Capitolo 22 - Intrusione

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Anita si svegliò di soprassalto. Controllò il display luminoso della sveglia e vide che mancavano una manciata di minuti all'una di notte. Spaesata si guardò attorno, incapace di comprendere cosa l'avesse svegliata così presto. Poi lo udì e il suo cuore accelerò.

Un rumore davvero fuori posto a quell'ora di notte, in quella casa che avrebbe dovuto essere vuota. Un lieve scricchiolio di passi sulle scale. La scala di legno era infida, lo ricordava fin da quando, ancora bambina, tentava di avvicinarsi di soppiatto per fare uno scherzo allo zio mentre schiacciava il suo pisolino pomeridiano. Il terzo gradino, in particolare, con quel suo lamentoso scricchiolio che pareva quasi un gemito poteva facilmente tradire l'incauto.

Anita ne era certa: qualcuno si era introdotto in casa sua e adesso stava salendo le scale che lo avrebbero condotto fino a lei.

Riconobbe subito quella sensazione opprimente che le schiacciava il petto, che le smorzava in gola il respiro. Paura. Riguardo alle paure lei aveva da sempre una regola: le paure vanno affrontate. Per questo fece qualcosa che probabilmente a poche donne sole sarebbe venuto in mente di fare. Si alzò di scatto dal letto, scaraventò scompostamente il lenzuolo sul pavimento e afferrò la lampada da tavolino, poi si precipitò fuori dalla stanza, correndo incontro all'intruso. Un gesto avventato, ma la fortuna fu dalla sua. Anita, nel proprio tentativo di non lasciarsi immobilizzare dalla paura, aveva fatto molto rumore.

Stava per raggiungere le scale quando udì quei passi, ora veloci in una corsa concitata, allontanarsi da lei. L'intruso l'aveva sentita arrivare e aveva deciso di togliere il disturbo.

La ragazza scese di corsa le scale, accendendo tutte le luci al proprio passaggio. Chiunque fosse se n'era già andato. Anita si fermò un attimo a riprendere fiato, ansante. Resasi conto di avere ancora la lampada in mano, si affrettò ad appoggiarla sul mobile più vicino, sentendosi d'un tratto estremamente sciocca.

Si guardò intorno. La stanza dalla quale si accedeva al piano superiore era la vecchia sala da pranzo, che suo zio aveva riconvertito in biblioteca. La scrivania al centro della stanza era stata messa a soqquadro. Le carte, appunti che riguardavano libri scritti in passato e altri che aveva intenzione di scrivere in futuro, giacevano ovunque sul pavimento. Il barattolo delle penne, che in realtà altro non era che una tazza regalatale il Natale precedente da sua madre, giaceva in pezzi sul pavimento. Probabilmente era stato il rumore che aveva prodotto cadendo a svegliarla. Il suo portatile invece era rimasto intatto e ignorato sul piano della scrivania.

Attraversò la cucina. Il vecchio televisore era ancora sul mobile, e persino la sua borsa sul tavolo sembrava non essere stata toccata. Controllò il portafogli. Le banconote erano ancora in bell'ordine dove lei le aveva riposte, lo stesso valeva per il bancomat e la carta di credito. Persino il suo cellulare, forse la cosa di maggior valore nella stanza, giaceva sul piano di marmo tra i fornelli e il lavabo, esattamente dove lo aveva lasciato al momento di andare a dormire.

Sempre più perplessa entrò in salotto e lì si bloccò. Libri e carte giacevano abbandonati sul pavimento.

Carte per lo più senza valore, solo appunti di suo zio sui raccolti e le coltivazioni, che aveva lasciato a portata di mano, pronti per essere esaminati nel momento in cui avesse deciso di essere pronta per dedicarsi alla cura dell'orto e del frutteto.

La finestra era aperta. Si era dimenticata di chiuderla, lasciando all'intruso un facile accesso. Dentro di sé si rimproverò aspramente. Corse a chiuderla immediatamente, sprangando gli scuri, e a quel punto prese in mano il cellulare per comporre il numero della polizia.

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora