Capitolo 35 - Riflessioni

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Anita non aveva voluto sentire ragioni; caparbia fino in fondo, aveva insistito per tornare a casa sua non appena dimessa, senza ascoltare tutte le persone che, preoccupate per la sua incolumità, ritenevano fosse meglio che non rimanesse da sola.

Persino Letizia, la più caparbia e insistente di quel gruppo, era stata costretta a capitolare davanti alla ferma irremovibilità di lei e alla fine l'aveva riaccompagnata, dopo una breve tappa all'albergo dove alloggiava Giulia. La donna si era assunta la custodia temporanea di Orione e Venere, i gatti di Silvia, ma sapeva che non avrebbe potuto tenerli. Quando Anita era venuta a conoscenza della cosa aveva immediatamente preso una decisione, con la benedizione di Giulia e Letizia: li avrebbe presi con sé non appena l'avessero dimessa dall'ospedale. Sentiva di dovere a Silvia almeno questo.

Leonardo l'aveva immediatamente  messa a parte delle informazioni ottenute da Giacomo, che sembravano confermare quanto già detto da Lidia sulle intenzioni di Giorgio e, di conseguenza, parevano togliere qualsiasi dubbio circa la colpevolezza di Luigi.

Come aveva detto Lorenzo però sarebbe stato difficile provarlo. Quando Leonardo era tornato in ospedale dopo la sua visita al prozio, Alice era presente. Aveva ascoltato senza dire una parola e se n'era andata poco dopo l'arrivo del suo ragazzo. Era chiaro che c'era della tensione tra loro, e Anita ne era profondamente dispiaciuta. Conosceva Leonardo da poco, ma pensava di essere riuscita a capirlo almeno un po'. A modo suo era orgoglioso e caparbio come sembravano esserlo tutti gli uomini della sua famiglia. Fosse stato per lui probabilmente avrebbe lasciato andare Alice senza nemmeno cercare di parlarle, convinto come era di aver agito spinto dalle giuste motivazioni. Su questo probabilmente aveva ragione ma, se c'era una cosa che lei aveva imparato, era che nella vita non bisogna mai lasciare faccende in sospeso. Per questo, anche se con tutto il tatto e la dolcezza possibili, aveva insistito perché lui la raggiungesse e, finalmente, avessero l'opportunità di chiarirsi.

Letizia avrebbe voluto restare, insediarsi a casa sua per qualche giorno almeno, ma Anita fu irremovibile: lei aveva un lavoro, e non avrebbe accettato che la biblioteca restasse chiusa per colpa sua. Seppur a malincuore alla fine Letizia cedette anche su questo, ma le promise di tornare appena finito il turno. Se ne andò dalla casa con il cuore pesante e l'animo colmo di apprensione.

Dopo essersi preparata una cena leggera e una tisana calda, Anita si trascinò fino al letto, subito raggiunta da Venere e Orione.

I due gatti non sembravano trovarsi a disagio, nonostante l'ambiente sconosciuto. Orione si acciambellò ai suoi piedi, mentre Venere le salì in grembo, guardandola, come in attesa. Anita la accarezzò distrattamente, la testa ancora dolorante persa tra mille pensieri. Pensava a Maria, quella donna sola e incompresa, incinta e innamorata, e alla terribile fine che aveva fatto. Per quel che la riguardava il test del DNA era soltanto una formalità ormai. Era chiaro che quello che avevano ritrovato nel bosco era il suo scheletro. Giacomo e Lidia ne erano certi, e probabilmente anche l'assassino di Silvia, altrimenti perché prendersi tanto disturbo proprio adesso?

C'erano però tanti interrogativi ancora senza risposta, e che forse una risposta non l'avrebbero avuta mai.

Prese dal comodino uno dei libri di storia locale trovato in biblioteca. All'interno una vecchia mappa segnava il sentiero che tagliava per i boschi e portava alla Rocca. L'ingresso si trovava più in basso lungo Via dei Lamponi. Era la via più diretta per andare da casa sua al castello senza passare per Altariva, e di certo Maria doveva averlo percorso molte volte per incontrarsi con il suo Giorgio, ma perché avventurarvisi proprio quel giorno, il giorno della sua scomparsa?

Ricontrollò meglio. Il sentiero guadava il Roggio molto più in basso del punto in cui si trovava il Ponte dei Sospiri, il luogo in cui avrebbe dovuto incontrarsi con Giacomo. Che ci faceva allora lì? Poteva essere stata uccisa altrove e portata in quel luogo in un secondo momento, ma era assai improbabile.

