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“I wish that you would stay in my memories”~~~~~~~~~~~𓆉︎~~~~~~~~~~~

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“I wish that you would stay in my memories”
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Bussarono con poca delicatezza alla porta e sobbalzai per il rumore. Prima di mettermi seduta ero stesa sul grande letto a baldacchino che di trovava al centro della stanza. Non appena la porta si aprii scattai in piedi e dovetti sistemarmi la gonna dell'abito che indossavo.

La donna si fermò sullo stipite della porta. Aveva una postura rigida, spalle dritte, le mani erano una sopra l'altra all'altezza dello stomaco e mi guardava con la solita espressione impassibile.

«Lui è pronto. Vuole vederla.» disse.

Continuavo a chiedermi chi fosse il tizio di cui tutte le guardie che si trovavano fuori da quella casa parlavano, non sapevo chi fosse ma voleva vedermi.

Aveva ordinato a quegli uomini di catturarmi, rapirmi e portarmi in quella casa solo perché doveva vedermi.

E non si trattava di Ward come tutti ci aspettavamo.

Né di Rafe... O almeno così pensavo.

Spostai i miei lunghi capelli lisci dietro le mie spalle e sistemai ancora una volta l'abito rosso che indossavo.

Un abito elegante era l'ultima cosa che desideravo avere addosso in quel momento, ma dovevo ammettere che non era male; aveva delle spalline sottili, uno scollo a V che forse metteva un po' troppo in evidenza il mio seno, era molto stretto in vita ma lasciava ricadere lungo le mie gambe una gonna con la particolarità di avere uno spacco sulla gamba sinistra.

Seguii la donna al piano inferiore. Percorrendo quella rampa di scale un senso di inquietudine mi pervase, per scaricare l'agitazione iniziai a giocare con il ciondolo a forma di stellina della catenina che portavo al collo ormai da sempre.

La donna mi condusse verso quella che doveva essere la sala da pranzo, dopodiché mi lasciò sola.

Percorsi con molta cautela la grande sala in cui mi aveva portato.

Mi guardai intorno. Non volava una mosca, si udiva solo il suono dei miei passi lenti sul parquet di legno; anche quella stanza era una galleria di opere d'arte appese al muro. C'era un tavolo grande tavolo rettangolare al centro della stanza che segnava dodici posti a sedere. Un orologio a pendolo era attaccato alla parete alla mia sinistra,  e segnava le otto puntuali.

Ma la mia attenzione venne catturata dalla figura di un uomo che si trovava infondo alla stanza; era alto, capelli molto corti, sui toni chiari, larghe spalle fasciate da una giacca blu scura, ed era girato di spalle verso la grande vetrata che illuminava la sala.

Mi schiarii la gola «Ehm... Mi scusi...» attirai la sua attenzione e subito si voltò verso di me.

Non appena i nostri sguardi si incrociarono non credetti ai miei occhi; aggrottai le sopracciglia confusa e lo squadrai da testa a piedi congelandolo con un solo sguardo.

𝙒𝘼𝙑𝙀𝙎 - 𝘑𝘑 𝘔𝘢𝘺𝘣𝘢𝘯𝘬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora