Capitolo 26 - Il prezzo del coraggio

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Fu Lorella, la vicina di casa, a trovare il corpo la mattina dopo, attirata dai miagolii disperati dei due gatti. La porta era aperta, e questo era già un fatto piuttosto strano. Silvia era sempre disposta ad accogliere volentieri chi si presentasse a casa sua, ma non per questo era tipo da ignorare le più basilari regole del buon senso. Era, anzi, una persona piuttosto prudente. 

Lorella lo sapeva, la conosceva bene. Non erano solo vicine di casa, erano amiche di vecchia data. Più o meno coetanee, avevano condiviso i giochi dell'infanzia, e il loro rapporto si era mantenuto saldo nel tempo, sopravvivendo allo scorrere degli anni. Per questo, davanti a quella porta aperta e ai lamenti strazianti dei gatti, di solito molto tranquilli, non esitò a entrare. 

Quando vide la scena che le si parò innanzi non appena varcato l'ingresso fuggì urlando, non poté farne a meno. Silvia giaceva nell'ingresso, riversa in una pozza del suo stesso sangue, gli occhi spalancati e vitrei. Qualcuno le aveva affondato un coltello a scatto nel ventre e l'aveva lasciata a dissanguare.

La notizia raggiunse Anita nemmeno un'ora dopo l'agghiacciante scoperta. Arrivò a lei piano, quasi sommessamente, sussurrata dai clienti del bar mentre faceva colazione, e lei pianse, pianse tutte le sue lacrime. Non fu la sola. 

Silvia era una donna strana, certo, ma era anche una persona buona. Che lei, lei che era sempre stata presente per tutti, non ci fosse più...era terribile, inconcepibile. Non l'avrebbero mai più rivista, non avrebbero mai più potuto udire i suoi consigli, così strani, così stranamente appropriati. Chiunque fosse il responsabile di quel gesto inconcepibile, uccidendola sembrava aver inferto una pugnalata al cuore stesso di Altariva. 

Tanti paesani amavano Silvia, pochi non la sopportavano, ma di certo era una donna che non lasciava gli altri indifferenti, e la sua assenza aveva scosso tutti, amici e delatori, nel profondo. 

Non ebbero l'opportunità di seppellirla subito, il suo corpo, ultima beffa e violazione, era diventato a sua volta una prova. Una necessità crudele e inderogabile. Anche i morti hanno una voce, verità segrete da raccontare, solo che per riportarle alla luce è necessario scavare a fondo. 

L'ultimo saluto avrebbe dovuto attendere, il parroco, però, decise di organizzare una fiaccolata in suo onore. C'erano tutti, tutto il paese. Letizia e Serena, le amiche di una vita, le donne e gli uomini che si rivolgevano a lei per avere quegli aiuti e quei consigli speciali che solo lei era in grado di dare e persino la famiglia Bianchi. E c'era Anita, che sorreggeva Letizia, prostrata dal dolore, camminando al suo fianco.

La giovane scorse tra la folla anche Leonardo, abbracciato ad Alice. Era terreo in viso, il senso di colpa che lo rodeva dentro. Lo riconosceva bene quel sentimento, perché era lo stesso che provava anche lei. Non c'era stato bisogno di parole, non appena la notizia li aveva raggiunti entrambi avevano capito: Silvia era solo un'altra vittima sul cammino per la verità, un percorso inarrestabile che loro avevano messo in moto. Gli sguardi di entrambi si posarono su Matteo Bianchi, a braccetto con la moglie, e su Daniele, rigidi e impettiti nei loro eleganti completi, gli occhi inesorabilmente calamitati dalle loro dignitose figure. Anita sentì il senso di colpa recedere bruscamente, sostituita dalla rabbia. Sul volto di Leonardo lesse un'espressione che doveva essere la gemella di quella che albergava sul suo, un furore e uno sdegno senza precedenti. Cercare di mascherare un delitto di sessant'anni prima, per quanto grave, era un conto, commettere un secondo delitto per celare quella prima colpa era del tutto un'altra storia.

Lei, Leonardo, lo zio Giovanni avevano dato il via a un processo dalle conseguenze impreviste che nessuno avrebbe più potuto arrestare, neanche volendolo, ma erano loro, i Bianchi, il vero fulcro attorno a cui tutto ruotava. Misteri, segreti, bugie, e morte, tutta quella morte. Anita poteva solo immaginare cosa provasse Leonardo, sapendo che uno dei suoi parenti più prossimi poteva avere le mani sporche di sangue.

La fiaccolata volgeva al termine. Aveva percorso le strade di Altariva e si apprestava a tornare dove era cominciata, alla chiesa, sotto all'ombra incombente della Rocca.

Anita si staccò dalla folla, incapace di rimanere un secondo di più accanto a quell'edificio imponente che sembrava avvelenare tutto con la sua ombra, quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Una signora sulla settantina, avvolta in uno scialle di cotone, cercava di attirare la sua attenzione. Accanto a lei sostavano altre otto donne, alle quali, mentre lei era distratta, si erano aggiunte Letizia e Serena.

«Tu non ci conosci» le disse la più anziana «ma noi conosciamo te. Silvia ci ha parlato della tua ricerca. Ti aiuteremo a scoprire cos'è successo a Maria.»

Per un attimo, la giovane sentì il terreno mancarle da sotto ai piedi. Aveva pensato di arrendersi. Per un attimo, un istante soltanto, quando aveva saputo di Silvia, aveva pensato di lasciar perdere tutto, di permettere ai segreti del passato di continuare a rimanere sepolti. Di lasciare ad altri il compito ingrato di rimestare nel torbido. Eppure, anche dopo la sua scomparsa, Silvia era lì, a indicarle la via. 

«Perché proprio adesso?» domandò Anita. Per anni tutti erano rimasti in silenzio, a nessuno era mai importato. Suo zio aveva fatto domande, molte domande, ma nessuno gli aveva risposto, se non un uomo in preda ai fumi dell'alcol.

«Per lei» replicò la donna, indicando la foto di Silvia che il prete aveva portato in processione durante la fiaccolata «per Silvia.»

Letizia si fece avanti. Il suo volto recava ancora inequivocabili i segni di un dolore squassante, ma i suoi occhi erano fermi, decisi.

«Vieni con noi. C'è una persona che vuole conoscerti.»

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora