-Capitolo 34-

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So che molte volte ci saranno parti noiose che vorrete saltare, ma vi chiedo la cortesia di leggerle per capire la storiaa. Sono essenziali ragazzi.❤️🙏🏻

Talìa:"Non ricordo nulla dell'accaduto, in che lingua devo dirvelo? Probabilmente ero sotto shock in quel momento

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Talìa:
"Non ricordo nulla dell'accaduto, in che lingua devo dirvelo? Probabilmente ero sotto shock in quel momento." Sfrego i palmi delle mani contro le cosce in modo nervoso a causa di tutte bugie che sto inventando.
Sento il tremolio sparso per tutto il corpo.
Ancora non posso credere a quello che è successo stanotte. Mi sento male solo al pensiero.
Tutte quelle morti.. i maltrattamenti e l'arresto di Deian..
Voglio andare via da qui. Non so dove, ma quanto più lontano possibile per dimenticare.
Pagherei tutto loro del mondo per farlo.
"Non ricorda nemmeno com'è arrivata in quel magazzino? Nè come si è procurata la ferita alla gamba?"
Scuoto la testa.
"Signorina Ferrari, le conviene sputare il rospo prima che la condannino per concorrenza di persone! Questo non è un gioco!" Il maresciallo sbatte le mani contro la scrivania credendo di intimorirmi.
Un uomo alto e dai capelli grigi, uno di quelli con i baffoni e l'aspetto pulito.
Ma fa quasi ridere il fatto che questo tizio pensi che per spaventarmi basti così poco dopo tutto quello che sto passando.
Vorrei dirglielo ma rimango in silenzio.
Lo sento dunque sospirare, mentre trattengo le lacrime e penso a Deian e al fatto che adesso si trovai rinchiuso dietro le sbarre, probabilmente ancora ferito.
No. Impossibile, l'avranno già curato.
Non riesco a pensare ad altro. A quando è svenuto guardandomi negli occhi, a tutto ciò che è avvenuto prima..
"È da un giorno che mi tenete chiusa dentro questa stanza, voglio tornare a casa." Ringhio asciugandomi le lacrime con la manica della felpa e guardando tutti in modo cagnesco.
"Quale casa, Talìa?" Chiede un altro agente, facendomi imbestialire per il modo saccente con la quale mi pone la domanda.
Prendo fiato e mi alzo dalla sedia, facendola stridere contro il pavimento e poggiando le mani sulla scrivania fredda della stanza.
Fronteggio il maresciallo e il suo collega incapace, mordendomi forte l'interno della guancia per evitare di dare voce ai miei pensieri.
Sono sul punto di mandare a fuoco questa struttura del cazzo. Sono in piena crisi nervosa e ho una voglia assurda di piangere, di prendere a calci il mondo intero.
Non conviene a nessuno mettermi alla prova in questo momento, perché non ho idea di come potrei reagire sotto pressione.
Ormai non mi conosco più nemmeno io.
"Dove cazzo dovrei abitare secondo lei, dopo che un gruppo di fottuti paladini come voi ha ben pensato di prendere in ostaggio la mia famiglia per colpirmi e complottare contro di me? Mmh?
Credete che possa dormire in mezzo alla strada come un senzatetto?
Perché se il fatto che io dorma a casa dell'uomo che avete incarcerato per aver cercato di proteggersi da un attacco sanguinoso, vi da fastidio, apritemi le porte di casa vostra e sarò lieta di accettare un letto caldo sulla quale piangere la notte, soltanto perché la giustizia non fa il suo dovere e condanna le persone sbagliate!" Digrigno i denti e urlo, urlo perché sono stufa e difendo il mio uomo, ma a questi burattini non frega niente del mio pensiero.
Prendendo Deian Scalise, credono tutti di avere fatto bingo nella loro inutile vita.
"Calmati Talìa. Calmati e ragiona, sappiamo che sei una ragazza intelligente." Il maresciallo spinge verso di me un fascicolo che contiene delle immagini.
Ed ecco che foto dei deceduti vengono poi sparse sulla scrivania di legno. Foto che sfioro con le dita per il dispiacere.
Erano gli uomini di Dominik e di Deian.
"Hai idea del guaio in cui si è cacciata schierandoti dalla parte della mafia?
Hai idea di cosa significhi quello che è successo stanotte? Sono morti più di cinquanta ragazzi, alcuni addirittura minorenni.
E se in uno dei due clan ci fosse stato il figlio che aspetti?!" Di scatto punto lo sguardo negli occhi del maresciallo, come se fossero lame taglienti.
Come fanno ad essere a conoscenza del mio stato?
Questi tizi sono peggio delle zecche, maledizione.
Ingoio il nodo di vetri che ho in gola e sollevo il mento di poco. Comincio a picchiettare le dita contro la scrivania mentre sul mio volto nasce un sorriso da psicopatica.
"Che cosa volete da me? Io non parlerò mai e voi lo sapete bene. Per me potete andare a fanculo insieme alla giustizia." Non sono io che parlo, è la rabbia. Sono tutte le emozioni che ho represso fino ad oggi e che adesso mi stanno schiacciando.
"La verità, ecco cosa vogliamo." Ci sono attimi di silenzio prima che scoppi a ridere.
"Ragazza. Erik De Luca, il tuo ex fidanzato, è stato ritrovato con la lingua mozzata, maltrattato quasi al punto di morte e sotto shock, tanto da non avere il coraggio di raccontare la verità dei fatti, proprio come te. Io non credo che tu abbia realmente idea di chi sia la gente che stai frequentando.
La cosa più intelligente che potresti fare è allontanarti da questa vita insieme a tuo figlio. Non hai futuro insieme a queste persone, non hai nulla davanti." Neanche una via di fuga ora che ci sono dentro, vorrei aggiungere.
"Come siamo melodrammatici." Rispondo però reprimendo le lacrime, mentre l'altro agente si accende una sigaretta in tutta serenità e sospira pesantemente.
Ma quanta ragione hanno..?
Poi un tratto la porta si spalanca.
Adrian fa capolino nella stanza, munito di stampelle e documenti che subito lancia addosso ad un agente.
Subito i miei occhi si illuminano.
Per un momento avevo cominciato a pensare che mi avessero lasciata sola. Che mi avessero abbandonata a me stessa.
Mentre lo fisso, sorrido lievemente per essere stata talmente sciocca da sbagliarmi su questa famiglia.
Allo stesso tempo però penso anche che Adrian è davvero ridotto male questa volta, ha varie ferite per tutto il corpo che ha deciso di bendare e una cicatrice profonda sulla fronte, ma questo non sembra un problema per lui.
Anche con le stampelle, ha una postura perfetta.
"Talìa avanti, andiamo." Dice e l'attimo dopo Santo compare alle sue spalle con Fatima al fianco.
Anche lei come me sembra arrivare da una quindicina di ore di lavoro. Ha gli occhi gonfi, i capelli a caschetto raccolti in una coda disordinata e la stessa felpa grigia di cinque taglie più grande che ci hanno consegnato gli agenti per la notte.
"Adrian Scalise, finalmente ci rivediamo." Esclama il maresciallo con fare ironico, intanto che comincia a picchiettare nervosamente la matita sopra alcuni fascicoli. È nervoso, lo percepisco.
Il ragazzo in questione risponde invece con un'occhiata tremenda.
Tra di loro non scorre buon sangue.
Comincio anch'io ad odiare gli sbirri, soprattutto quelli di queste parti.
"È un giorno intero che le state interrogando, le ragazze hanno già detto di non sapere nulla." Risponde freddo, quasi sereno. Come se avesse già la situazione sotto controllo, come se non ci fosse pericolo.
Non so se sia un abile manipolatore o semplicemente stia dicendo la verità, ma al momento l'unica cosa che mi interessa è parlare con Adrian per avere qualche aggiornamento riguardo suo cugino.
Quindi voglio uscire al più presto da qua.
"Il nostro avvocato sarà qui a momenti, potete rivolgervi a lui per qualsiasi altro chiarimento." Di nuovo, mantiene la calma.
"Voglio che rispondi soltanto a una fottuta domanda Scalise.
Come spieghi il fatto che ogni volta che tu e la tua famiglia vi ritrovate coinvolti in situazioni del genere, riuscite sempre ad uscirne puliti?"
Adrian scrolla le spalle, ma è Santo a rispondere adesso.
"Coincidenze. Buffo il destino, non trovate?" Sicuramente saranno aiutati da qualcuno di corrotto che lavora in questo settore, o forse da qualcuno più in alto.
Ci sono così tante cose che non so di loro.
"Credo proprio che il giudice questa volta si renderà conto che non sono semplici coincidenze." Cominciano a minacciarsi a vicenda.
Ma fortunatamente dura poco visto che è il 'nostro' avvocato a prendere parola adesso.
Un uomo sulla quarantina d'anni, molto affascinante ma con un sorriso da figlio di puttana stampato sul viso. Uno di quelli che ti abbassa del tutto l'autostima e la determinazione.
Fa la sua entrata in modo teatrale.
Adrian invece con una mano mi afferra dal polso e con l'altra mantiene le stampelle, subito mi trascina fuori da questa struttura vecchia che puzza di documenti e morte, facendo salire sia me che Fatima sulla sua macchina nuova di zecca.
Non riesco a dire niente, se non rispondere al saluto della ragazza al mio fianco che sembra felice di vedermi.
Infine si accomodano anche Adrian e Santo nei sedili anteriori per poi mettere in moto l'auto e partire.
Inizialmente cominciano a riempirci di domande, esigono che gli spieghiamo per filo e per segno quali domande ci sono state fatte dagli agenti e quali siano state le nostre risposte.
È davvero sfiancante il viaggio ma entrambe confessiamo tutto senza tralasciare il minimo dettaglio.
Poi la fatidica domanda.
"Chi ha chiamato la polizia? Adesso voglio la cazzo di verità." Santo ci guarda dallo specchietto centrale mentre io e Fatima ci lanciamo un'occhiata curiosa. O meglio, la mia lo è.
La sua è pura paura, è tutto ciò che posso leggere nei suoi occhi lucidi.
Cazzo, lo sapevo.
È stata lei!
E ha senso, se ci penso lei era l'unica delle ragazze ad essere rimasta dentro il magazzino. Sicuramente stava ascoltando ciò che stava accadendo nello scantinato, per questo deve avere avvertito la polizia. Per questo Chantal e sua nonna all'arrivo degli sbirri erano scomparse.
Loro non sono scappate, è stata lei ad avvertirle di andarsene.
Adesso torna tutto.
Maledizione. E ora?
"Fatima?!" Adrian dilata le narici e inchioda l'auto nel bel mezzo della strada, fregandosene delle macchine dietro di noi che cominciano a suonare incessantemente il clacson.
Ha un'espressione da psicopatico che fa da cornice al suo volto carico di rabbia.
Fa molta paura in questo momento.
"Porca troia Fatima!! Tuo fratello dovrà scontare anni e anni dietro le sbarre!" Urla forte sbattendo le mani contro il volante, come se avesse inquadrato da solo la situazione.
Sobbalzo e lei fa lo stesso.
Dio, quanti anni di carcere lo aspettano? No.
Non è giusto.
Non voglio crederci.
La rabbia e la delusione ribollono dentro di me come lava, minacciando di riversarsi e distruggere tutto ciò che ho intorno da un momento all'altro.
"I-io.." La sento balbettare prima di scoppiare in lacrime sulla mia spalla.
Vorrei rassicurarla ma è una situazione terribile anche per me.
Il mio Deian.
Ma perché? Perché proprio lui?
Io ho bisogno di lui, noi ne abbiamo bisogno.
"Adrian.." Cerco di parlare ma ho la gola secca e lui mi precede, notando il modo protettivo con la quale trascino una mano sul ventre, che freme al contatto.
Ti sento.
"No Talìa! Niente 'ma'! Hanno arrestato la persona più importante della nostra famiglia, il nostro perno, colui che gestiva ogni cosa cazzo! Adesso sostituire la sua figura sarà complicato, per non dire impossibile.
Tutto questo grazie a questa mocciosa spuntata dal nulla! Sapevo che non dovevamo fidarci di lei!!"
E adesso? Adesso cosa ne sarà di tutto ciò che avevamo costruito?
Del nostro bambino..? Di noi?
Non riesco a smettere di pensarlo.
Perché se prima c'era un modo per salvarlo dalle sue tenebre, anche la più piccola delle speranze, adesso è svanita nell'aria.
Deian si perderà per sempre nell'oscurità. Con lui, anche noi.
Cerco di fare dei respiri profondi perché mi sento male. La nausea mi assale e abbasso il finestrino in modo che l'aria mi rinfreschi leggermente.
"Gli sono stati addossati troppi crimini, adesso è si trova in una cella di isolamento. È stato soprannominato il detenuto più pericoloso del carcere, ed è solo colpa tua!" Indica Fatima.
Trascino le dita tremanti sopra le labbra, lasciando che mi arrenda ai singhiozzi che mi sfuggano dalla gola.
Ci sono alcuni mormorii confusi.
Poi Santo che continua ad urlare e a tirare pugni contro il finestrino.
È andato tutto a rotoli. Tutto..
"Fatima, dimmi perché? Avremmo potuto risolvere le cose a modo nostro. Da quando abbiamo bisogno degli sbirri per difenderci?!
Adesso saremmo costretti ad escluderti dalla famiglia."
"Voi.. voi eravate quasi al punto di morte!" Proprio mentre questi due cominciano a discutere ad alta voce di moralità e quant'altro cerco di respirare in modo da schiarirmi silenziosamente le idee.
Ma quando parlo combino un pasticcio, ed ecco che la loro attenzione si concentra esclusivamente su di me.
"Non è stata Fatima, sono stata io d'accordo?!" Merda. Sono fottuta.
Adrian serra la mascella, mentre i suoi occhi cupi mi fulminano all'istante. Santo invece fissandomi, sta cercando qualcosa di completamente diverso, provando a strapparmi la verità con un solo sguardo.
Sto respirando troppo velocemente e sono costretta a voltare la faccia.
"Che cazzo dici Talìa?" Si affretta a dire Fatima, intanto che si asciuga le lacrime dal viso e mi fissa con gli occhi sgranati.
Posso sopportare anche questo, ripeto a me stessa.
Lo devo fare per lei, adesso che ha ritrovato suo fratello e la sua vera famiglia non ho intenzione di separarli nuovamente perché so cosa significa.
Deian a me invece mi perdonerà.
"Allora aveva ragione Deian.. ma porca di quella puttana Talìa! Che cazzo ti è saltato in mente? Ti sei fottuta il cervello?" Lui sospettava di me?
Perché?
"Adesso tu e il cazzo di figlio che aspetti sarete allontani dalla nostra famiglia! Sarete considerati peggio dei traditori e il bambino non verrà riconosciuto da lui." Adrian trascina le mani tra i capelli, scioccato, parlando più tra sé e se.
Ma che cosa sta dicendo? Questo non succederà mai, Deian non lo permetterebbe.
No. È impossibile.
Non voglio sentire più nulla, sono tutte assurdità queste.
"Portatemi da lui, voglio vederlo!" Urlo impazzita e con il cuore che sanguina.
Il mio Deian non sa del nostro bambino, e in ogni caso non permetterebbe mai che qualcuno ci allontani da lui.
Giusto..?
Mi accarezzo il grembo per darmi forza.
"Lui non ti vorrà mai più vedere, Talìa." Ma non appena Santo pronuncia queste parole velenose alzo di scatto la testa.
Sento il cuore sgretolarsi nel petto.
"Cosa..?" Sibilo distrutta, congelata, toccandomi quel punto preciso che fa male da morire.
"Lo conosco. È così, vedrai." Mormora.
"Talìa perché stai facendo questo? Non puoi prenderti le colpe di un atto che non hai commesso." Fatima mi scuote dal braccio ma il mio sguardo in questo momento è incatenato a quello di Santo.
Puro odio, urla.
Lo vedo sospirare pesantemente prima di poggiare la testa contro il sedile e accendersi una sigaretta.
Socchiude gli occhi come se per lui questo fosse un colpo basso.
"Hai sentito bene Talìa. Quello che hai fatto non è accettabile.
Noi abbiamo delle regole, dei codici morali che vengono prima di ogni cosa e che negli anni abbiamo sempre rispettato, e il fatto di aver tradito uno di noi non può essere perdonato. Mai."

"

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