Capitolo 40 - Tutta la verità

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«Tua madre aveva scritto a Luigi Bianchi prima di uccidersi» continuò Anita implacabile «voleva che lui sapesse tutta la verità, fino in fondo. Voleva che provasse rimorso per quello che aveva fatto perché per Clelia, alla fine, era lui il responsabile all'origine di tutto il male che aveva colpito la vostra famiglia. E Luigi, che evidentemente pur essendo un bastardo non era un insensibile, l'ha provato. Per questo vi ha praticamente regalato la casa in cui vivi ancora oggi, per questo non ha detto niente di quanto aveva fatto tuo padre. Il peso della colpa era talmente grande che non era in grado di affrontarlo. Ha scelto il silenzio, perché era la sola cosa che potesse fare; perché parlare avrebbe significato non solo gettare il disonore sulla sua famiglia, ma anche e soprattutto lasciare te senza un padre. Alla fine però quel peso ha finito col divorarlo dentro per tutta la vita.»

«I Bianchi sono brave persone» insistette meccanicamente Gigliola.

«I Bianchi sono come tutti gli altri» ribatté la giovane donna con un sospiro, gettando mentre parlava una fuggevole occhiata a Leonardo «alcuni sono buoni, altri sono cattivi ma la maggior parte stanno nel mezzo. Tuo padre invece... lui era il peggiore di tutti! Ha ammazzato tua sorella incinta e l'ha sepolta nel bosco, tutto per evitare che gli altri in paese scoprissero quanto fosse cornuto!»

Anita pronunciò quelle parole con studiata crudeltà. Le scelse con cura, perché colpissero dove sapeva che avrebbero fatto più male. Altre parole, altre frasi, le rimbombavano nella mente, parole che all'improvviso avevano assunto un significato sinistro.

Sapeva che la madre di Gigliola e Maria era innocente, che, dal canto suo, era sempre rimasta fedele a quel bastardo del marito. Maria era nata da uno stupro, un atto ignobile e orribile. Lei e sua madre erano soltanto vittime. Tutto il resto era stato generato dalla morale distorta di un uomo a cui interessava più dell'opinione della gente che non dell'orribile torto che era stato fatto alla sua sposa.

Sì, quell'uomo era una creatura abietta, e sua figlia, la sua unica figlia legittima, era marcia dentro almeno quanto lo era stato lui. Buon sangue non mente, non è  forse così che si dice?

Gigliola aveva sempre saputo la verità sul crimine commesso da Luigi Bianchi nei confronti della donna che le aveva dato la vita. Sulla mostruosità commessa dal padre. Eppure aveva taciuto, lasciando che i resti della sua povera sorella e del suo bimbo mai nato marcissero nella terra del bosco.

Voleva ferirla. Si augurava che le sue parole arrivassero a colpirla con la stessa ferocia del coltello che aveva reciso la vita di Maria. Perché quella donna dal cuore gelido non aveva mai dato la colpa ai carnefici, solo alle vittime. Nemmeno dopo la morte di suo padre, quando sapeva che la giustizia terrena ormai non avrebbe più potuto raggiungerlo, aveva raccontato la verità.

Le parole, scagliate su di lei come pugnali, colpirono nel segno. Gigliola si gettò su di loro all'improvviso, ma questa volta era giorno, erano preparati e lei era vecchia e fragile. Anita la evitò agevolmente. Le afferrò il braccio, costringendola a lasciare andare il sasso che, anche questa volta, stringeva tra le dita. La pietra precipitò a terra con un piccolo tonfo triste, e rotolò subito lontana grazie all'inclinazione della strada.

La donna perse l'equilibrio e cadde per terra. Lacrime di rabbia per la propria impotenza iniziarono a sgorgarle dagli occhi.

«È tutta colpa tua!» esclamò, puntando il dito contro Leonardo, che si era limitato a osservare la scena in disparte «con le tue dannate ricerche hai distrutto la mia famiglia!»

Si voltò di scatto verso Anita.

«E tu, tu sei come Maria, non riesci mai a stare al tuo posto!»

La ragazza si inginocchiò accanto a lei. Il sangue le pulsava frenetico nelle tempie, il cuore le martellava nel petto come se volesse sfondarlo.

Quelle frasi, quelle maledette frasi a cui non aveva dato peso, archiviandole come le dichiarazioni pungenti di una vecchia scorbutica, la rodevano dentro come un tarlo. Doveva domandare. Doveva sapere.

«Te lo chiederò una volta soltanto» dichiarò, scandendo bene ogni sillaba «hai fatto qualcosa a mio zio?»

"Guarda dove hanno portato tuo zio", aveva detto quel giorno in biblioteca, riferendosi alle storie sui Bianchi contenute in quello sciocco libro di leggende. Poi aveva aggiunto "bisogna stare attenti alle domande che si fanno, non si sa mai a quali conseguenze potrebbero portare le risposte". Quelle erano le parole che non era riuscita a togliersi dalla testa, e ora finalmente capiva perché. Il tumore è una malattia imprevedibile, ma suo zio stava migliorando. Lo avevano detto i medici. Le terapie stavano funzionando. Nessuno di loro aveva saputo spiegarsi quella improvvisa ricaduta.

Gigliola sorrise con cattiveria.

«Gli ho solo portato delle marmellate, le mie deliziose marmellate fatte in casa. Tutti le adorano qui a Altariva, ma nelle sue ho messo un ingrediente speciale. Tanto stava comunque morendo, io ho solo dato una mano alla natura. Il mio unico rimpianto è non essere riuscita a spaccare quella tua testa di sgualdrina.»

Per la prima volta nella vita Anita fece l'unica cosa che era certa non avrebbe mai fatto. 

Prima che Leonardo potesse fermarla, la sua mano aperta piombò sul viso dell'anziana con tutta la forza della propria rabbia.


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E come annunciato questa mattina ecco a voi il secondo capitolo della giornata....e la confessione di Gigliola!

Vi do appuntamento a mercoledì, per la pubblicazione dell'Epilogo, e la fine di questa avventura insieme ad Anita e Leonardo!

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora