Capitolo 32 - Quello che accade nel buio

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Stavano per uscire dalla Rocca quando incrociarono Daniele.

Stupore, preoccupazione e qualcosa di difficile da decifrare passarono sul volto del maggiore tra i due Bianchi alla vista del fratello minore, ormai praticamente estraneo alla casa di famiglia. Leonardo dal canto suo non disse una parola, si limitò a rivolgere all'altro una lunga occhiata eloquente, uno sguardo colmo di cupa soddisfazione.

Daniele fece per dire qualcosa ma all'ultimo momento cambiò idea. Anita notò lo sguardo carico di disprezzo del maggiore tra i due fratelli posarsi su di lei. Un'accusa difficile da malinterpretare. Lesse nei suoi occhi azzurri, senza possibilità di fraintendimenti, che pensava che quella situazione fosse tutta colpa sua. Non tentò nemmeno di discolparsi. Leonardo era un uomo adulto, e il suo astio verso la famiglia d'origine affondava le radici in un tempo di molto precedente al suo arrivo ad Altariva, ma Daniele, e questo era chiaro anche a lei che lo conosceva poco, cercava soltanto un capro espiatorio, qualcuno a cui attribuire la responsabilità per i conflitti che stavano lacerando la sua famiglia. Dare la colpa agli altri è comodo, facile, molto più facile di quanto non lo sua farsi un onesto esame di coscienza e ammettere con umiltà i propri errori.

Anita tacque, e continuò a tacere anche dopo che furono saliti un macchina, dopo che si furono lasciati la Rocca alle spalle. Prima era rimasta in silenzio perché rispondere alle mute accuse inespresse di Daniele sarebbe stato inutile, durante il tragitto in macchina lo fece perché si rese conto che Leonardo, in quel momento, non desiderava affatto parlare. C'era un tremito, lieve e appena percettibile,  nelle sue mani che stringevano il volante. L'aria di sfida che aveva sfoggiato davanti al fratello era scomparsa, e gli occhi chiari erano lucidi. No, non aveva bisogno di parole, solo di qualcuno che gli rimanesse accanto in quegli istanti.

Lo accompagnò in casa e, non appena si furono richiusi la porta alle spalle, il giovane uomo crollò. Si accasciò a terra, improvvisamente privo di forza, e pianse in silenzio. Lei si inginocchiò accanto a lui, senza toccarlo, e attese pazientemente. Quando le lacrime si furono infine esaurite lo aiutò ad alzarsi. Non fu un'impresa facile, lui era più alto di lei e pesava diversi chili in più, ma alla fine riuscì con successo a guidarlo fino al divano.

«Chiamo Alice» dichiarò «aspetterò che arrivi e ti lascerò a lei. Hai bisogno che ti stia vicino. La chiamo e poi vado.»

Fece per alzarsi e prendere il telefono, rimasto nella borsa, ma lui le afferrò la mano, trattenendola.

«No» mormorò, guardandola dritta negli occhi «resta» la supplicò.

Anita esitò. Lesse il profondo bisogno dipinto in quello sguardo e per un attimo, solo un attimo, fu tentata di assecondarlo. Il suo viso era così vicino che sarebbe bastato un attimo, un gesto, per annullare definitivamente la distanza che li separava. Lentamente si sciolse dalla sua presa e si alzò dal divano.

«Non posso» mormorò a sua volta.

Leonardo le piaceva. Era un giovane bello, interessante e smarrito, ma non poteva farlo. Non era quel genere di persona.

Alice era stata gentile con lei fin dal primo momento. Le era simpatica, voleva davvero essere sua amica. Lei e Leonardo stavano insieme da molto tempo ormai, e sembravano volersi bene. Se fosse rimasta sarebbe accaduto qualcosa di cui entrambi si sarebbero pentiti.

Leonardo la guardò per un istante poi, chinando il capo, annuì.

«Chiama Alice» acconsentì sconfitto.

Anita lo fece e poi, immediatamente, scappò da quella casa, da lui, da quel neonato sentimento che le si agitava in petto.

Si rifugiò in biblioteca, il posto al mondo che più era in grado di infondere calma nel suo animo. Letizia intuì il suo turbamento non appena la vide, ma non fece domande. Semplicemente, rispettò il suo desiderio di trovare conforto nei libri. Chi, meglio di lei, avrebbe potuto capirlo?

Anita selezionò quasi a caso un libro dallo scaffale dei nuovi arrivi, sprofondò in una delle poltrone da lettura disseminate tra gli scaffali e tentò di perdere sé stessa tra le pagine. Scoprì però ben presto di non riuscire a concentrarsi sulla lettura. I suoi pensieri vagavano, tornando a quello che avevano scoperto quel giorno.

Pensava a Giorgio e a Maria, al loro amore impossibile.

Pensava a Lidia e non poteva fare a meno di provare compassione per lei, nonostante tutto. Pensava a Giacomo, che era rimasto in silenzio, a Luigi, morto da tempo, che con ogni probabilità, proprio come aveva suggerito Margherita per prima, era stato un assassino, e all'occhiata carica di sdegno che Daniele le aveva rivolto.

E pensava a Leonardo, anche se non voleva.

Accettò l'invito a cena di Letizia, per nessun altro motivo se non per scacciare una volta per tutte quel pensiero insistente, ma rifiutò garbatamente la proposta di fermarsi per la notte. Aveva voglia di rimanere sola.

Si incamminò verso casa che era già buio. Le strade erano quasi deserte, fatto salvo per pochi, sporadici passanti che si affrettavano a rincasare per la notte.

Giunta al limitare del paese esitò. La via che conduceva a casa sua non era illuminata e il tragitto che la separava dalla sua meta era buio come la pece. Fece per tornare indietro, rivalutando la propria decisione, quando udì un rumore di passi alle proprie spalle. Gli eventi degli ultimi giorni l'avevano resa particolarmente guardinga, per cui istintivamente si girò di scatto. Non fu abbastanza veloce. La mano calò su di lei dall'oscurità oltre le case, colpendola alla testa con il sasso che stringeva tra le dita. Poco prima che la pietra impattasse crudele su di lei, la ragazza urlò, quasi più di sorpresa che di terrore. Fu quel grido, probabilmente, a salvarla.

Prima che tutto attorno a lei diventasse buio, vide le luci nella casa più vicina accendersi.

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora