Talìa:
- 2 ore prima -
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Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Ci penso profondamente intanto che mi crogiolo nel mio cardigan nero.
Perché io non riesco a fare niente, né a parlare né a muovermi. Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa che non vorrei.
L'uomo che è seduto alla mia destra intanto accende una sigaretta, fa due tiri e poi, nonostante il mio rifiuto, me la passa tra le dita.
Per fortuna si consuma presto e al vento.
"Signor Mario, io voglio uscire da questa sala." Gli dico sinceramente, con un sussurro.
Siamo soli nella stanza da poker, e a dir la verità devo ancora realizzare il perché dato che non ho mai accettato niente di niente.
Ma lui ha mandato Camilla a chiamarmi proprio quando ero a due passi dalla porta d'ingresso. Dunque, in teoria il mio turno di lavoro è terminato da almeno un quarto d'ora.
Se solo Chantal sapesse che nessuna guardia è al mio fianco mi urlerebbe contro quanto sono stupida e.. ingenua.
Già.
"Per andare dove? Dove intendi andare senza il mio permesso?" I suoi occhi chiari si spostano improvvisamente sui miei.
Sembra tutto un incubo, dico sul serio.
"Potresti divertirti e diventare ricca bambolina, ma se adesso esci da questa stanza non potrai mai scoprire che cosa si prova. E poi, quale altra scelta hai?"
Ma di che diavolo di divertimento parla? È la terza volta che ripete la stessa cosa.
Lo trovo disgustoso. Ed è un uomo di fin troppo adulto per me.
Quando porta alla bocca l'ennesimo bicchiere di scotch mi vengono i brividi per la velocità con la quale lo trangugia.
Dunque mi avvicino alla porta con l'intento di fuggire il più lontano possibile da lui.
Faccio finta di niente e cammino sulle punte.
Ma le sue mani raggiungono i miei polsi in men che non si dica e mi ritrovo le sue labbra bagnate a pochi centimetri di distanza dal naso.
Puzza in una maniera incredibile di alcol.
"Mi lasci!" Urlo con gli occhi che diventano lucidi per la forza con la quale mi sta stringendo.
D'un tatto mi torna in mente Erik, la sua violenza e quelle parole cattive che mi ha urlato contro.
Quell'episodio mi ha segnata, e il fatto che stia succedendo un'altra volta mi terrorizza a morte.
Sono paralizzata.
"Mi ricordi così tanto mia moglie.." Il direttore mi coglie di sorpresa quando scoppia a piangere sulla mia spalla.
L'istante dopo poggia la fronte contro la mia e le sue lacrime mi bagnano disgustosamente.
"Capisci?"
Sono troppo sconvolta per poter rispondere.
"Shh. Non devi aver paura di me." Mi stringe ancora più forte sotto la sua presa.
Tutto questo è un'assurdità.
"Voglio solo trascorrere il resto dei miei giorni con te Clare. Ti amo, mi manchi così tanto.." Sgrano gli occhi e i capelli mi cadono sul viso quando le sue mani tirano l'elastico nero che li teneva legati.
Lo fisso. Queste parole mi fanno pensare a quanto dolore stia sopportando questo uomo.
La tristezza mi schiaccia.
Che cosa è successo a sua moglie?
Ha un viso stanco ed è frustrante perché capisco che non sta mentendo, è sincero.
"Signore io non sono Clare.. mi dispiace molto." Provo a muovermi ma una sua occhiata mi blocca.
Fa poca differenza il mio intervento, perché rincomincia a parlare e adesso prende persino a strofinare i palmi delle mani sulle mie braccia in modo nervoso.
Tanto da infiammarmi la pelle.
"Me l'hanno ammazzata? Tu ne sai qualcosa? Eh? Parla ragazzina!" Un urlo strozzato mi esce dai polmoni quando il suo pugno colpisce velocemente il muro al lato del mio viso.
Mi copro il volto con le mani.
Odio la violenza.
"Basta!" Strillo in preda alla disperazione.
"Ti ho fatto una domanda!!" Il tizio mi afferra per i capelli strappandomeli via, mentre mi strattona bruscamente contro il muro.
Cerco di combatterlo ma non riesco.
Sono solo contenta che nessuno stia vedendo tutto ciò perché sarebbe davvero umiliante.
Vorrei che finisse. Vorrei mettere una fine a tutti questi problemi, alle disavventure e ai miei dolori.
Una volta per tutte.
Dopo una vita trascorsa a cercare di sopravvivere vorrei che arrivasse la resa dei conti. Ma non è mai il momento giusto.
Quando ci penso chiudo gli occhi, all'improvviso mi rendo conto che il signore trova giusto qualche secondo per allontanarsi da me e afferrare il pacchetto di sigarette sul tavolo.
Ho il respiro affannoso.
Ma mi assicuro più volte che non stia più prestando attenzione a me ed è solo allora che riesco a fuggire dalla stanza.
Scappo senza pensarci due volte.
La fortuna non è mai stata dalla mia parte ma questa volta pare di sì.
E ringrazio Dio perché non voglio sapere come sarebbe andata a finire se fossi rimasta in quella stanza.
Perciò corro più veloce che posso finché un'ombra tra le luci soffuse della sala principale non cattura la mia attenzione.
"Talìa? Che cosa ci fai ancora qua? Credevo che Chantal ti avesse avvisata che il tuo turno di lavoro fosse finito." Mi dice Adrian, spaventandomi a morte.
Urlo come una dannata e lui corruga la fronte.
"Che.. che.." Balbetto sconvolta.
Ma che cazzo.
È l'unico rimasto nel locale. Ed è seduto in un tavolo qualsiasi mentre sfoglia le varie scartoffie, accompagnato da un sottofondo di musica.
Non l'avevo notato.
Non so che cosa dire, anche perché la voce del direttore si sta avvicinando sempre di più, devo uscire da questo posto.
Ovviamente questo dettaglio non sfugge di certo ad un tipo sveglio come Adrian.
Nei suoi occhi capisco che la situazione gli è chiara, dal momento in cui indietreggio in direzione della porta d'uscita e lui passa una mano sotto gli occhi.
Fa un gesto irritato.
"Che cos'è successo là sopra?" Mi chiede nervoso mentre inclina la testa. Sospira l'attimo dopo.
"Quel figlio di puttana è fuori di testa." Le parole mi escono da sole dalla bocca.
Adrian non risponde, non ha bisogno di farlo perché nel giro di una manciata di secondi mi ritrovo catapultata nel buio pesto della notte.
Non mi segue, non mi chiede come sto e non si scusa perché non potrebbe mai farlo.
Immagino che la loro maledetta fede mafiosa non gli abbia insegnato ad essere meno orgogliosi.
Questo dettaglio non rientra nel pacchetto.
Dopo un po' di secondi aumento il passo.
Non so che cosa potrebbe andare peggio stasera, tra i vecchi sudici eccitati, i lampioni non funzionanti e il mio cellulare scarico.
Oltretutto i mezzi a quest'ora della notte non sono più disponibili.
Mi stringo le braccia intorno alla vita, sento gli occhi bruciare dalla voglia di piangere.
Ma con grande coraggio mi incammino sulla strada di casa.
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STAND BY ME.
RomanceIl figlio di uno dei trafficanti di droga più potenti al mondo e una giovane ragazza dei bassifondi Siciliani, proveranno ad ingannare il proprio amore a causa delle differenze sociali e delle obiezioni delle famiglie, per rendersi conto più tardi d...