Capitolo 28 - L'amica ritrovata

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«Ero una parente di Lucia, la nonna di Silvia» spiegò Giulia «e si può dire che fossi la sola amica che Maria aveva in paese.»

Indirizzò a Margherita, sua coetanea, un'occhiata di biasimo. L'altra abbassò lo sguardo.

«Ero una cugina di Tiziana, la madre di Silvia. Sapevo che quel bastardo di suo marito la picchiava quando alzava il gomito, e ho cercato di aiutare lei e la bambina quando ha deciso di rifarsi una vita. Volevo molto bene a Silvia, era come una seconda figlia per me. Per molti anni l'ho assistita nella sua impresa, quella di aiutare le donne vittime di violenza a sfuggire dai loro aguzzini. La mia casa era sempre aperta alle donne che avevano bisogno di mettere un po' di distanza tra loro e la loro vecchia vita. Silvia sapeva benissimo che lo facevo anche per Maria. Anche lei era stata una vittima, e non di un uomo soltanto, di un paese intero» concluse aspramente «Forse non l'hanno mai picchiata, anche se conoscendo suo padre non ci giurerei, ma ci sono tante forme di violenza e quella che ha subìto qui, tra queste strade e questi boschi, durante la sua gioventù è una tra le più brutte a cui si possa venire sottoposti. Sembrava che a Maria non importasse, ma io so che ne soffriva. L'indifferenza che mostrava agli altri era la sua armatura. Silvia sapeva che era Maria uno dei motivi che mi spingevano ad aiutarla, sapeva della mia amicizia con lei. Per questo quando hanno ritrovato nel bosco le sue... le sue ossa, lei mi ha pregata di tornare in paese.»

Estrasse dalla borsa una busta sciupata e ingiallita a causa del tempo.

«È per questa che mi ha chiesto di tornare. Mi ha detto che tu e il giovane Bianchi stavate cercando di scoprire cosa fosse successo a Maria e che sapevate della sua relazione con Giorgio. Mi ha detto che ne avreste avuto bisogno.»

Anita estrasse con delicatezza la lettera dalla busta. La carta era fragile, sottile, e lei non era certo una restauratrice abile come lo era stato suo zio, non voleva rischiare di rovinarla. Lesse ad alta voce il contenuto e sulla stanza calò un silenzio di tomba.

«Maria era incinta» commentò turbata Letizia alla fine. Era già abbastanza brutto pensare a una ragazza diciottenne uccisa e fatta sparire nei boschi, ma quel dettaglio colorava la vicenda di un nuovo orrore.

«Quando è scomparsa Maria?» domandò la nipote di Margherita.

«Il 21 gennaio del 1941» rispose prontamente sua nonna. 

La lettera risaliva a circa due settimane prima. Non potevano esserci dubbi: quella fossa poco profonda, senza una croce e senza una lapide, aveva accolto due vittime.

«Davvero non hai mai pensato che potesse essere morta?» domandò Anita, incredula, a Giulia.

La donna non mascherò il disagio.

«Nella lettera mi diceva che se ne sarebbe andata da Altariva, che qualcuno l'avrebbe aiutata a fuggire. Quando Lucia mi ha detto che era sparita dal paese, ho pensato che ci fosse riuscita e che avesse smesso di scrivermi perché voleva tagliare i ponti con quella sua vecchia vita che l'aveva fatta soffrire. Ho sempre immaginato lei e il suo bambino al sicuro in una grande città, lontani da questi colli.» abbassò il viso «A volte ci convinciamo di cose assurde pur di proteggerci da verità che possono farci soffrire.»

«Che gran bastardo» sbottò a quel punto Beatrice, che lavorava come infermiera nel punto di pubblica assistenza «l'ha messa incinta e l'ha ammazzata per nascondere a tutti la cosa.»

Giulia scosse la testa.

«Non Giorgio. Non le avrebbe mai fatto del male. L'amava davvero. Li avevo osservati attentamente in chiesa, durante le feste, in quelle occasioni in cui potevano stare insieme in pubblico. Non si parlavano mai, ma i loro sguardi non lasciavano dubbi. Li ho osservati e, se esiste qualcosa come l'amore incondizionato, è proprio quello che ho visto riflesso nei loro visi quando si guardavano.»

«No, non è stato Giorgio» concordò Margherita «semmai Luigi, suo padre, quel viscido che si riempiva la bocca di parolone sul buon nome dei Bianchi e poi metteva le mani addosso alle contadine nei campi quando i mariti non guardavano. Se qualcuno l'ha uccisa è stato lui.»

Di nuovo calò il silenzio.

«Dobbiamo dirlo alla polizia, vero?» chiese a quel punto Serena.

Anita scosse la testa.

«Non ancora. Non credo che a loro interessi così tanto risolvere un delitto vecchio di sessant'anni». Si rivolse a Giulia, indicando la lettera: «Me la presteresti, giusto per un paio di giorni?»

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora