QUARTO INTERLUDIO

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Il suo animo non era esente dal senso di colpa, specie quando coglieva quello sguardo accusatore posarsi su di lei, in piazza e, da quando aveva ripreso ad andarci, in chiesa.

Lidia Lotti sapeva, con la certezza con cui solo le donne innamorate, che vedono lo sguardo del loro uomo farsi sfuggente, possono sapere.

Lidia la odiava, le attribuiva la colpa, ma lei non poteva farci nulla. Non avrebbe dovuto esserci colpa nell'amarsi. Giorgio era promesso a Lidia, certo, ma lui non l'aveva mai amata. I Bianchi non si sposavano per amore. Le loro famiglie avevano combinato quel matrimonio quando ancora Giorgio portava i calzoni corti. Nessuno gli aveva mai chiesto che cosa volesse lui davvero.

No, non erano i suoi sentimenti a essere sbagliato, a essere ingiusto era quel mondo crudele in cui il dovere veniva prima dell'amore, quel luogo in cui la felicità doveva essere sacrificata sull'altare del dovere.

Un sacrificio che Giorgio doveva compiere, un sacrificio che però per Lidia era una benedizione. Per lui quel matrimonio annunciato, quel fidanzamento imposto erano solo un peso, un contratto capestro al quale non sapeva come sottrarsi, ma quello che per lui era un dovere sofferto, per Lidia era il coronamento di un sogno. 

Lo sapeva, lo aveva sempre saputo fin dall'infanzia, quando quella bambina vicina a lei per età ma separata da lei per estrazione sociale, una differenza che scavava tra loro una voragine incolmabile, seguiva ovunque il piccolo Giorgio con aria sognante. 

Sì, anche Lidia lo amava, a suo modo. Era questo che rendeva il tutto così difficile. Perché Lidia lo sapeva, sapeva di non essere lei quella in grado di far sbocciare al proprio apparire il sorriso sul viso di Giorgio, la vera e sola padrona del suo cuore.

Davanti allo sguardo di Lidia, lei si affrettava a fuggire, a nascondersi. A dispetto di quanto dicevano tutti non era una persona cattiva. Il suo animo soffriva per Lidia, per l'umiliazione e il dolore che le leggeva negli occhi, ma non poteva rinnegare il proprio amore. 

Anche se avesse potuto non avrebbe voluto. Era la sua condanna e la sua benedizione. Per lei in amore non esisteva nulla se non gli assoluti, amava in modo totale e devoto, con un trasporto inaudito. Non poteva, non doveva essere sbagliato quel sentimento che era insieme Inferno e Paradiso.

Quel giorno, sulle rive del Roggio, non indietreggiò. Vide arrivare lo schiaffo e non vi si oppose. Una mano di donna, una mano esile e delicata come la sua. Il dolore che le causò fu soprattutto interiore.

Si guardarono per un istante. Lidia piangeva, il pianto degli sconfitti. Nessuna delle due disse una parola. Alla fine Lidia si allontanò a testa bassa.

Sotto allo sguardo indifferente degli alberiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora