Capitolo 8 - Chi non muore si rivede

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Anita percorse a ritroso il tragitto tra la Rocca e Altariva. Erano quasi le quattro del pomeriggio e il sole estivo splendeva ancora alto nel cielo.

Raggiunse la piazza. Il caldo mordente delle ore centrali aveva lasciato il posto a un accenno di frescura, e il luogo era andato affollandosi.

La piccola gelateria artigianale che sorgeva nella viuzza che si apriva di fianco all'edificio del Comune aveva fatto ottimi affari. Molte persone sostavano sedute sul bordo della fontana e sulle panchine, rinfrescandosi il palato con i suoi gelati.

Alcuni bambini giocavano a palla, correndo schiamazzanti da un lato all'altro, dribblando i passanti tra occhiate di malcelata disapprovazione e altre, molte di più, di complice tenerezza nostalgica.

Il solito capannello di clienti abituali se ne stava fermo davanti al bar. Tra loro individuò subito il viso di Silvia e, non senza sorpresa, anche quello di Leonardo. L'Anita di qualche anno prima li avrebbe ignorati, proseguendo per il proprio cammino, ma si era ripromessa che se quello per lei davvero doveva essere un nuovo inizio, avrebbe dovuto esserlo su tutti i fronti, anche su quello dei rapporti sociali.

Si incamminò verso di loro. Silvia la notò e le rivolse un cenno di saluto con la mano. Non più di dieci passi le separavano quando il suo sguardo, che intanto vagava per la piazza, colse un'immagine che la lasciò di sasso. Rimase lì, incapace di muoversi, il battito accelerato nel petto, un'emozione che aveva imparato a conoscere fin troppo bene nel corso degli ultimi anni.

Se ne stava là, davanti a lei, a pochi passi dall'ingresso della "Freccia d'argento". Avrebbe riconosciuto ovunque quel viso, quella mascella forte, quel profilo regolare, quei capelli nerissimi, portati lunghi, legati sulla nuca in una coda bassa e quegli occhi cerulei, che per tante mattine l'avevano accolta al risveglio. L'emozione familiare, che pensava di aver accantonato con la distanza, rialzò la testa. Bruno, il suo ex fidanzato, era di nuovo lì davanti a lei. Era riuscito a trovarla persino in quel piccolo e sonnacchioso paese di duemila anime e, davanti al suo bel viso, quel sentimento sopito si ripresentò con una forza che non avrebbe potuto prevedere. Forte, oggi come ieri.

Come un serpente in agguanto, pronto a scattare non appena stuzzicato, la sua rabbia si riaccese; quella rabbia che mozza il respiro e fa accelerare i battiti, più potente dell'amore, proprio perché nata dalle ceneri di quello che una volta amore era stato. Bruno, il suo più grande sbaglio. La croce che, per quanto ci avesse provato, non era riuscita a strapparsi di dosso.

Paralizzata dalla propria ira, rimase ferma nella piazza un momento di troppo, quanto bastò perché lui la vedesse. Quel sorriso spavaldo che era il suo marchio di fabbrica gli si dipinse sulle labbra, il sorriso di un giovane uomo attraente e sicuro di risultare irresistibile. Quel sorriso era stato una delle cose che l'avevano attratta di lui al principio, quella spavalderia che lo rendeva così diverso da lei, impacciata per natura. Tutte le volte che le capitava di vederlo immaginava con straordinaria vividezza le sue nocche chiuse che, con violenza, si scontravano con quelle labbra sorridenti, spaccandole e facendole sanguinare, e lo aveva visto spesso, da quando era diventata famosa, da quando era diventata qualcuno. Alle convention di appassionati di letteratura fantastica, il suo genere d'elezione, cui aveva accettato di partecipare riluttante, alle presentazioni nelle biblioteche, nei locali pubblici che frequentava...

Non era fuggita da Londra per causa sua, anche se Catherine pensava che sarebbe stata una buona idea, ma di certo la lontananza dalla sua insistente e sgradita presenza aveva rappresentato un notevole incentivo. Sperava di esserselo lasciata alle spalle e invece eccolo rispuntare come un fungo dopo la pioggia o, paragone decisamente più calzante, come un ostinato foruncolo.

Bruno le si avvicinò, ormai non avrebbe più potuto evitarlo, nemmeno se lo avesse voluto. Ma lo voleva poi? Sì, con tutto il cuore, perché per quel residuo della sua vecchia vita non c'era posto nell'esistenza che stava cercando di costruire per sé stessa. La furia che l'animava però non le lasciava scampo né scelta. Nessuna fuga sarebbe stata tollerata, non davanti a lui, non davanti a quel pallone gonfiato. Lo scontro era inevitabile e, come amava ripetere suo zio: "La miglior difesa, a volte, è l'attacco".

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora