Capitolo 11 - Solidarietà femminile

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Non avrebbe rinunciato, lo sapeva, lo sentiva. Fino a quel momento lei aveva costituito una sfida, la sola donna che, in tutta la sua vita, si fosse azzardata a rifiutarlo. Quel giorno però le cose erano cambiate. Quel giorno lei aveva ferito il suo orgoglio, la sua mascolinità, lo aveva umiliato sotto agli occhi di un paese intero.

No, non avrebbe mai rinunciato. Non se ne sarebbe andato, non senza un piccolo incoraggiamento, e lei era lì proprio per dargli la spintarella di cui aveva bisogno. Lo doveva a Giovanni e, soprattutto, ad Anita.

Quante donne aveva visto farsi piccole davanti alla prepotenza di uomini incapaci di accettare un no come risposta? Eppure la ragazza aveva resistito, era stata forte, non aveva taciuto. Aveva difeso le proprio ragioni, con i gesti e con le parole.

«Ci siamo conosciuti a Londra. Io ero arrivata da poco e la sera lavoravo come cameriera in un pub, mentre di giorno frequentavo i corsi universitari» aveva spiegato, dopo che lei e Leonardo l'avevano fatta sedere a un tavolino mentre Serena le portava un bicchiere d'acqua e un bel caffè forte, caldo e corroborante.

Non erano necessarie quelle spiegazioni, non ne doveva a nessuno, ma l'aveva lasciata continuare. A volte si ha solo voglia di parlare. Anita si era stretta nelle spalle.

«La solita storia. Eravamo due italiani a Londra, ma lui era lì da più tempo e si è offerto di aiutarmi ad ambientarmi nella nuova città. Era sicuro di sé e affascinante e io mi sono innamorata come una scema. Sei mesi dopo mi ha mollata per un'altra, dicendomi che per lui non ero abbastanza. Quando però i miei libri hanno iniziato a vendere, all'improvviso è rispuntato. Per fortuna mi ero già accorta di che razza di idiota fosse. Ancora non capisco come ho potuto innamorarmi di un simile stronzo» aveva concluso, un po' ridendo e un po' piangendo.

Nell'arco di mezz'ora si era calmata abbastanza da essere in grado di tornare a casa. In molti si erano offerti di accompagnarla, ma lei aveva rifiutato gentilmente, dignitosa e imbarazzata per la scena creata in piazza.

In quel preciso momento aveva deciso.

Le loro voci la tormentavano fin da quando era bambina. Le voci delle donne che in vita avevano scelto di tacere e ne avevano pagato carissimo il prezzo. Urlavano e sussurravano, la pregavano di evitare che altre patissero il loro stesso destino. Psicologici e psichiatri avrebbero relegato quelle voci a semplici fantasie e allucinazioni uditive, magari dovute ai traumi nella sua infanzia. A lei poco importava da dove venissero, le sentiva, per lei erano reali, e non le consentivano di rimanere passiva ad attendere lo sviluppo degli eventi.

Da poco tempo avevano iniziato a parlarne, e ne parlavano ogni giorno, sui giornali e in televisione, ma era un fenomeno vecchio come il mondo, quella violenza, solo che fino ad allora non aveva suscitato tanto clamore.

Quel ragazzo l'aveva cercata e trovata, nonostante Anita avesse fatto di tutto per evitare che accadesse. L'aveva seguita dall'Inghilterra all'Italia. Forse nemmeno lui si rendeva del tutto conto delle dimensioni raggiunte dalla propria ossessione, perché ossessione ormai era diventata. Silvia vedeva nella vicenda tutti i presupposti della tragedia potenziale ma non avrebbe permesso che capitasse nulla alla sua scrittrice preferita.

Aveva atteso che calasse il buio. Una faccenda lunga in estate, ma prima o poi la notte arriva sempre. Era certa che lui sarebbe uscito di nuovo, doveva solo attendere. La sua pazienza venne ripagata. Erano da poco scoccate le undici quando Bruno varcò nuovamente la soglia dell'albergo.

Attraversò rapido la piazza, la camminata incerta, evidente conseguenza della dimostrazione di affetto della sua ex fidanzata. Imboccò la via principale, quella che scendendo conduceva fuori da Altariva. Quella che lo avrebbe condotto alla casa di Anita. Non doveva essere stato difficile per lui, prima della scena di quel pomeriggio, scoprire dove lei vivesse.

Silvia maledisse la lingua lunga dei suoi compaesani. Lo seguì silenziosa, a distanza. Lui non se ne accorse, perso nelle proprie elucubrazioni. Appena si furono lasciati alle spalle le ultime case, lei proseguì nascosta tra le ombre degli alberi.

Bruno si fermò all'incrocio con Via dei Lamponi. Da lì già si vedevano le luci della casa.

In quel momento Silvia gli fu addosso. Non sembrava a guardarla ma era fisicamente forte e allenata, in più aveva dalla sua l'effetto sorpresa.

Lo inchiodò all'albero più vicino, l'avambraccio premuto contro la sua gola.

«Conosco quelli come te» gli disse in un sussurro «siete tutti convinti che la donna che vi interessa sia vostra di diritto, che lei lo voglia o no. Sapevo che non sarebbero bastate le sue parole a convincerti, ma forse questo può aiutarti a vedere le cose nella giusta prospettiva».

Estrasse dalla tasca il coltello e fece scattare la lama. Bruno udì il rumore e poco dopo sentì il freddo dell'acciaio sulla gola. Quella pazza la fece scorrere appena, leggera sulla pelle delicata. Bastò quello per avvertire, in un istante, il calore del rivolo di sangue che colava.

Per la prima volta in vita sua sentì, vera e reale, la paura della fine.

Silvia gli sorrise, anche se lui col buio non poteva vederla.

«Se io ti sgozzassi qui, adesso, nessuno se ne accorgerebbe. Potrei farti scomparire tra questi boschi e a nessuno importerebbe, nessuno lo saprebbe. Potrebbero passare anni prima che qualcuno riesca a ritrovare quel che resta di te» disse con noncuranza.

Ora ne era certo, sarebbe morto. Quella pazza scatenata l'avrebbe ammazzato. Sarebbe morto per colpa di Anita. Non valeva la sua vita, nessuna donna valeva la sua vita. Avrebbe voluto dire qualcosa, supplicarla persino, ma la pressione del suo braccio sulla gola gli impediva di parlare. Gli mancava il fiato, complice quella paura assoluta e primordiale.

Lentamente Silvia scostò la lama dalla pelle.

«Per oggi sarò buona, ma sappi che non accadrà una seconda volta. Se ti avvicinerai di nuovo ad Anita, se anche solo le capiterà ancora di sentire parlare di te, io tornerò e finirò quello che ho iniziato stasera. Se non sarò io a farlo, sarà un'altra delle donne del paese. Scoprirai che siamo molte, qui, a non tollerare più le prepotenze dei maschi. Una di noi verrà per te e nessuno ti vedrà più, scomparirai dal mondo senza lasciare traccia. Gli alberi qui attorno lo sanno quanto sia facile sparire, e loro non parlano, si limiteranno a vegliare sul tuo corpo che si decompone.»

Bruno sentì due cose contemporaneamente: la pressione sulla gola che bruscamente spariva e il calore umido nei pantaloni.

Non aspettò che la donna cambiasse idea, corse via caracollando con tutte le energie che aveva in corpo.

No, nessuna donna valeva la sua vita. La mattina successiva avrebbe fatto i bagagli e se ne sarebbe andato per sempre da quel paese di matti. Per il momento voleva solo chiudersi in camera e cambiarsi mutande e pantaloni.

Silvia lo osservò scappare via con grande soddisfazione. Vigliacco, proprio come gli altri. Il suo era stato un gesto estremo, senza dubbio, ma a mali estremi, estremi rimedi. Nessuna cura migliore per un'ossessione della consapevolezza che quella stessa ossessione può costarti la vita.

Osservò le ultime luci nella casa di Anita spegnersi, e sorrise. Era una ragazza forte, lo aveva capito fin dal primo giorno. Forse se la sarebbe cavata persino da sola ma a volte anche le donne forti necessitano di un aiuto, che loro lo sappiano o meno. In quel caso non occorreva che Anita lo venisse a sapere.

Soddisfatta e finalmente tranquilla Silvia s'incamminò verso casa. Le strade del paese erano quasi deserte, tranne per alcuni gruppetti di ragazzi giovani, gli unici tiratardi di Altariva. Tutte facce note, ma una sola spiccava tra le altre, fuori posto in quel luogo e a quell'ora. Silvia non ci fece troppo caso, almeno in quel momento. Aveva fatto quanto doveva e ormai cercava solo l'abbraccio confortevole del letto che l'attendeva a casa.

*******

Mi sono resa conto che a causa del panico da fine delle vacanze estive e del pensiero dell'imminente ritorno al lavoro ho finito col distrarmi e dimenticare di pubblicare il consueto capitolo settimanale: ho rimediato subito, spero perdonerete questa mia svista.

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora