano la bara sempre più lontano da lui. Era troppo, gli girava la testa, le gambe cedevano, come poteva essere possibile? Perché doveva esserlo? Doveva farsi forte ma non voleva, tra la folla, tra tutti, avrebbe voluto urlare, buttarsi sulla bara, stringerla a sé e piangere, piangere tutte le lacrime che poteva, voleva gridare contro quella mummia, maledirla per averlo abbandonato, dirle di tornare da lui perché da solo non poteva farcela.
Cadde a terra, tutto dinanzi a lui girava, sentiva il vomito salire, sentiva la voglia di cacciare fuori tutto quel dolore. Nae gli venne subito vicino cercando di alzarlo ma per lui non esisteva, anzi, gli sembrava di sentire la sua voce acuta trasformarsi in quella persuasiva di Dazai, le sue mani piccole e tozze in quelle grandi e delicate del moro, lo desiderava lì, desiderava il tocco delle sue labbra ancora una volta. Ma era corso lontano da lui.
Si alzò e continuò il cammino, guardando fisso nel vuoto come fosse rimbambito, faceva così male che gli pareva di non esistere, di non sentire più niente, di essere niente, ma da niente avanzò il passo fino a che la bara non arrivò al cimitero, pronta per la sepoltura.
Delle donne intonarono un lugubre canto, ricco di pianti, mentre il prete recitava l'Eterno riposo accompagnando la discesa della barra con quel rozze corde nel suolo.
Tutto fino a che non ci fu il silenzio.
Solo silenzio, il silenzio della natura, con il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, lo zampettare di qualche animaletto, il respiro del vento.
Man mano erano andati via tutti, ma Chuuya no. Stringeva ancora Nae nella sua mano e lo costringeva fermo dinanzi a quella lapide.
"Osamu Dazai"
L'aveva riletta mille volte, Osamu Dazai, Osamu Dazai, Osamu Dazai, si ripeteva, si ripeteva, si ripeteva ancora nella testa facendolo diventare pazzo. Si sarebbe strappato tutti i capelli ma invece era fermo, impassibile, con il bambino al suo fianco, ed Akutagawa di lato. Anche lui era rimasto fino alla fine, aveva mandato via Atsushi e si era fermato dinanzi alla lapide.
Chuuya si girò verso di lui, questo guardava fisso per terra, incontrando solo l'erba ai loro piedi, lui il coraggio di leggere quella scritta non lo aveva. Gli andò vicino e lo strinse mettendogli il braccio dietro al collo. Si osservarono per qualche secondo. Il rosso aveva come l'impressione di vedere in aku un vaso di vetro sul punto di cadere, un fantasma, un fiume pronto alla piena. Lo abbracciò e Ryū, per la prima volta scoppiò a piangere, un pianto disperato, il pianto che Chuuya voleva fosse il suo, ma alla quale non poteva aprirsi. Le lacrime del ragazzo erano strazianti, gli bagnarono le spalle, mentre con le mani la stretta si faceva sempre più forte per compensare le grida ed attenuare il dolore.
Chuuya invece era rigido, si limitava a qualche pacca sulla spalla, ad ascoltare il suo lamento, d'altronde non aveva nulla da dire, non c'era nulla da dire.
Quando anche aku lasciò il cimitero, portando sotto richesta di Chuuya anche Nae, rimasero finalmente da soli. Dazai e Chuuya, il rosso guardò ancora una volta quel pezzo di pietra, che quasi gli pareva prendersi gioco di lui, gli pareva lo prendesse in giro, perché gli sembrava di sentirlo davanti a sé, baciato dal vento fresco che li accompagnava e trasportava le foglie, polvere e qualche filo d'erba.
Gli occhi si fecero sempre più lucidi e la vista inziò a sfumarsi. Fece pochi passi sempre più deboli fino a cadere a terra ad un ultimo passo dalla lapide. Rimase con il viso tra le braccia e scoppiò a piangere. Erano lacrime dovute, erano grida, che tutti sentivano, forti, strazianti. Una coltellata all'ascolto. Faceva male sentire, faceva male essere lui. Si accasciò al suolo continuando nel suo pianto, vedeva dinanzi a sé la battaglia a palle di neve, le volte in cui avevano fatto l'amore, quelle in cui si erano baciati, quelle in cui l'aveva accompagnato nel dolore, le litigate al chiaro di luna e tutto non faceva che aggravare quel lamento. Rideva pensando al ballo, all'Hora vestita da donna e la risata si univa al pianto aggiungendo una nota dolce a quel veleno.
<<Non volevo facesse così male...>> Disse, alzando lo sguardo verso la lapide.
<<Dazai ti odio, ti odio, ti odio con tutto me stesso. Sei sempre stato un egoista e lo sei rimasto perfino nella morte, ti ho odiato fin da subito. Ti ho odiato ogni volta che stavi male e che temevo mi scivolassi dalle mani, perché non potevo sopportarlo e ti odio ora che non sei qui a prendermi per il culo. Ti odiavo quando lo facevi maledetta mummia! Ma adesso non hanno più senso le giornate senza te che ti prendi gioco di me. Ti odio perché non posso nemmeno piangerti davanti agli altri, gridare a questo maledetto sole che non hai mai visto da vivo.>> Aggiunse disperato, poi, si passò la mano davanti al viso per asciugarsi, si alzò e girò intorno alla lapide poggiandosi con la schiena dietro essa. Fece un respiro e sentí man mano il cuore calmarsi, abbassò il capo guardando i suoi piedi e sussurrò:
<< A chi voglio prendere in giro...non ti ho mai odiato...Ti amo e ti ho amato e non ti ho tradito una sola volta, nemmeno nei miei pensieri>>
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𝓑𝓵𝓸𝓸𝓭𝔂 𝓵𝓸𝓿𝓮 // 𝓼𝓸𝓾𝓴𝓸𝓴𝓾
FanfictionChuuya è un ragazzo giovane, con una marea di responsabilità sulle spalle ed eccellente nel suo lavoro, ma la sua dedizione non è abbastanza per equilibrare il suo carattere scontroso che fa scappare colleghi e clienti, fino a fargli quasi perdere i...