Trascinare nel bosco un peso morto non è per niente facile, e poi perché fare tanta fatica? L'assassino avrebbe potuto simulare un incidente, gettarla nel Roggio, farla sparire in una delle grotte dei tempi della guerra che si aprivano nei dintorni, e il risultato sarebbe stato lo stesso. No, Maria doveva aver incontrato nel bosco il suo assassino, e allora si tornava di nuovo alla stessa domanda: che cosa ci faceva Maria sul sentiero per la Rocca quel giorno? Poteva essere andata a dire addio a Giorgio... ma perché poi? Lui l'amava. Nemmeno sapeva che era incinta e aveva deciso di trascorrere la vita con lei. Certo, erano solo parole su un pezzo di carta sparito tra le fiamme, ma la testimonianza di Lidia le avvalorava. Perché Maria aveva deciso di crescere il figlio da sola, allora? Perché abbandonare quell'uomo che amava tanto?

Poi c'erano le lettere, quelle che Giorgio aveva scritto a Maria. Lettere, non lettera. Che fine avevano fatto le altre? Perché il padre di lei gliele aveva restituite? Poteva semplicemente averle trovate per caso e aver deciso che era quello il modo giusto di agire. Lavorava per i Bianchi, doveva loro tutto, non sarebbe stato strano da parte sua decidere di restituirle per risparmiare al giovane Bianchi una vergogna. Quel dettaglio la infastidiva, anche se mai come l'altro pensiero che la tormentava.

Lasciò che la consapevolezza si facesse strada in lei. Si diede qualche momento per scendere a patti con essa, per accettarla.

Qualcuno aveva cercato di ucciderla la sera precedente. Proprio come le era accaduto al risveglio in ospedale, non era spaventata o intimidita, era semplicemente furiosa.

Qualcuno aveva cercato di ammazzarla solo per proteggere uno sporco segreto vecchio di sessant'anni. Per salvaguardare l'identità di un assassino che quasi certamente era sotto terra già da molto tempo. Sì, era semplicemente indignata.

Tutto quanto per cosa, poi? Per proteggere l'onore di famiglia, per evitare che la verità venisse a galla? Ma ormai la verità non avrebbe più potuto essere messa a tacere. Non dipendeva da lei, aveva smesso di dipendere da lei nel momento in cui erano ricomparse le ossa di Maria. E allora cos'era? Vendetta, perché come Silvia e Maria prima di lei non era rimasta al suo posto, non aveva tenuto la bocca chiusa?

Doveva essere stato uno dei Bianchi, non c'erano altre possibilità. Matteo era la possibilità più ovvia. L'aveva minacciata, aveva cercato con l'intimidazione di convincerla a desistere e lei non solo non gli aveva ubbidito ma lo aveva apertamente sfidato. Una possibilità ovvia, ma che non la convinceva. L'omicidio di Silvia poteva non essere stato premeditato. Magari c'era stato un litigio, una colluttazione, e Silvia aveva avuto la peggio. Sembrava una donna combattiva, ma Matteo Bianchi era senz'altro più grosso e più forte di lei. L'aggressione ai suoi danni però... quella davvero non aveva senso. Tutti avrebbero immediatamente collegato la sua morte al nome dei Bianchi. Era un gesto assurdo, stupido, e francamente inutile, un gesto che aveva il sapore della disperazione. Tutto le era sembrato Matteo Bianchi, fuorché un uomo disperato. Era un insopportabile egocentrico, abituato ad avere il controllo su ogni cosa, non avrebbe mai agito in preda all'impulso.

Ripensò alla domanda posta a lei e a Leonardo da Lorenzo: chi altri sapeva della lettera di Giorgio? Matteo Bianchi era arrivato proprio mentre Leonardo tempestava la nonna di domande al riguardo, ma c'era qualcun altro in casa quel giorno, qualcuno che avevano incontrato uscendo, lo stesso qualcuno che aveva avvertito Matteo Bianchi della loro presenza, quel qualcuno che, dopo il loro secondo colloquio con Lidia, l'aveva guardata con occhi colmi di odio feroce.

Anita, d'un tratto, capì. La mano corse a cercare il telefono. Quando si rese conto di averlo lasciato al piano di sotto imprecò. Si alzò per andare a recuperarlo e, proprio in quel momento, lo sentì squillare.

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora